Nel primo mese dell’anno, già quarantanove scontri a fuoco con quasi novanta vittime. Gli Stati Uniti sono uno dei paesi industrializzati dove i casi di aggressione ed omicidio sono più diffusi. Assassinii che si verificano in rapine, scontri con le forze dell’ordine, tentativi d’arresto che finiscono in un bagno di sangue, gesti folli di “cult leader” (vi dice nulla l’assedio di Waco?) o di singoli cittadini, dall’attentato a JFK a Dallas alla sparatoria nel pub di Los Angeles del 2018.
Ogni qualvolta si verifichi un fatto di sangue, le armi da fuoco sono sotto accusa. E, per quanto le amministrazioni che si susseguono discutano dell’opportunità di limitarne l’acquisto da parte dei privati, non si arriva mai ad una soluzione definitiva. Si punta il dito sulla “lobby delle armi”, quelle società cioè che producono e vendono armi da fuoco in tutto il mondo e che, più di altri, si mostrano contrarie a leggi restrittive. Interpretazione interessante quanto limitativa.
La pistola in sé, infatti, è un oggetto, un pezzo di ferro o di polimero che, se lasciato sul tavolo di casa per trent’anni, lì resta. Non diventa auto-cosciente come SkyNet tantomeno inizia a sparare innocenti.
Il vero problema è chi sta dietro l’arma
E l’eventuale limite d’acquisto potrebbe dunque non essere sufficiente a circoscrivere i casi di omicidio.
Il nodo di Gordio è nella stessa società statunitense. Dimentichiamo per un momento l’American way of Life ed il sogno Stars&Stripes. Gli Usa sono un mondo crudele dove chi non sta al passo è inesorabilmente abbandonato a se stesso.
Senza voler essere polemici, come definire “umano” un sistema in cui la sopravvivenza del singolo dipende dalla copertura assicurativa sanitaria?
Mancanza di mezzi, alienazione e senso di abbandono
Fattori che si palesano ovunque, anche lontano dalle corsie di un ospedale. Nelle scuole, ad esempio, dove la selezione per merito (concetto condivisibile) si mescola ad un livello di pressione insostenibile agli studenti. I risultati scolastici, sportivi, l’inserimento sociale diventano dunque traguardi che, se non raggiunti, provocano una profonda alienazione in milioni di adolescenti.
La scuola, come noto, è una parentesi della vita. È importante, certo, ma non è l’esito di un esame a fare la persona. Sono altri i valori, le esperienze, le qualità che rendono ciascuno di noi unico: concetto di per sé piuttosto semplice e chiaro che, suo malgrado, negli Usa pare proprio non attecchire.
Il caso Columbine che scioccò gli Stati Uniti e il mondo
Vi facciamo un nome: Columbine. Detta così magari vi dirà poco. Proviamo con Columbine High School, liceo del Colorado che, a chi è nato negli Anni ’90, dice più di qualcosa. E con esso i nomi di due studenti: Eric Harris e Dylan Klebold. Ricordi tutt’altro che piacevoli, credete. Harris e Klebold, 17 e 18 anni, erano adolescenti qualunque: letture, blog, una forte amicizia e stesso destino di essere esclusi e bullizzati dai compagni. Finché, la mattina del 20 aprile 1999 fecero irruzione alla Columbine armati fino ai denti: una mattanza, costata la vita a 15 persone più Eric e Dylan. Ventiquattro i feriti. La preparazione per l’assalto era durata mesi, documentata da post su MySpace e da video-cassette. Nessuno, neanche i familiari, si era accorto di nulla. Come d’altronde nessuno si era domandato perché due giovani, con precedenti penali per tentato furto, erano riusciti a dotarsi di armi da fuoco. Vero che negli Usa le armi si comprano più facilmente, ma la fedina penale sporca è comunque elemento ostativo all’acquisto. La Columbine scioccò l’America ed il mondo. Ma purtroppo la tragedia non fu maestra né sui vincoli di vendita d’armi né per quanto riguarda l’attenzione alla crescita dei ragazzi.
Fra il 1999 ed il 2022 si sono infatti registrate altre dieci sparatorie in tutto il globo, cinque delle quali negli Stati Uniti. Se poi volessimo escludere Beslan (forze di sicurezza contro terroristi), gli Usa deterrebbero il triste primato di cinque su nove.
Ma è davvero “colpa” delle armi?
Certo, poter esibire la patente al negoziante ed uscire dalla bottega con una rivoltella calibro 44 per noi Italiani è cosa al limite della follia. Tuttavia, la decennale indifferenza della società statunitense al problema sociale dei suoi giovani e delle sue classi più disagiate è il detonatore di una bomba che miete ogni anno migliaia di vittime.
Qualora non vi bastassero gli esempi dei massacri scolastici, pensate all’atteggiamento delle amministrazioni Usa nei confronti della politica internazionale: intervenire od inviare armi, ritirarsi, lasciando la palla a chi resta boots on the ground. Nessuna attenzione alle conseguenze malgrado il Vietnam, l’Iraq, le primavere arabe, l’Afghanistan ed, ora, l’Ucraina abbiano mostrato la pericolosità di una linea di condotta fondata sul “o risultati subito o veditela tu”.
E quando il conflitto ucraino sarà terminato a vedersela fosca saremo noi alleati europei, in un Vecchio Continente destabilizzato ed impoverito.
L’indifferenza e la distanza (non solo geografica) dell’America’s way of Life sono dunque tangibili in ambiti diversi, pur con le medesime, drammatiche conseguenze.
Le armi sono solo un capro espiatorio per salvare la faccia. Lo sono quando, a conflltto finito, continuano a circolare causando danni cui altri dovranno mettere una pezza. Lo sono quando una persona ignorata, abbandonata a se stessa, si “scatena” contro altri suoi simili. Morti, feriti, uomini e donne sotto shock, vittime sacrificali di chi è forse troppo abituato a fare i conti in tasca agli altri e a non analizzare mai le criticità che lo affliggono.