Il nuovo governante de facto della rinnovata Siria, Muhammad al Jolani, alias di Ahmed Hussein al-Shar’a, sedicente “ex jihadista rinnovato”, ha inteso nominare Mohammed al Bashir quale nuovo Primo Ministro ad interim del nuovo governo siriano per supervisionare la transizione tra il regime baathista di Bashar al Assad e i nuovi governanti del paese mediorientale.
Mohammed al-Bashir è nato nel 1983 a Mashoun, nella regione di Jabal al-Zawiya, nel governatorato di Idlib. Ha conseguito una laurea in ingegneria presso l’Università di Aleppo e successivamente una laurea in Sha’aria e diritto presso l’Università di Idlib nel 2021, iniziando l’opera di insegnamento dei dettami islamisti subito dopo. Successivamente allo scoppio della guerra civile siriana, ha diretto l’Al-Amal Educational Institute, fornendo istruzione ai bambini coinvolti nel conflitto. In passato, come studente, è stato un fervente ammiratore e sostenitore delle politiche di Hasan al Banna, il fondatore del movimento islamista dei Fratelli musulmani in Egitto.
Con questa nomina, la natura del regime che si sta istituendo è ben delineata. Non c’è alcuna reale “trasformazione” del paese, poiché l’unico vero cambiamento riguarderà la “transizione”, per ottenere il potere con un volto ed una politica completamente snaturati. Proprio in questo la Taqyyia (dissimulazione) attuata da al Jolani e i suoi seguaci, giocherà un ruolo fondamentale in chiave di governance interna e rapporti internazionali.
(nel video, bandiere del Daesh a Latakia)
La ricomparsa del Daesh
L’esibizione ostentata in questi ultimi giorni di un paese rinnovato e presentato come democratico e rispettoso dei diritti umani, malcela la reale situazione della Siria e le intenzioni nei confronti dell’Occidente. In rete sono comparsi numerosi video ritraenti i cosiddetti miliziani in corteo con bandiere del Daesh (Isis), aggressioni contro le minoranze cristiane e massacri indiscriminati contro la minoranza religiosa alawita, in una sorta di pulizia etnico-religiosa alla quale abbiamo assistito inermi nei tempi bui dell’avvento di Al Baghdadi.
IL VIDEO CONTIENE IMMAGINI VIOLENTE
(Esecuzione sommaria di due uomini della minoranza halawita)
Nella ricerca delle reali intenzioni del nuovo establishment siriano, ci si imbatte in alcune informazioni di settore e in altri riscontri da fonti aperte che prospettano un panorama assai inquietante per l’Occidente e l’Europa in particolare. Secondo notizie convergenti, infatti, il fondatore del Fronte al Nusra, divenuto successivamente Hayat Tahrir al Sham, entrambe alleate de facto con al Qaeda, avrebbe in serbo una strategia ideata tramite interlocuzioni e successive disposizioni impartite direttamente dai vertici dell’organizzazione creata da Oussama bin Laden.
In particolare, l’utilizzo della Taqyyia, in chiave prospettica, serberebbe una sorta di palcoscenico internazionale al quale affacciarsi senza timore di ritorsioni da parte di alcuno, ottenendo il tempo di riorganizzare i ranghi e, soprattutto, creare nuove strutture di reclutamento-addestramento per nuovi jihadisti, questa volta non più sotto la forma dei campi di addestramento afghani degli anni ’90 del secolo scorso ma, molto più pragmaticamente, rendendole parte delle istituzioni segrete del nuovo governo. Caserme, poligoni, laboratori la cui presenza passerebbe quindi inosservata ai più, poiché facenti parte delle strutture logistiche ufficiali di un qualsiasi altro paese.
Israele crea una zona di sicurezza
Israele, da parte sua, ben conscio delle reali intenzioni di al Jolani, aveva già nei giorni scorsi inteso inviare un chiaro messaggio alla nuova leadership di Damasco, di fatto azzerando le capacità militari siriane con il bombardamento mirato di depositi munizioni, armamenti e sostanze chimiche, porti, aeroporti e installazioni militari e avanzando sino a poche decine di chilometri dalla capitale
Le Forze di difesa israeliane sono avanzate sino a poche decine di chilometri da Damasco non certo con velleità di conquista, ma allo scopo di creare una sorta di “zona cuscinetto” tra i due Stati così consentendo il rientro degli sfollati del nord israeliano e della popolazione drusa alle proprie abitazioni sotto l’ombrello protettivo delle Forze di difesa dello Stato ebraico.
Gerusalemme ha agito seguendo la logica di un ulteriore distanziamento dei propri confini dalla gittata dei missili iraniani e di possibili infiltrazioni di miliziani sciiti, oltre che per tagliare le linee di comunicazione terrestre idonee all’approvvigionamento dei terroristi di Hezbollah da parte di Teheran.
In Siria una riproposizione dell’apparato di sicurezza di Tehran
In tale quadro, si pongono ulteriori notizie provenienti dal Vecchio Continente, secondo le quali sarebbe in atto una nuova campagna di reclutamento di volontari per rimpinguare le milizie jihadiste siriane, come anzidetto, non più sotto la forma di gruppi terroristici clandestini, ma quali componenti dell’apparato statale, ovvero, riproducendo l’esempio dei Pasdaran iraniani, ufficialmente riconosciuti, e interagenti con i servizi di intelligence di Teheran, in primis il Vevak.
