Si chiamerebbe Ibrahim Hussein il 20enne britannico di origine somala che in un video di propaganda dell’Isis, divulgato da al-Hayat il 2 agosto scorso, minacciava un’ondata di attentati in Italia e Turchia. La notizia dell’identificazione del giovane miliziano del Califfato è stata divulgata in anteprima dal sito londinese itv.com.
Nativo di un sobborgo a sud di Londra, Hussein era arrivato in Siria nel 2014 insieme ad altri due coetanei e compagni di studio, Zubaid Nur e Gezim Klokoci, quest’ultimo di origini albanesi. Pare che la figura di Hussein a seguito della radicalizzazione, manifestata già tra i banchi di scuola, fosse preponderante sugli altri due che avevano accettato di buon grado di intraprendere la via della jihad, spostandosi da Londra a Raqqa.
Nella ormai ex capitale del Califfato, i tre avevano ricevuto l’addestramento necessario per l’impiego in battaglia e Klokoci, nel frattempo rinominatosi Abu Waqqas al-Albani, aveva addirittura pubblicato un video, girato dall’amico Zubaid Nur divenuto Abu Saleh al britani, nel quale veniva immortalato mentre faceva detonare una cintura esplosiva lanciandola per le scale di un edificio, a dimostrazione del suo coraggio e della preparazione impartitagli.
Ibrahim Hussein, il leader della cellula degli ex studenti londinesi, è balzato invece alla ribalta delle cronache internazionali per le minacce all’Occidente, proferite nel filmato diffuso l’estate scorsa, nel quale si era rivolto esplicitamente anche al presidente statunitense Donald Trump, additato di essere il nuovo faraone e al quale il messaggio veniva indirizzato.
Il video, presumibilmente girato a Raqqa, riprende il miliziano che, esprimendosi in lingua inglese con uno spiccato accento londinese, sottolinea che gli occhi degli jihadisti sono puntati su Roma e Costantinopoli, l’odierna Istanbul, e che le cellule dormienti del Daesh sono in attesa di un solo ordine per passare all’azione con una catena di attentati esplosivi, “massacrando gli infedeli nelle loro stesse case”.
Si ignora la sorta toccata ai tre ventenni, anche se la caduta di ar-Raqqa e il dissolvimento dell’esercito di al-Baghdadi fanno pensare che non si sentirà più parlare di loro. L’Mi6, già sulle tracce del gruppo e degli altri numerosi foreign fighter britannici, sta svolgendo accertamenti indirizzati sia a tracciare il percorso di radicalizzazione e di adesione all’Isis seguito dagli aspiranti jihadisti sia per individuare le cellule islamiste infiltrate nel Regno Unito, che potrebbero decidere di auto-attivarsi per dare segnali di riscossa di un Califfato che sembra ormai avviato al declino, almeno in campo militare.