Sale la tensione tra Russia e Stati Uniti sulla Siria. Mosca ha schierato , infatti, sistemi missilistici S-300 nella base di Tartus, sulla costa siriana. Una decisione che arriva dopo settimane di tensione e a seguito della decisione americana di sospendere i contatti bilaterali. La rottura, secondo il segretario di Stato John Kerry, era “inevitabile”, ma la via per la pace non è sbarrata. “Con gli Stati Uniti non stiamo vivendo una nuova guerra fredda”, ha poi dichiarato l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vitaly Churkin. Nonostante le dichiarazioni delle rispettive diplomazie, tra i due paesi lo scontro è a livelli altissimi. La fedeltà di Mosca al regime siriano di Bashar al Assad, è un freno per il dialogo, secondo Washington. Per il segretario di Stato, Kerry, quella del Cremlino “è’ una scelta irresponsabile e profondamente mal consigliata”. Accuse a cui ha replicato il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, accusando gli Stati Uniti di essere pronti a scendere “a patti con il diavolo” pur di mettere Assad fuori gioco. Intanto, sul campo, la situazione si fa sempre più drammatica. Aleppo, ancora una volta, è al centro della contesa.
I soldati siriani, con il supporto aereo russo, continuano la loro avanzata all’interno dei quartieri orientali della città, roccaforte di ribelli e jihadisti. L‘obiettivo del governo di Damasco è interrompere le principali linee di rifornimento degli insorti e mettere in sicurezza le zone appena conquistate, per poi prepararsi alla battaglia finale in uno scontro che vede coinvolti più di 200.000 civili. Secondo le Nazioni Unite, ad Aleppo, sono in atto “crimini di guerra”. Secondo il capo del Consiglio dei diritti umani Onu di Ginevra, Zeid Ra’ad Al Hussein, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe “trovare un modo per limitare il ricorso al potere di veto” dei membri permanenti, “quando ci sono gravi timori che possano essere stati commessi crimini di guerra, crimini contro l’umanità’ o genocidio”. “Siamo chiari: coloro che usano armi sempre piu’ distruttive, sanno quel che fanno. Sanno di star commettendo crimini di guerra” , ha dichiarato Ban Ki Moon. Un riferimento velato alla Russia, principale potenza internazionale direttamente coinvolta nel conflitto. Non solo Aleppo e non solo la Russia, al centro della partita siriana torna prepotentemente anche la Turchia. In un gioco al massacro senza fine, il governo di Ankara è impegnato nella sua guerra personale contro i curdi. Da più di un mese, l’esercito turco fornisce supporto diretto a milizie siriane anti curde con l’obiettivo di creare una fascia di sicurezza, che impedisca ai curdi siriani di avanzare a ridosso del confine .
Una presenza ingombrante quella di Ankara, che ora deve scontrarsi anche con le proteste che arrivano dall’Iraq. Il governo di Baghdad ha attaccato duramente il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, intimandogli di ritirare le sue truppe dal nord del paese, dopo che, quest’ultimo, in una recente dichiarazione a proposito della situazione a Mosul, si era auspicato una “pulizia etnica” della città, augurandosi la presenza solo di “arabi sunniti, curdi sunniti, turkmeni”. Parole pesanti che, secondo il premier iracheno Haider al-Abadi, possono portare a una “guerra regionale”.