Certamente costruita già nel corso del Novecento, la partnership politica tra l’Algeria post Bouteflika e la Russia putiniana è emersa con maggiore evidenza ed è risultata progressivamente più solida in seguito ad alcune particolari vicende diplomatiche registratesi negli ultimi anni, nonché in ragione del nuovo contesto globale seguito alla crisi Ucraina-Russia e segnato da una sorta di divisione bipolare del mondo dai tratti novecenteschi. La recente intensificazione delle relazioni è avvenuta, poi, in un contesto regionale in cui i russi, soprattutto per il tramite del Gruppo Wagner, hanno esteso la propria presenza al confine con l’Algeria (si guardi, in particolare, a quanto sta accadendo in Mali con riferimento ai nuovi rapporti bilaterali della giunta militare).
Algeri e Mosca hanno condiviso un forte legame sin dalla guerra di indipendenza coloniale del paese nordafricano e hanno costruito, soprattutto negli anni Settanta-Ottanta, una stretta collaborazione in particolare nel settore militare. Sebbene le relazioni si siano ridimensionate negli anni Novanta, soprattutto in ragione della crisi economica della Russia post- sovietica e delle vicende interne algerine, a partire dai primi anni Duemila, le relazioni si sono nuovamente intensificate. Il rapporto tra i due Paesi si è basato soprattutto sul partenariato commerciale militare: l’Algeria ha, infatti, concluso nel corso degli ultimi decenni una serie di accordi per la fornitura di armi da parte della Federazione Russa, del valore tale per cui Mosca risulta attualmente il primo fornitore militare per il Paese nordafricano mentre, dall’altro lato, Algeri si posiziona come il terzo importatore di armi dalla Russia dopo India e Cina. Si stima che le armi di fabbricazione russa rappresentino circa il 69% dell’arsenale algerino, dato a cui va aggiunto il fatto che la maggior parte dei vertici militari algerini si sia formata nelle accademie moscovite. La cooperazione tra i due paesi non si è tuttavia limitata ai soli aspetti militari: nel 2001, durante una visita ufficiale dell’allora presidente Abdelaziz Bouteflika in Russia, i due Paesi hanno firmato una dichiarazione di partenariato strategico che costituisce ancora oggi il riferimento ideologico delle relazioni russo-algerine; e nel marzo 2006 il presidente russo, Vladimir Putin, ha visitato Algeri per negoziare la liquidazione del debito di 4,7 miliardi di dollari risalente all’era sovietica, accettando la sua cancellazione in cambio di un accordo per l’acquisto da parte dell’Algeria di una certa quantità di beni industriali russi. Nell’agosto dello stesso anno, la cooperazione tra i paesi si è approfondita con la firma di un Memorandum d’intesa tra Gazprom e Sonatrach, rispettivamente le compagnie petrolifere russa e algerina, attraverso il quale la russa Gazprom ha aiutato la Sonatrach a sviluppare la produzione di Gas Naturale Liquefatto (GNL). Nel settembre del 2014 è stato poi firmato un accordo di cooperazione tra l’agenzia russa Rosatom e il Ministero dell’Energia algerino in materia di sviluppo del nucleare civile in Algeria a cui ha fatto seguito, nel 2016, la firma di una dichiarazione di intenti tra la Rosatom e la Commissione algerina per l’energia atomica per la costruzione di centrali nucleari di progettazione russa in Algeria (la costruzione di questi impianti è prevista nel quinquennio 2025-2030). Nel maggio 2020, Sonatrach ha firmato un Memorandum d’intesa con la russa Lukoil per una partnership nell’esplorazione e nella produzione nel Paese nordafricano. Più recentemente, Sonatrach e hanno annunciato un piano di sviluppo e costruzione del campo di al-Assel nel deserto algerino: la joint venture, che dovrebbe iniziare la produzione nel 2025, vede una partecipazione del 51% della Sonatrach e del restante 49% della Gazprom.
