Anche la Svizzera paga il suo conto di sangue all’aggressione islamista. Una ragazza elvetica di 28anni, convertita all’Islam, armata di un coltello ha aggredito all’interno di un centro commerciale due donne ferendole gravemente prima di venire bloccata dalla sicurezza. L’attacco è avvenuto a Lugano attorno alle 14 di ieri, 24 novembre, all’interno del grande magazzino Manor, in piazza Dante, nel pieno centro città.
Una ragazza, appena entrata all’interno del complesso commerciale e salita al quinto piano, ha iniziato ad attaccare a caso, dapprima una donna, tentando di strangolarla a mani nude. Poi ha rivolto la sua attenzione a un’altra ragazza, aggredita questa volta con un coltello detenuto dalla giovane che ha tentato di sgozzarla colpendola con fendenti alla gola. Il personale della sicurezza del centro commerciale è subito intervenuto a fermare la giovane che continuava a urlare di “Allahu akbar”. L’arrivo della Polizia Federale, che ha preso subito in consegna l’autrice dell’attacco, ha posto fine al panico nel frattempo scatenatosi tra gli avventori.
Le due donne rimaste ferite hanno riportato traumi giudicati gravi ma non tali da porle in pericolo di vita.
Dai primi riscontri ottenuti dalle indagini, la Polizia Federale ha ricostruito il background dell’assalitrice, nota agli archivi dal 2017 come aspirante jihadista. Residente a Vezia e cittadina elvetica di padre italiano, sposata con un afghano del quale dal 2015 si sono perse le tracce, pare avesse intrapreso una relazione a distanza, utilizzando i social network, con un miliziano dell’Isis in Siria e innamoratasi dell’uomo nel 2017 aveva tentato di unirsi allo Stato Islamico. Le autorità della sicurezza svizzere, in collaborazione con quelle turche, avevano però provveduto al suo rintraccio, al fermo e al rientro coatto in Svizzera. Successivamente ad accertamenti sanitari, la ragazza era stata ricoverata in una clinica psichiatrica. Dopo le sue dimissioni dal nosocomio, non aveva più fatto trasparire atteggiamenti che palesassero la sua radicalizzazione, sino all’attacco di ieri. Sull’accaduto la Procura federale del Canton Ticino ha avviato un procedimento penale per verificare se la ragazza abbia agito d’impulso o dietro l’attivazione da parte di altri aderenti al Daesh. Le indagini sono state delegate alla Polizia cantonale, in stretta collaborazione con l’Ufficio federale di polizia (Fedpol). Al vaglio degli investigatori anche l’ipotesi di un collegamento tra il gesto della 28enne a Lugano ed i recenti attacchi compiuti in Francia con modalità simili da parte di cosiddetti “lupi solitari”, ma anche e soprattutto con quanto accaduto a Morges, nel Canton Vaud, nel settembre scorso quando un giovane radicalizzato aveva accoltellato a morte un 29enne per “vendicare il Profeta” e contro lo Stato svizzero.
I cittadini della città lacustre sono sotto shock. È la prima volta , infatti, che il terrorismo islamico macchia di sangue il Canton Ticino, ritenuto da sempre una sorta di isola felice. In Svizzera sono poco più di un centinaio le persone radicalizzate e monitorate dai servizi informativi, perché potenzialmente pericolose e non sono comunque ritenute in grado di organizzare attacchi complessi o su vasta scala.
Tra i primi a esprimere la propria solidarietà, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz che su Twitter ha scritto: “Condanno fermamente l’attacco terroristico di matrice islamica di oggi a Lugano. I miei pensieri vanno alle vittime. Siamo vicini alla Svizzera in queste difficili ore”.
Proprio in Austria lo scorso 2 novembre a Vienna un giovane, prima di essere ucciso dalla polizia, con un fucile d’assalto nel centro della capitale austriaca ha ucciso quattro persone e ferito altre 23. Nei giorni successivi la polizia di Zurigo a Winterthur ha arrestato due giovani svizzeri di 18 e 24 anni sospettati di essere collegati all’attentato nella capitale austriaca.
Un allarmante segnale di continuità quello fornito dall’attacco di Lugano, che altro non fa che sottolineare come il pericolo della deriva islamista di parte della comunità musulmana stanziata in Europa sia una realtà con la quale prima o poi ci troveremo a confrontarci, nessuno escluso.