Nei difficili rapporti tra il nostro Paese e il governo libico di Tobruk (non riconosciuto dalla comunità internazionale) potrebbe inserirsi un variabile non del tutto indifferente. In particolare, una lista di soggetti legati al terrorismo islamista contenente 75 nominativi è stata presentata nel giugno 2017 proprio da Tobruk ai quattro Paesi arabi firmatari dell’embargo contro il Qatar, per l’inserimento nel più copioso elenco delle entità connesse con il finanziamento e l’appoggio alle organizzazioni dei network jihadisti.
9 organizzazioni e 75 terroristi
Nella lista, redatta dalla commissione Difesa e sicurezza della Camera dei rappresentanti di Tobruk, sono inserite 9 organizzazioni e 75 terroristi qatarioti che compaiono nella black list stilata da Arabia Saudita, Emirati arabi, Bahrein e Egitto. L’elenco contiene altri 59 nominativi tra i quali lo sceicco Yusuf Qaradawi, presidente dell’Unione mondiale degli ulema e telepredicatore per l’emittente qatariota Al Jazeera, e quello di Wagdi Ghoneim, predicatore egiziano già ospite, in passato, di alcuni centri islamici del nord Italia dove si esibì in discorsi dall’alto contenuto sessista. E, nella lista, spicca il nome di Abdullah bin Khalid al Thani, membro della famiglia regnante ed ex ministro dell’Interno dello Stato del Golfo, in rapporti con il defunto Oussama bin Laden tra il 1996 e il 2000. Nel dossier di Tobruk non mancano nominativi di islamisti libici, egiziani e sauditi, tra cui l’ex capo del Gruppo islamico combattente libico, Abdel Hakim Belhadj e l’ex sindaco di Tripoli e capo delle falangi al Liwwa al Umma, al Mahdi al Hariati.
Ecco perchè, forse, la presenza del Qatar nella conferenza sulla Libia organizzata dall’Italia a Palermo, ha indotto il generale Khalifa Haftar, leader della Libia orientale, a comparire ma non prendere parte attiva al vertice.
Ma non solo. I rapporti tra Italia e Qatar potrebbero aver ulteriormente “avvelenato” Tobruk e Haftar anche in seguito alla visita del nostro ministro degli interni, Matteo Salvini, a Doha. Successivamente a questa trasferta italiana, l’emiro qatariota, Tamim bin Hamad al Thani, è stato anche ricevuto con tutti gli onori dal presidente Mattarella a Roma.
Le accuse di Haftar a Doha
Non è la prima volta che il generale Haftar ribadisce le accuse contro il Qatar di collusione con il terrorismo. Già nello scorso dicembre aveva parlato apertamente del trasferimento di ingenti fondi destinati al network di al Qaeda da parte della filiale tunisina della Qatar national Bank che sarebbe stato intercettato dai servizi di sicurezza di Tobruk. Le pesanti accuse mosse contro il governo qatariota, colpevole di finanziare il terrorismo islamista rivolte anche dagli altri paesi del Golfo Persico e non solo, rappresentano una presa d’atto che, seppur tardiva, potrebbe portare alla luce la ramificazione dello jihadismo in termini planetari.
In tutto ciò il ruolo dell’Italia, fino ad ora, non è mai stato trasparente. Se da una parte ci diciamo pronti a combattere il terrorismo islamista, dall’altra non conteniamo l’espansionismo islamico connesso all’immigrazione che, ci pare giusto sottolinearlo, sono due fenomeni legati in modo indissolubile.
La visita dell’emiro qatariota, se dal punto di vista del mantenimento degli stretti rapporti economici che ci legano al Paese del Golfo, è una prassi consolidata negli ambienti diplomatici, la stessa non può certo trovare alcuna giustificazione sul mancato allineamento della pressione internazionale sul Qatar rivolta a stroncare ogni mezzo di finanziamento dell’estremismo islamico.