Quantomeno in anni più recenti, in ragione di un contesto internazionale differente, tali sviluppi delle relazioni algerine con la Russia non hanno compromesso lo stato dei rapporti tra l’Algeria e l’Occidente: il Paese nordafricano ha, infatti, ricoperto un ruolo di altissimo valore geostrategico per Washington e per l’Europa nella partita legata al terrorismo internazionale di matrice jihadista. Fino a qualche anno fa, dunque, le relazioni tra Algeri e Washington sembravano in costante e progressiva ascesa, toccate solo marginalmente dagli sviluppi del rapporto con Mosca. Tuttavia, con la forte riduzione della minaccia derivante dai gruppi terroristici, insieme alla nuova visione strategica impostata dagli USA negli anni della Presidenza Trump, si è delineato per l’Algeria uno scenario di crescente preoccupazione con riferimento alla propria posizione regionale e ai propri rapporti con i paesi terzi pivot delle dinamiche internazionali. In tale contesto e soprattutto con l’arrivo alla presidenza di Abdelmadjid Tebboune nel 2019, quei rapporti già costruiti con Mosca fin dall’inizio del nuovo secolo sono stati progressivamente consolidati. Tale riequilibrio dei rapporti da parte dell’Algeria ha assunto le tinte di una vera e propria revisione strategica dopo il dicembre 2020, quando l’ex amministrazione USA Trump ha riconosciuto la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale. Tale decisione, infatti, è stata intesa da Algeri come una vera minaccia alla propria sicurezza nazionale e alla propria posizione regionale. Il nuovo orientamento, maggiormente propenso a riconoscere le pretese marocchine sulla regione del Sahara Occidentale, che si sta sviluppando in seno alla comunità occidentale, si è tradotto per l’Algeria in un concreto rischio di perdita di influenza nella regione mediterranea e nel mondo arabo, a vantaggio potenzialmente proprio del tradizionale avversario marocchino. Il nuovo approccio USA ha, dunque, comportato per Algeri un processo di marginalizzazione e isolamento senza precedenti rispetto al mondo occidentale, non soltanto d’oltre oceano, ma anche europeo: si pensi in tal senso alla recente decisione del governo spagnolo Sánchez di esprimersi anch’esso a favore dei desiderata marocchini sul Sahara Occidentale.
Proprio nel tentativo di uscire da questo isolamento diplomatico, Algeri ha dunque iniziato a muoversi con sempre maggiore convinzione verso le cosiddette “potenze revisioniste”, Russia e Cina in particolare, declassando i propri rapporti con l’Occidente e adottando, soprattutto nei confronti dell’Europa, un atteggiamento sempre più perentorio (si guardi, ad esempio, alla decisione di Algeri di sospendere il trattato di amicizia con la Spagna). In questo senso l’alleanza informale con Russia e Cina ha fornito ad Algeri, negli ultimi due anni, cioè dopo la firma degli accordi di Abramo e la conseguente decisione USA relativa alla sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, un biglietto per poter uscire dall’isolamento politico in cui sembrava essere caduta. Dal canto loro, Mosca e Pechino sono apparse ben liete di sfruttare l’insoddisfazione di Algeri per rendere più profonde le crepe createsi nel rapporto tra l’Algeria e l’Occidente, nel tentativo di spingere sull’acceleratore di una revisione totale dell’orientamento politico del paese nordafricano.
Questa revisione dell’impianto di politica estera da parte dell’Algeria è stata evidenziata prima di tutto da una politica estera maggiormente intransigente nei confronti dell’Europa, di cui è espressione la già citata crisi diplomatica in corso con la Spagna, ma anche e soprattutto dall’astensione dell’Algeria al voto relativo alla risoluzione di condanna della Russia da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a poche settimane dallo scoppio della crisi Ucraina-Russia (quasi un ricorso storico di vichiana evocazione: nel 1968 Algeri si astenne dalla risoluzione che condannava l’invasione sovietica della Cecoslovacchia) e dal voto, questa volta espressamente contrario, sulla risoluzione relativa all’espulsione della Russia dal Consiglio dei Diritti Umani. Algeri non ha mai condannato né sostenuto apertamente l’invasione russa dell’Ucraina; tutte le dichiarazioni rilasciate dal Ministro degli Esteri algerino soprattutto all’inizio delle ostilità sono state incentrate sulle condizioni dei cittadini algerini in Ucraina e sulle eventuali necessità di rimpatrio. Sebbene l’Algeria abbia cercato di assumere una posizione cauta sulla crisi in Ucraina, evitando comunque un sostegno esplicito a Mosca, de facto la sua politica è stata finora caratterizzata da una “moderazione parzialmente sbilanciata” a favore della Russia, o, leggendola al contrario, quantomeno da una politica non di supporto alle posizioni europee e statunitensi. Oltre ai già citati voti espressi nei consessi internazionali, almeno altre due circostanze hanno evidenziato una maggiore vicinanza politica dell’Algeria alla Russia: in seguito ad alcune notizie pubblicate sulla stampa francese all’inizio della crisi in Ucraina circa la disponibilità da parte dell’Algeria di sostituirsi alla forniture