Spari contro Unifil. Tra ieri e oggi due episodi hanno occupato la cronaca del conflitto in Medio Oriente. La forza di interposizione presente sul confine tra Libano e Israele è stata colpita dall’esercito dello Stato ebraico durante le incursioni di terra nel paese dei cedri a caccia dei covi di Hezbollah. In tutto, 4 militari (nessuno italiano) sono rimasto feriti. Nel frattempo é montata la polemica politica e diplomatica. L’Italia, fortemente preoccupata per l’incolumità dei propri soldati presenti all’interno di Unifil, ha chiesto spiegazioni a Israele. Ma la questione relativa alla presenza della missione Onu in quei territori, soprattutto sul senso di un mandato che alla luce dell’attuale conflitto appare inadeguato, impone una riflessione. Forse sarebbe il caso di ripensare il ruolo di Unifil che, negli anni, non ha impedito l’armamento di Hezbollah che, dal 7 ottobre 2023, lancia missili sul nord di Israele.
La Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite venne approvata dall’Onu nel lontano 1978 e rinnovata, successivamente al ritiro delle forze israeliane dal territorio libanese, con i successivi mandati delle Nazioni Unite nel 1982 e nel 2000. Scopo della Missione era quella di proteggere la popolazione libanese al di sopra della linea prestabilita nella zona del fiume Litani, territorio conquistato dalle forze dello Stato ebraico durante il conflitto.
All’epoca, nel 1983, la Missione era denominata Italcom e, oltre alle truppe inviate da Roma, era composta anche da contingenti statunitensi e francesi. Proprio in quell’anno un duplice attentato terroristico di Hezbollah, alcuni ordigni esplosivi furono fatti esplodere nei presi degli acquartieramenti dei militari in missione, provocando la morte di 241 marines statunitensi e 56 soldati francesi, lasciando indenne il contingente italiano. Tale atto provocò il ritiro delle truppe di interposizione dal Libano che vennero però rischierate nel 2000 predisponendo la linea di confine israelo-libanese sulla cosiddetta “Linea blu”.
Qualche dubbio sulla consistenza epocale del “Lodo Moro”, atto a preservare interessi italiani da qualsiasi attacco terroristico degli schieramenti alleati dell’Olp e dei movimenti ad essa contigui tra i quali proprio Hezbollah. L’accordo, non scritto, era in vigore sino dagli anni ’70 e prevedeva che, in cambio della libera circolazione di armamenti, militanti e materiali sulla Penisola italiana, i gruppi terroristici palestinesi si impegnavano a non condurre alcun attacco nel Paese. Peccato che nell’accordo non erano inclusi gli interesse israeliani o ebraici da tempo immemore stanziati in Italia, così nel 1982 un attacco terroristico venne attuato alla Sinagoga della Capitale e, oltre che provocando alcuni feriti, causò la morte del piccolo Stefano Gaj Tachè. Altri attentati vennero comunque perpetrati anche successivamente all’aeroporto di Fiumicino, alla sede romana della British Ayrways e con il dirottamento della nave da crociera “Achille Lauro” durante il quale Leon Klinghoffer, ebreo e disabile costretto in sedia a rotelle, venne proditoriamente ucciso dai terroristi del Fronte per la liberazione della Palestina.
Dal 2000, dunque, la missione multinazione denominata Unifil, opera sulla linea blu con compiti di interposizione tra le due parti in eterno conflitto e provvedendo alla distribuzione di beni alla popolazione libanese delle zone contigue, con i dovuti accordi con Hezbollah, imperante nel territorio in questione.
Ma al di là di qualche pattugliamento lungo il confine e alla supervisione dei territori di frontiera, peraltro assai sterile, e considerando che le regole di ingaggio dei contingenti prevedono l’uso delle armi unicamente a scopo di autodifesa, la missione non ha fruttato alcun risultato.
Inoltre, con il passar degli anni, i miliziani di Hezbollah sono riusciti a scavare profondi ed attrezzati cunicoli che dal confine libanese portano agli stanziamenti di Israele nel nord del Paese e, in contemporanea, a stanziare basi di lancio per missili e razzi, con i relativi approvvigionamenti iraniani, proprio sotto gli occhi del Contingente, nonostante i reiterati appelli di Israele per una più rigida vigilanza.
E veniamo ad oggi. Dall’inizio della controffensiva israeliana, condotta a seguito dell’eccidio del 7 ottobre scorso da Hamas, a ridosso della Striscia di Gaza, abbiamo assistito alla composizione di un verso e proprio “asse del male” tra Hamas stesso, Hezbollah, gli Houthi e la Jihad Islamica, il tutto sotto l’egida iraniana e delle Guardie Repubblicane dipendenti, schierate anch’esse nei pressi delle basi di Hezbollah anche con compiti di addestramento.
