Mickael Harpon era nelle liste dei segnalati per legami con gli jihadisti. La Procura nazionale antiterrorismo francese, infatti, ha avocato a sé le indagini sula strage compiuta giovedì scorso a Parigi negli uffici della Direzione dell’intelligence (Drpp) costata la vita a tre poliziotti e un funzionario civile, oltre che all’autore dell’attacco. La decisione è stata presa a seguito delle prime indagini e dei risultati delle analisi sul materiale sequestrato durante la perquisizione eseguita nell’abitazione di Mickael Harpon, il 45enne autore dell’accoltellamento plurimo.
Prima di recarsi in ufficio giovedì mattina l’uomo, dal 2003 addetto alla manutenzione dei computer nella Prefettura sede della DRPP, aveva acquistato il coltello, munito di lama in ceramica e della lunghezza complessiva di 33 centimetri, inviando alla moglie un sms con il quale comunicava l’avvenuto acquisto dell’arma. La donna, nei cui confronti è stato prolungato il fermo di polizia, aveva risposto con un breve messaggio: “Solo Dio ti giudicherà”.
Le indagini, avviate subito dopo la strage, hanno confermato la premeditazione del gesto di Harpon, emersa, nella fattispecie, dall’acquisto di un’arma che sarebbe sfuggita ai controlli dei Metal detector posti all’ingresso degli uffici della DRPP, nel contenuto dell’sms inviato alla moglie e dagli accertamenti informativi effettuati presso Gonesse, il comune di residenza dell’uomo.
Mickael Harpon era un assiduo frequentatore della locale moschea
Harpon, infatti, era un assiduo frequentatore della locale moschea, retta da un imam ritenuto dagli investigatori quantomeno sospetto poichè propalatore di sermoni dal contenuto fortemente influenzato dall’ideologia salafita e destinatario di uno specifico provvedimento di espulsione, mai eseguito. Proprio l’imam della sala di preghiera di Gonesse ha ricoperto un ruolo chiave nell’atto di conversione dell’autore della strage a seguito di uno specifico percorso di radicalizzazione che, nel corso dei mesi, aveva portato Harpon ad un netto cambio di abitudini. In particolare l’uomo, nel recarsi alla moschea si cambiava di abito, indossando la tradizionale tunica dei musulmani, mantenendo le distanze dalle donne diverse dalla moglie e mostrando atteggiamenti di aperta ostilità verso qualsiasi apertura ideologica verso l’Islam moderato. Le investigazioni svolte a Gonesse, inoltre, hanno portato all’acquisizione della testimonianza di un agente di polizia, vicino di casa della famiglia Harpon, il quale ha riferito che verso le 3,00 del mattino di giovedì scorso, dall’appartamento aveva sentito scandire più volte il grido “Allahu akbar” attribuendolo a Mickael, ben conosciuto dal testimone sentito a verbale dagli investigatori.
Nel 2015 aveva giustificato gli attacchi in Francia
A conferma dell’atteggiamento e dal comportamento radicale palesato, nei confronti di Harpon, originario della Martinica, è emerso che all’indomani della strage perpetrata nel gennaio 2015 al Charlie Hebdo, la Sezione antiterrorismo parigina aveva aperto un fascicolo con una specifica “segnalazione” poichè l’uomo avrebbe pubblicamente giustificato gli attacchi compiuti in Francia da parte dei miliziani jihadisti.
Durante una conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio del 5 ottobre, il procuratore capo dell’antiterroristico, Jean-Francois Ricard, ha confermato le motivazioni a seguito delle quali il suo ufficio ha proceduto all’apertura di una specifica inchiesta. In particolare, il magistrato ha sottolineato la volontà di Mickael Harpon di immolarsi a seguito del percorso di radicalizzazione impartitogli e i “33 sms scambiati con la moglie nelle ore precedenti all’attacco, contenenti invocazioni religiose verso Dio e il Profeta Maometto”. Il Procuratore ha poi sottolineato i contatti intercorsi tra l’autore della strage ed alcuni soggetti noti per l’adesione al movimento salafita.