Per meglio dettagliare la strategia di al Jolani, che include lo schema seguito dopo il 1979 dall’Iran, ricordiamo che l’apparato di Teheran include le Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), meglio note come Pasdaran, al cui interno agisce autonomamente la Forza Quds (o Al-Quds), un’unità speciale all’interno dell’IRGC responsabile delle operazioni all’estero.
Più pragmaticamente, l’IRGC si occupa di operazioni di sicurezza interna e protezione del regime iraniano, mentre la Forza Quds è protesa principalmente all’estero, supportando gruppi come Hezbollah e organizzando operazioni militari o di intelligence in Iraq, Siria, Libano, Yemen e altre aree di interesse strategico per l’Iran.
Allo stesso modo, al Jolani intenderebbe costruire le basi per una forza di chiara matrice islamista che possa operare all’interno del paese in parallelo ai Talebani afghani, con la repressione del dissenso, il rispetto della Sha’aria, la riproposizione dei divieti e delle regole verso le donne. A tal proposito è di oggi la nomina del nuovo ministro della Giustizia, tale Shadi Al Waisi, che per fugare ogni dubbio ha dichiarato: “Non vi saranno più donne giudici, le corti saranno composte unicamente da uomini e i procedimenti attualmente in mano a donne saranno avocate da uomini”.
Nella medesima direzione verrà indirizzata la componente rivolta all’estero che si dedicherebbe per lo più alla predicazione di esegesi coraniche di chiaro stampo jihadista ed anti-occidentale e al reclutamento di adepti da inviare in Siria per il successivo incorporamento. Il tutto nella prospettiva di condurre nuove e più eclatanti campagne terroristiche con il supporto delle masse di immigrati per lo più completamente scevre da ogni tentativo di integrazione ed anzi intenzionate ad imporre le proprie tradizioni, lingue e regole religiose in Occidente. Un panorama esagerato? Non pensiamo di proporre un quadro inquietante al solo scopo di esacerbare gli animi, ma più semplicemente nel tentativo di rendere coscienti le popolazioni indigene europee del futuro che li attende.
Una nuova campagna di reclutamento di aspiranti “martiri” in Europa
Per rendere più concreto il quadro della nuova iniziativa delle cellule jihadiste presenti ed operanti in Europa, infatti, è bene rappresentare alcune peculiarità.
Nel corso dell’offensiva dei miliziani di al Jolani, sono stati sequestrati ingenti quantitativi di Captagon, la cosiddetta droga della jihad, già utilizzata da numerosi terroristi impiegati in Medio Oriente ed in Europa. La gestione della produzione e del traffico della sostanza, un farmaco sintetico con effetti stimolanti creato con una combinazione di fenetillina, (composto chimico creato negli anni ’60, che viene metabolizzato nel corpo in anfetamina e teofillina, due sostanze con effetti psicoattivi che riduce la fatica e la paura), era gestito da Maher Assad, fratello minore del deposto presidente.
La sostanza in pasticche veniva, e probabilmente verrà, smistata su rotte di Giordania, Arabia Saudita verso l’Italia in alternativa a quella siro-libanese diretta sempre verso le coste della nostra Penisola. Tutto ciò con il duplice scopo di trarre profitto dalla vendita al dettaglio della sostanza stupefacente ma, soprattutto, rifornire le cellule dormienti in Europa.
In relazione alle attività di reclutamento in Europa, all’inizio del mese di dicembre, una diciannovenne keniota residente nel Milanese è stata arrestata all’aeroporto di Orio al Serio mentre tentava di partire per la Turchia con l’intento di unirsi all’ISIS in Siria, una volontaria intransigente che, però, mal si confà alla situazione che, dai primi del mese ad oggi, ha subito una completa evoluzione.
Nel contempo, altre informazioni raccolte hanno evidenziato come anche in Belgio, Olanda e Germania, le adesioni volontarie alla jihad siriana si stanno moltiplicando e tra i soggetti ritratti in materiali foto-video, alcuni di essi paiono impegnati in attività ricognitive in prossimità di obiettivi sensibili presenti nelle nazioni di provenienza. Così per alcuni video con lo sfondo di Bruxelles, Mechelen, Anversa, Berlino ed altre località europee note per le attrattive turistiche e munite di linee di metropolitana ben documentate nei video nei neo jihadisti.
L’itinerario percorso dai “reclutati” inizia dal Paese di residenza per lo più attraversando Austria, Italia (Trieste o Brindisi), Croazia, Bosnia, Grecia (Salonicco) per giungere in Turchia, così come i “volontari” in possesso di passaporto della UE che possono bypassare il lungo tragitto e prendere semplicemente il volo per Istanbul, dove jihadisti locali, addetti al ricevimento ed allo smistamento delle reclute, provvedono al loro invio in Siria attraverso percorsi tortuosi già in mano ai miliziani di Hayat Tahrir al Sham.
(nel video, una ragazza siriana preannuncia la proclamazione dell’obbligo di indossare l’hijab)
In definitiva il panorama attuale non è altro che una riproposizione della fondazione dello Stato islamico indotta da Abu Bakr al-Baghdadi celata, con scaltrezza, dal volto di facciata del nuovo establishment che, a differenza dell’Isis, non ha inteso momentaneamente rendere pubbliche le loro reali intenzioni.
Ma le testimonianze dirette tratte dal mero monitoraggio della moltitudine di social network attivi, si evince con estrema chiarezza come la futura politica già peraltro intrapresa “sotto silenzio” da al Jolani non farà altro che incrementare il bacino dei potenziali terroristi pronti a “martirizzarsi”, con i rischi connessi ad un deciso ritorno alle campagne jihadiste condotte in Europa in un’epoca neanche troppo lontana.