La Russia, in questa lunga marcia verso l’invasione dell’Ucraina, ha dimostrato avanzate forme di disinformazione a livello strategico per creare un’ampia tassonomia di strategie di influenza creando, complice la complessità e ambiguità dell’ambiente informativo e dei messaggi, dissonanze cognitive e disorientamento operativo.
Questa azione aggressiva nei confronti dei pubblici occidentali è volta a creare dissenso per destabilizzare le rispettive società di appartenenza, disorientare, dividere e polarizzare gli schieramenti politici corrodendo la coesione politica e l’unità nazionale, delegittimando e gettando discredito sulle istituzioni e sui mezzi d’informazione e, in ultima analisi, mettendo in discussione il concetto stesso di democrazia.
Le stesse tecniche, osservate nel recente conflitto in Ucraina del 2014, si basa su studi e ricerche dell’epoca sovietica (se non addirittura dell’epoca zarista) e che hanno portato allo sviluppo di del cosiddetto “controllo riflesso”.
Il motivo di tali aggressioni lo rinveniamo nella nuova dottrina militare russa (Voennaya Doktrina 2014), aggiornata il 26 dicembre 2014, non solo menziona, al paragrafo (b), ‘le rivoluzioni colorate’ come una delle minacce principali per la Federazione Russa, ma cita apertamente la NATO come la minaccia militare più pericolosa (paragrafo (a)). A giugno 2015, Nikolai Patrushev, il Segretario del Consiglio russo di Sicurezza, invitava le élite russe a contrastare gli sforzi di indebolire significativamente la Russia attraverso “una destabilizzazione dell’Ucraina apertamente indotta dall’Occidente”.
I principi non sono cambiati nella storia. Le basi dell’inganno che osserviamo perpetrarsi attraverso la stampa e i media elettronici non si discosta molto dai Protocolli dei savi Anziani di Sion, una falsificazione propagandistica antisemita creata dall’Ochrana, la polizia segreta zarista, in forma di documento segreto attribuito a una fantomatica cospirazione ebraica e massonica il cui obiettivo sarebbe stato quello di impadronirsi del mondo. La successiva politica di Lenin degli “utili idioti”, raffinata poi dal KGB, ha portato alle cosiddette “misure attive” per indebolire l’Occidente, per incuneare le alleanze della comunità Occidentale di ogni tipo, in particolare la NATO, per seminare discordia tra alleati, per indebolire gli Stati Uniti agli occhi delle persone in Europa, Asia, Africa, Latina America, e quindi preparare il terreno, nel caso si verificasse un conflitto generalizzato. Putin ha ripreso integralmente e raffinato il modello sovietico operando su TV e social media.
Storicamente, gli attori internazionali hanno sempre impiegato queste tattiche asimmetriche e “ibride” che miravano a minare i loro avversari attraverso la manipolazione della verità, l’erosione della credibilità e il targeting del discorso politico. Gérard Bornner si esprime, addirittura, in termini di “Apocalisse cognitiva.”
Nel mondo post-moderno e delle post-verità, la tecnologia influenza, sfida e trasforma il panorama informativo e i suoi sviluppi forniscono agli attori avversari nuove opportunità di sovversione politica e di disinformazione. Nelle parole di Vladislav Surkov – un consigliere del presidente russo, Vladimir Putin – la Russia vuole manipolare le informazioni disponibili agli elettori, inserendo disinformazione e propaganda nell’ecosistema mediatico al fine di “interferire nelle vostre menti e cambiare le vostre coscienze.”
Così, si sono palesate campagne aggressive soprattutto sui social media, che possono veicolari messaggi molto manipolativi, perché si sfruttano sottilmente pregiudizi radicati, o instillati, nei pubblici di riferimento e si inducono altre distorsioni cognitive che, in ultima analisi, alterano i processi cognitivi alla base della partecipazione democratica. Il nuovo centro di gravità è la capacità cognitiva dei pubblici, indipendentemente dal loro status di legittimo combattente o civile, connotando lo scontro di civiltà come un confronto cognitivo: una “cognitive warfare”.
Paradossalmente, fornire supporto militare e tecnico a gruppi radicali e movimenti separatisti in altri paesi (come nel caso di Ucraina, Siria o Turchia), fornire sostegno finanziario a movimenti di estrema sinistra e destra in tutta Europa, spendere un budget considerevole per finanziare campagne di propaganda nei media mondiali e notizie false sui famigerati canali RT e Sputnik, intimidazione degli stati baltici tramite la guerra informatica, rapimenti, esercitazioni militari senza preavviso, intraprendendo la cosiddetta guerra dei droni in aria e avviando mosse provocatorie ai confini, hanno minato la credibilità confermando quanto dichiarato nel 2008 da Albright e cioè che “la Russia ha acquisito territorio ma ha perso credibilità. Il guadagno in influenza [di Putin] è effimero. La storia è costellata di aggressori che hanno temporaneamente trionfato. Poi, sono caduti”.