Malnutriti, costretti a mangiare carcasse di animali o cibi scaduti, se non a saltare i pasti. Sono i numerosi bambini siriani sospesi nel conflitto, apertosi quasi sei anni fa. I minori intrappolati in Siria nelle 16 aree sotto assedio sono oltre 500.000. Non solo ad Aleppo ma anche nella provincia più a est di Deir el-Zor, o ancora a Idlib, Homs sino alla zona rurale di Damasco. Solo negli ultimi 10 giorni 31.500 persone si sono spostate dalla parte orientale di Aleppo a quella occidentale, dopo lo stop dei raid aerei russi che ne ha permesso la circolazione. Almeno la metà degli sfollati è composta da bambini. “La città è un cimitero a cielo aperto”, afferma Andrea Iacomini, portavoce Unicef per l’Italia.
Numeri, storie e sofferenze riportate dall’Unicef che con oltre 200 operatori lavora sul territorio siriano per aiutare i bambini e le loro famiglie, portando loro acqua, medicine e assistenza sanitaria. Personale che spesso rischia la propria vita per il bene delle comunità locali.
“Il volontario stava semplicemente accompagnando i bambini al loro rifugio dopo le attività del mattino quando è stato colpito da un proiettile. Ahmed Tawfik aveva 24 anni e frequentava il terzo anno di Economia all’Università”, racconta la rappresentante dell’Unicef, Hanaa Singer, da poco rientrata dalla Siria, nel report di fine missione pubblicato dall’organizzazione.
Nel mese di novembre 18 bambini sono rimasti uccisi in attacchi a ospedali e scuole di Aleppo, dove un milione e 300.000 siriani vivono senza acqua corrente. Solo nel 2016 in Siria ci sono stati oltre 80 attacchi a strutture scolastiche: 69 i minori morti, 30 nelle ultime due settimane di ottobre. Più di 7000 gli sfollati da Raqqa, dopo l’inizio a maggio delle operazioni militari nel tentativo di liberare la roccaforte siriana dell’Isis. Lì vivono ancora, secondo le stime del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, 175.000 bambini.
“Nessuno nei primi 3 anni di guerra sapeva quello che stava succedendo in Siria, poi con Isis si sono accesi i riflettori -spiega il portavoce di Unicef, Andrea Iacomini – da allora il mondo si è svegliato per un conflitto che non ha precedenti nella storia”. A marzo saranno sei anni dall’inizio della guerra che ha portato all’esodo di oltre 5 milioni di siriani. Due anni fa la crisi migratoria che ha coinvolto l’intera Europa e portato al successivo accordo con la Turchia per la gestione dei flussi migratori e per la redistribuzione dei profughi in Europa. Dall’altra parte in Siria, denuncia l’Unicef, vivono sei milioni di bambini (su un totale di 13,5 milioni di civili) in aree ancora oggi considerate ad alto rischio per la loro sicurezza.
“Se siamo pronti, come popolo italiano, a scendere in piazza per i nostri diritti o per la Costituzione – continua Iacomini – non lo siamo altrettanto per dire basta a queste guerre come, invece, accadeva negli anni ’90: basta con questi sprazzi di indignazione che durano poco”. “Noi scontiamo il ritardo nello spiegare queste guerre, non solo in Siria ma anche nello Yemen, Nigeria e Sudan, dove nascono poi questi grandi movimenti migratori. Spesso questi fenomeni sono stati rappresentati solo con intenti elettorali, non c’è stata la forza da parte dei governi e dell’Europa nell’ammettere di fronte ai cittadini le loro stesse responsabilità”, dice Iacomini con un auspicio per il futuro dei colloqui di pace e per la risoluzione della crisi siriana.
“Mi auguro che Trump si faccia portatore di una grande e nuova soluzione diplomatica aperta a questo conflitto, perché di solito i presidenti americani in carica riescono a lasciare il segno nel loro mandato”, conclude il portavoce dell’Unicef Italia, Andrea Iacomini.