A tal punto, i gruppi terroristici hanno iniziato a martellare il territorio israeliano con salve di missili a lunga gittata e razzi, senza soluzione di continuità. Per salvaguardare il territorio Israele, in solitudine, ha provveduto a rintuzzare gli attacchi con i sistemi d’arma Iron Dome a Arrow3, dispositivi antimissile d’avanguardia in dotazione alle truppe dello Stato ebraico.
Oltre a questo, denotata la completa assenza dell’Onu schierata a ridosso del confine e predisposta alla vigilanza dello stesso, Gerusalemme ha deciso di provvedere da sé, programmando un’offensiva di terra allo scopo di allontanare, per quanto possibile, i terroristi al di là del fiume Litani avvisando, peraltro con largo anticipo, la popolazione civile libanese ed invitandola a spostarsi verso il centro del Paese dei Cedri.
Il tutto in prospettiva di un attacco diretto di Israele investito, anche suo malgrado, del ruolo di unico e reale garante della guerra contro il terrorismo e del dilagare dello stesso, verso l’Iran tutt’altro che improbabile, ma auspicabile per chiudere definitivamente i conti con chi finanzia realmente i movimenti terroristici islamisti.
Ma in Occidente, apriti cielo! Antisemitismo dilagante, violente manifestazioni di piazza anti-israeliane, scontri con le forze di polizia locali, una “caccia all’ebreo” indiscriminata con l’accusa di essere un popolo genocida nei confronti dei “poveri palestinesi”…
Di dilagante, ed è un dato di fatto, vi è soprattutto l’idiozia dei soliti antagonisti per mestiere e dei politici che vedono in essi un bacino non indifferente di voti in prospettiva elettorale.
Oltre a questo abbiamo assistito, non senza sorpresa, a dichiarazione di politici nostrani che, rivolgendosi ad Israele, hanno proceduto, in ginocchio, per chieder la “salvaguardia dei nostri militari” e, nel caso specifico della giornata di ieri, a chiedere a Gerusalemme di scusarsi per l’errato lancio di colpi di artiglieria caduti, sicuramente per errore, nei pressi degli acquartieramenti del Contingente Unifil.
Le postazioni di Hezbollah a ridosso di Unifil
Infatti, non era certo la base Unifil l’obiettivo dell’Idf, bensì una postazione di Hezbollah situata molto vicino alla base della Forza multinazionale, a Naqoura, sul confine con Rosh Hanikra, Israele. Magari sarebbero stati opportuni gli accertamenti di rito.
Chiariamo, innanzitutto, che i Nostri Ragazzi in uniforme schierati in Libano, sono professionisti che nulla hanno da invidiare a quelli di Nazioni più blasonate, militari di carriera professionisti ed addestrati alla guerra, non certo crocerossine (e non ce ne vogliano queste ultime) preposte a ruoli di mero soccorso.
Inoltre, non vi è alcun dubbio sul ruolo tutto italiano della “trattativa a tutti i costi” condotta, sino dal suo inizio, dai responsabili politici di Roma della Missione Italcom e poi Unifil. Una forma di contrattazione non con entrambe le parti in causa, Israele e i terroristi di Hezbollah, bensì una forma di ricerca del quieto vivere con i miliziani sciiti, chiudendo un occhio, ma anche due, sulle loro reali attività, visibili anche da oltreconfine nella zona del Monte Hermon e del Golan, in cambio della salvaguardia dei nostri militari.
Insomma, appellarsi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, capitanato dall’inquietante figura di Antonio Guterres, sostenitore, da sempre della “causa palestinese” per condannare reiteratamente Israele, colpevole di essersi difeso da un’ingiusta aggressione, fa precipitare agli occhi del Mondo la credibilità del nostro Paese, anche in considerazione del fatto che l’Onu è schierata a senso unico contro Gerusalemme.
A pesare sulla gestione irresponsabile non solo dei nostri interessi nazionali all’estero, ma addirittura su quella dell’ordine e della sicurezza pubblici all’interno dei nostri confini, con il “divieto di manifestare” prima imposto poi ritrattato che ha condotto ai gravi incidenti a Roma e in altre città del nord Italia. Ma in tutto questo, la salvaguardia e la tutela dei Nostri Ragazzi in uniforme e dell’inerme popolazione, non erano in agenda Onu, vero?