di gas russe, Algeri ha negato di essere pronta ad aumentare le esportazioni di gas verso l’Europa nel caso in cui la Russia avesse interrotto il flusso gasiero. I funzionari algerini hanno precisato, realisticamente, che l’Algeria non sarebbe stata in grado di far fronte a uno stop totale delle esportazioni di gas dalla Russia verso l’Europa. Sebbene le dichiarazioni algerine corrispondano a conti fatti a una realtà matematica, è pur vero che esse hanno contributo ad aumentare le preoccupazioni in un contesto, quello europeo, alle prese con le pressioni derivanti da un’opinione pubblica già provata dalle conseguenze economiche della pandemia Covid-19. La seconda circostanza che ha fatto intravedere una politica di “sbilanciata moderazione” ha riguardato la netta opposizione da parte di Algeri al piano previsto dall’Ucraina relativo al reclutamento di mercenari da tutto il mondo: l’Algeria ha, infatti, fortemente protestato contro l’annuncio pubblicato sull’account Facebook dall’ambasciata ucraina in Algeria con il quale veniva espresso il desiderio di reclutare cittadini stranieri per una resistenza congiunta contro l’occupazione russa e per difendere la sicurezza globale. La richiesta del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, considerata a tratti eroica in molti Paesi, è stata al contrario fortemente condannata dall’Algeria, la quale ha evidenziato il pericolo che la partecipazione alle ostilità in Ucraina da parte di cittadini stranieri, in questo caso algerini, consentirebbe loro di acquisire una esperienza militare che, al rientro in patria, potrebbe costituire un estremo pericolo per la sicurezza nazionale dell’Algeria stessa. Seppur logicamente giustificata con tali argomentazioni, la posizione algerina sulla questione dei combattenti stranieri potrebbe riflettere anche la necessità di tutelare la propria partnership con Mosca. Se le circostanze citate si sono manifestante nel mondo della diplomazia e della politica, l’Algeria non ha mancato di dare segnali più radicali di vicinanza alla Russia anche in ambito militare: a inizio settembre 2022, Algeri ha partecipato per la prima volta, con un centinaio di uomini, alle esercitazioni militari “Vostok” tenutesi nell’estremo est della Russia continentale. Le manovre militari hanno coinvolto più di 50.000 uomini, di cui circa 10.000 delle forze armate cinesi; oltre a Russia, Algeria e Cina hanno partecipato all’esercitazione India, Armenia, Kazakistan, Siria, Nicaragua, Laos, Mongolia, Azerbaigian, Bielorussia, Tagikistan e Kirghizistan. Se già questa partecipazione ha mandato un segnale chiaro sulla linea politica algerina, ulteriore conferma è arrivata con la decisione, di Algeri e Mosca, presa nel contesto della crisi ucraina, di tenere, a novembre 2022, una nuova esercitazione congiunta questa volta sul territorio algerino. In particolare, l’esercitazione, dal nome “Desert Shield”, interesserà l’area della III regione militare algerina, nella zona di Hammaguir (wilaya di Béchar), a circa 50 km dal confine con il Marocco. Sebbene le autorità algerine abbiano giustificato l’esercitazione con ragioni legate allo sviluppo delle capacità nell’antiterrorismo, la scelta del quadrante in cui operare potrebbe avere anche una finalità simbolica, legata alla contesa in atto con il Marocco sul Sahara Occidentale. Proprio il dossier del Sahara Occidentale ha comportato negli ultimi anni un progressivo deterioramento dei rapporti bilaterali tra Algeria e Marocco, sfociato nella decisione algerina dell’agosto 2021 di sospendere le relazioni diplomatiche con il Marocco e in una lunga serie di accuse da parte di Algeri di atti ostili condotti da Rabat lungo il confine. In un siffatto contesto diplomatico, la partecipazione russa all’esercitazione militare in prossimità del confine con il Marocco potrebbe intendersi anche come un messaggio simbolico inviato oltre che all’élite marocchina anche ai suoi stessi sostenitori internazionali: non sembra infatti un caso che l’esercitazione prevista “Desert Shield” sia stata organizzata a pochi mesi di distanza da quella congiunta USA “African Lion” che si svolge in Marocco con cadenza annuale e che a giugno di quest’anno ha interessato anche alcune aree del Sahara Occidentale al confine con l’Algeria. Dal canto suo, Mosca si è diplomaticamente schierata a favore dell’Algeria sulla questione del Sahara Occidentale, soprattutto con l’intento di utilizzare tale intesa diplomatica per contrastare l’alleanza del Marocco con gli USA, nonché, probabilmente, per accrescere le preoccupazioni statunitensi in merito alla presenza russa nella regione. Dal punto di vista strategico l’Algeria spera, invece, di utilizzare i suoi rafforzati legami con Mosca per poter uscire dall’isolamento in cui si è ritrovata dopo la svolta diplomatica di Trump sul Sahara Occidentale. Massima espressione di questa strategia algerina volta a creare le condizioni per il proprio inserimento in una rete di nuove alleanze si ritroverebbe nella volontà, espressa pubblicamente dal Presidente Tebboune in diverse recenti occasioni, di entrare nel gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).
