Le milizie filo governative libiche continuano la loro avanzata all’interno della città di Sirte. Dopo pesanti combattimenti le truppe, fedeli al governo di al-Serraj, avrebbero circondato gli ultimi jihadisti rimasti in quella che fino a un mese fa era considerata la roccaforte dell’Isis nel Nord Africa. Le milizie di Misurata, principale forza militare nell’offensiva anti Daesh, hanno conquistato numerosi punti strategici all’interno della città anche grazie al supporto aereo degli Stati Uniti. L’ultima a cadere nelle mani dei lealisti è stata la principale moschea cittadina, vera e propria piazzaforte degli uomini di al Baghdadi. L’offensiva militare ha costretto l’Isis, secondo le mappe più aggiornate, a ritirarsi in una porzione di territorio di appena due chilometri quadrati.
La liberazione di Sirte è il primo successo del governo di unità nazionale di al Serraj. Una vittoria importante sia dal punto di vista militare che politico. La cattura della roccaforte dell’Isis può rafforzare l’immagine di un governo percepito da molti libici come una creatura delle potenze straniere. Un successo di questa portata costringerebbe il governo di Tobruk del generale Haftar a riconsiderare la sua posizione in merito al governo di unità nazionale, anche se Egitto e Russia, principali sponsor dell’ufficiale, non hanno raggiunto un accordo con le potenze occidentali che sostengono l’esecutivo di Tripoli.
L’indebolimento della struttura terroristica di Daesh in Libia è un passo importante per il futuro del Paese, ma non basta per dichiararlo “sicuro”. La divisione in due grandi aree, quella della Tripolitania e della Cirenaica, ha riportato alla luce le antiche rivalità regionali. Al momento una riunificazione, almeno nel breve periodo, sembra improbabile. L’insediamento del governo di al Serraj aveva portato una ventata di ottimismo che si è subito scontrata con la realtà della situazione sul campo.
L’Isis e la minaccia jihadista non scompariranno con la presa di Sirte. La Libia è un paese ormai somalizzato, dove nelle zone del Fezzan e al confine con il Mali, vige un codice tribale fuori dal controllo sia del governo di Tripoli che di Tobruk. Per queste zone desertiche meridionali passano traffici di ogni tipo, inclusi jihadisti che potrebbero tornare a colpire le zone costiere, appena messe in sicurezza dalle forze governative. Intanto, le forze fedeli al generale Haftar avanzano verso est nella zona della cosiddetta “mezzaluna petrolifera”. Truppe corazzate sono arrivate a Zueitina, un villaggio a 10 chilometri dal terminal petrolifero presidiato dalla milizia di Ibrahim Jadran, il capo della Guardie Petrolifere. Jadran, ex alleato del generale, da alcuni mesi è passato con Tripoli. In cambio, le sue guardie hanno ricevuto il placet dell’Onu e arretrati di stipendio per una cifra pari a 40 milioni di dollari.
Chiusa la partita di Sirte, il prossimo terreno di scontro saranno i pozzi di oro nero. La battaglia tra le milizie di Misurata e quelle di Tobruk è solo questione di tempo. Mentre nelle città si combatte casa per casa, continua la tratta di esseri umani sulle coste mediterranee. La guardia costiera italiana ha dichiarato di aver salvato nella sola giornata del 29 agosto almeno 6.500 migranti naufragati al largo di Sabrata, sulla costa libica. Si tratta di uno dei numeri più alti di persone recuperate nei giorni scorsi.