E’ stata condannata all’ergastolo con l’accusa di aver aderito all’Isis in qualità di combattente. Si tratta della cittadina francese Melina Boughedir, arrestata l’estate scorsa a Mosul per tre anni capitale del Califfato islamico. La donna, 27enne, si era unita alle forze di Abu Bakr al Baghdadi per combattere la jihad sotto la spinta del marito, anch’egli francese, e portando con se in Iraq anche i quattro figli minori.
Mentre nel processo di primo grado la pena era stata contenuta in pochi mesi di detenzione per “ingresso clandestino nel paese”, la Corte di appello ha condannato all’ergastolo la francese, pur tenendo conto che per l’attuale legge irachena equivale a 20 anni di carcere. La donna si è sempre proclamata innocente, sostenendo di avere agito sotto le pressioni del marito che in più di un’occasione l’aveva minacciata di partire con i figli e di abbandonarla. Ma per la giustizia irachena e buona parte dell’opinione pubblica, Melina ha aderito volontariamente al Daesh combattendo attivamente contro le truppe di Baghdad.
L’apparizione della donna nell’aula del tribunale in abito e velo nero, ha sicuramente contribuito a maturare la convinzione che abbia effettivamente abbracciato gli ideali dell’Islam più radicale e che le supposte imposizioni del marito altro non fossero che una linea difensiva flebile portata avanti per ottenere clemenza. Di diverso avviso la difesa di Melina che, preannunciando un ulteriore appello, ha dichiarato che l’irrogazione della pesante pena detentiva sarebbe legata alla volontà della Francia di non fare rientrare la donna nel Paese transalpino, facendo eco alla Federazione internazionale per i diritti umani che ha espresso contrarietà all’operato del Tribunale poichè il processo si sarebbe svolto senza le necessarie garanzie difensive.