La soglia di arricchimento dell’uranio è stata quasi raggiunta e Teheran torna nel mirino. Dopo la disfatta occidentale in Afghanistan, come prevedibile, il baricentro delle tensioni internazionali si sposta nuovamente verso Teheran.
Dagli Usa, regali inaspettati
E’ di ieri la notizia, abbondantemente suffragata da video prodotti dai Pasdaran e postati in rete, del trasferimento di veicoli e armamenti militari statunitensi, in possesso dei Talebani, verso i confini iraniani.
I media iraniani hanno pubblicato immagini di veicoli militari americani nei pressi della città iraniana di Semnan, automezzi militari che sarebbero stati venduti dai Talebani agli iraniani della Forza Quds.
Il Governo dell’Emirato islamico di Kabul, sotto la guida del leader supremo, mullah Hibatullah Akhundzada, dopo tre giorni di febbrili consultazioni tra le varie anime politiche dei Talebani, avrebbe infatti impostato alcuni criteri di collaborazione con altri Paesi, e tra questi l’Iran.
Non stupisce, inoltre, la volontà di perseguire il progetto di accordi politici funzionali a una collaborazione sia sul piano commerciale che militare, tenuto conto che la nomina di un leader religioso a capo del Paese è più consona al credo sciita piuttosto che a quello sunnita che caratterizza il 90% dell’Afghanistan.
Hibatullah Akhundzada avrà, infatti, un titolo del tutto simile a quello del defunto ayatollah Khamenei, guida suprema dell’Iran.
Da Teheran non assume posizioni ufficiali sulla questione afghana, sebbene non nasconda la propria soddisfazione per la rovinosa fuga degli Usa da Kabul.
Nel silenzio generale, Teheran è vicino al traguardo
L’Iran, nella generale sottovalutazione mediatica, avrebbe quasi raggiunto la soglia di arricchimento dell’uranio necessaria per l’assemblaggio di testate atomiche e la questione non è sfuggita alle antenne di Gerusalemme, entrando come priorità nell’agenda delle emergenze del governo di Israele.
Durante il recente incontro tra il presidente Biden e il primo ministro israeliano Naftali Bennett, entrambe le parti hanno riaffermato e confermato le intese strategiche tra gli Stati Uniti e Israele riguardo alle attività di contrasto del programma nucleare militare iraniano.
A seguito delle operazioni di “ritiro” dall’Afghanistan, il comando centrale degli Stati Uniti ha comunicato di avere provveduto al riassetto e a una nuova assunzione ufficiale della “direzione operativa” delle forze americane di stanza in Israele, come parte del riallineamento strategico, siglando un nuovo accordo di partnership operativa con l’IDF. La mossa dovrebbe aumentare la collaborazione regionale contro l’Iran.
In linea con la strategia di “inertizzazione” degli sforzi iraniani profusi alla costruzione di ordigni atomici, il nuovo capo del Mossad, David Barnea, ha provveduto alla riorganizzazione delle unità dell’agenzia di spionaggio allo scopo di rafforzare le capacità di monitorare e interrompere la corsa al nucleare iraniana.
Target iraniani già individuati, prossimi alla neutralizzazione
Secondo quanto riportato dal quotidiano Haaretz, “Israele schiererà le unità operative e informatiche del Mossad più l’intelligence d’élite dell’IDF e le forze di sicurezza informatica in una campagna segreta contro l’Iran”. Un percorso non certo innovativo, ma pienamente efficace, per contrastare i progetti di Teheran.
In parallelo, l’ex capo del Mossad, Yossi Cohen, in un editoriale redatto per il quotidiano Yediot Aharonot, ha suggerito che “Israele dovrebbe prendere di mira l’unità di ricerca nucleare dell’Iran, le Spdn, la cui agenzia ha sede a Teheran ed è impegnata a sviluppare le capacità di avanzamento del progetto nucleare iraniano”.
Nello specifico, i piani delegati all’Agenzia per la sicurezza di Israele prevedono di riaprire una campagna mirata alla neutralizzazione di alcuni scienziati nucleari iraniani e di alcuni siti dedicati alle attività di ricerca, produzione e conservazione di materiali militari e sensibili.