Putin verso il quarto mandato da presidente. I media mainstream ormai lo sostengono da giorni, quasi fosse una ecatombe, e lasciando intendere che i russi sono un popolo di idioti manipolati da un dittatore feroce e spietato. Ma forse non è proprio così e sostenerlo non significa essere filo-sovietici perché, se qualcuno non se ne fosse accorto, l’Unione Sovietica non esiste più da anni. Ed è proprio questo il punto di svolta che, probabilmente, condurrà Putin ancora alla vittoria.
Questa mattina si sono aperti i seggi e Vladimir Putin ha già votato. La sua figura troneggia, anche e soprattutto sul palcoscenico mondiale, da più di vent’anni. Secondo un recente sondaggio del centro demoscopico Vtsiom, a questo giro elettorale potrebbe ottenere una forbice di consensi che va dal 69 al 73%, frutto, soprattutto, di una politica estera forse discutibile, ma sicuramente idonea a comparare i russi attorno alla figura dello “zar” di Mosca che ha creato una vastissima fascia di consensi anche in Occidente, Italia compresa.
Il consenso popolare ottenuto da Vladimir Putin, è paragonabile a quello, non certo spontaneo, dell’Unione sovietica degli anni ’60, durante il periodo delle crisi internazionali che portarono sull’orlo del confronto nucleare con gli Stati Uniti. Ma a differenza di quell’epoca, il terreno di scontro non riguarda strategie di espansionismo ideologico o territoriale, ma una crescita esponenziale di popolarità politica ed economica della federazione russa che, sotto la guida di Putin, ha conosciuto, soprattutto negli ultimi dieci anni, un periodo di crescita vertiginosa del prodotto interno lordo e della ricchezza individuale che, sotto ogni aspetto etico, rendono inattaccabile l’attuale presidenza.
Non reggono i paragoni con i leader occidentali
Nell’Unione europea non si trova traccia di personalità di rilievo che possano competere con lo Zar, mentre, l’astro di Trump, viene continuamente offuscato da beghe interne e da uno staff non propriamente granitico nella sua composizione da circo equestre, legato più ai problemi prostatici di Trump che alle reali necessità del Paese. Ma pur nella sua immagine pittoresca, il presidente americano sta modificando a suo modo il panorama della politica interna e anche estera degli Usa.
Salito al potere all’alba del nuovo millennio, si dovette confrontare da subito con il problema ceceno, e la conseguente recrudescenza del conflitto caucasico. Putin vide accrescere la propria popolarità con la risolutezza dimostrata nel combattere i separatisti, appoggiati dalle milizie islamiste guidate da Shamil Basayev, che nel frattempo avevano invaso il confinante Daghestan nel tentativo di creare un fronte unitario caucasico che si contrapponesse all’offensiva dell’esercito russo. Proprio in quei giorni, Putin, si recò in visita alle tappe russe impegnate nei combattimenti.