La crisi ucraina ha dunque reso più palese il rapporto amichevole tra Mosca e Algeri, il quale sembra costituire un importante tassello nella exit-strategy dall’isolamento politico-diplomatico in cui l’Algeria si è sentita relegata nell’ultimo biennio. Proprio le tensioni tra la Russia e l’Europa in materia di energia, conseguenti all’inizio delle ostilità in Ucraina, hanno infatti consentito ad Algeri di proporsi come player fondamentale per molti Paesi europei nella ridefinizione delle proprie linee strategiche e di interesse nazionale in ambito energetico. L’Algeria, esportatore di energia di lunga data verso l’Europa meridionale, ha visto negli ultimi mesi aumentare considerevolmente le proprie vendite di gas in tutto il continente europeo. Questo, sotto un primo punto di vista, meramente economico, ha comportato un vantaggio per la debole economia algerina, provata dagli anni della pandemia globale Covid-19, poiché la bilancia commerciale ha potuto beneficiare di un surplus degli introiti derivante dai maggiorati prezzi del petrolio e del gas. Certamente non può dimenticarsi che a fronte dell’aumento delle entrate per il petrolio l’Algeria ha visto aumentare i costi delle materie prime alimentari. Pur tuttavia, l’aumento delle entrate derivanti dalle esportazioni di gas in Europa e gli accordi sulla commercializzazione del grano con la Russia appaiono in grado, almeno per il momento, di scongiurare una crisi alimentare per carenza di grano nel Paese. Da un secondo punto di vista, il nuovo ruolo cruciale dell’Algeria nelle dinamiche di sicurezza energetica europee potrebbe costituire anche un vantaggio in termini politici; il Paese nordafricano, come detto alla ricerca di una nuova rilevanza regionale, potrebbe riacquisire una centralità nell’agenda europea come partner cruciale in materia di sicurezza energetica. In tal senso è emblematico l’accordo firmato con l’Italia ad aprile 2022, tramite il quale l’Algeria consoliderà la propria posizione di primo fornitore di gas della Penisola, prendendo il posto che prima delle sanzioni per l’aggressione all’Ucraina era occupato proprio dalla Russia.
Sebbene, dunque, dal punto di vista energetico, Algeri e Mosca possano essere viste quasi come competitor, è pur vero che, in ragione del rapporto bilaterale costruito su considerazioni di opportunità e di interessi reciproci, è improbabile che Algeri possa compromettere le proprie relazioni con Mosca sulla base di pressioni esercitate da un’Europa che al momento vede proprio nell’Algeria una parte fondamentale nella soluzione della complessa equazione geopolitica relativa al reperimento dell’energia. Al contrario, è verosimile supporre che Algeri cercherà di guadagnare quanto più possibile dall’Europa, in termini soprattutto economici, e dal suo rapporto amichevole con la Russia, in questo caso anche in termini diplomatici con particolare riferimento al supporto sulla questione del Sahara Occidentale. Ciò comporterà una politica formalmente di moderazione ed equilibrio ma che con ogni probabilità continuerà a essere caratterizzata da uno sbilanciamento a favore di Mosca e da un atteggiamento che potrà declinarsi anche come potenzialmente provocatorio nei confronti dei paesi europei.
Se dunque al momento l’Algeria sembra aver riguadagnato una buona mano di gioco per non essere più relegata in posizioni marginali, dall’altro lato del Mediterraneo, saranno proprio i paesi europei a trovarsi di fronte a decisioni politiche estremamente delicate poiché caratterizzate dalla necessità di conciliare diverse declinazioni dell’interesse nazionale. Sotto un primo profilo, sarà fondamentale il bilanciamento delle linee politiche seguite in materia di energia (e dunque degli accordi con Algeri) con la possibilità che l’Algeria possa essere sempre più integrata nella “orbita” delle “potenze revisioniste”; a tal proposito si segnalano le posizioni espresse da alcune fonti diplomatiche, secondo le quali la decisione implementata dall’Algeria di un blocco commerciale nei confronti della Spagna potrebbe essere frutto di decisioni prese anche con Mosca. Sotto un secondo profilo, altrettanto fondamentale sarà, per molti paesi europei, il bilanciamento delle posizioni sul dossier del Sahara Occidentale, tema sul quale non potranno certamente contraddirsi le scelte diplomatiche d’oltreoceano ma contestualmente non sarà possibile neanche intraprendere decisioni politiche tali da poter sollevare il rischio di ritorsioni “energetiche” da parte dell’Algeria.