Lo scorso 13 agosto, il paese è stato teatro di una catena di attacchi incendiari contro auto in sosta che, il primo ministro Löfven ha descritto come una “vera e propria azione di stampo militare”. Da Trollhattan a Malmoe per arrivare a Gotheborg, circa un centinaio di vetture sono state date alle fiamme, in contemporanea, da bande coordinate tramite social network, dimostrando una notevole capacità organizzativa e, soprattutto, lanciando l’ennesimo guanto di sfida agli svedesi.
La progressiva, inquietante, conquista del territorio da parte degli islamisti in Svezia costituisce un chiaro esempio di quella che è la realtà europea al giorno d’oggi. Un fenomeno quello dell’avanzata islamica che, se nel nostro Paese è vissuto in modo assai superficiale e passa sotto l’errato termine di integrazione, nel paese del mobilio a basso costo, sta assumendo i canoni di una vera e propria invasione militare. A dimostrazione della gravità della situazione, nel gennaio scorso il primo ministro svedese Stefan Löfven ha annunciato l’intenzione di schierare reparti dell’esercito nelle “no go zone” sotto il controllo di bande islamiste che hanno definito i confini dei quartieri abitati da immigrati arabi come “Sharia controlled zone”.
Sharia controlled zone
Si tratta di interi rioni pattugliati da volontari musulmani dove vigono le leggi sharaitiche, il divieto dell’alcool e del fumo, l’obbligo del burqa, il divieto della prostituzione e del gioco d’azzardo e della musica. Il governo svedese cerca di correre ai ripari, sicuramente con colpevole ritardo e dopo avere ridotto il paese a una colonia islamica dove i discendenti dei vichinghi sono ormai una minoranza vessata dagli invasori. All’inizio dell’anno l’esecutivo ha annunciato di voler distribuire a circa 5 milioni di nuclei familiari un opuscolo dall’inquietante titolo “manuale di difesa civile”, nel quale vengono fornite indicazioni di massima sull’approvvigionamento di acqua, generi alimentari e rifugi di fortuna in caso di eventi bellici, ma un interno capitolo viene dedicato, non a caso, agli attacchi terroristici, da quelli informatici a quelli biologici e chimici. Appare almeno ovvio che il rischio palesato non sia relativo a un conflitto con altre entità statali, ma l’ipotesi veritiera sia rappresentata da una recrudescenza di attacchi dall’interno del paese condotti dalle bande di islamisti determinate ad ampliare il loro bacino di influenza.
Il premier Löfven sembra determinato a neutralizzare questo tipo di minaccia ricorrendo a qualsiasi mezzo disponibile e in accordo con buona parte del Riksdag, il parlamento svedese. La rappresentante democristiana Ebba Busch Thor, durante una recente intervista ha dichiarato che sarebbero 61 le aree a rischio in tutta la Svezia. Tra queste la polizia ha circoscritto 23 aree particolarmente vulnerabili, 32 vulnerabili e 6 a rischio. La suddivisione è parte di un rapporto presentato nel giugno 2017 dalla Polizia svedese ed è stata redatta in base al tasso di criminalità presente nelle zone esaminate, tutte abitate da immigrati.