a cura di Raja
I recenti attacchi terroristici sul Continente europeo, in particolare in Francia, stanno sviluppando tra la popolazione una vera e propria fobia per l’Islam. Questa deriva di pensiero, diffusa soprattutto nel cittadino medio, non distingue l’Islam come credo religioso dall’islamismo puro, differenza che è alla base delle due maggiori accezioni della religione musulmana.
Hakim el Karoui, 47enne autore e saggista di origini franco-tunisine, esperto in questioni islamiche, ha recentemente proposto il testo “The Islamist Factory” in un’ottica di pensiero che invita alla conoscenza e alla comprensione sul tema dell’islamismo e sulle sue diverse forme. “L’ideologia islamista è spaventosa. Ma non è la paura che dovrebbe guidarci, ma la ragione. È comprendendo il funzionamento della macchina islamista che possiamo fornire una risposta alla sfida rivolta a noi”. Nelle sue precedenti pubblicazioni, “A french Islam is possible” nel settembre 2016 e “A new strategy for France in a new Arab world” nell’agosto 2017, il tema principale era focalizzato sull’Islam reale, quello puro. Mentre nell’ultimo saggio El Karoui analizza e spiega come il fenomeno dell’islamismo si sia diffuso, con precisi obiettivi e tragiche conseguenze.
Gli islamisti stanno creando una società alternativa
Sin dal principio della ricerca, l’autore chiarisce l’importanza di utilizzare l’uso del plurale nel sottolineare come tutti gli islamismi, nonostante le diversità di accezione per quanto riguarda la spiritualità e la professione del credo, hanno come elemento in comune una propria interpretazione del mondo e la volontà di vivere in un tipo di società “a sè stante” che si concentra nel dare un vero e proprio ruolo centrale alla religione ai fini del mantenimento del potere. Come spiega El Karoui, “stanno creando una società alternativa, separata, con un concetto chiave: Halal. Halal significa lecito, ma la società francese è percepita, da una piccola minoranza di musulmani, come illecita, impura. Così intendono creare una società diversa, con proprie regole, norme e comportamenti”.
Il 26% dei musulmani si definisce secessionista e autoritario
Sempre a proposito dei vari islamismi, è stato proprio un sondaggio nel 2016 dell’Istituto Montaigne a chiarire, in modo nitido, la situazione. Il 28% dei musulmani, infatti, si definivano come “secessionisti e autoritari”, ciò a riprova del successo dei movimenti che per anni si sono sovrapposti nella diffusione di messaggi distorti. I Tabligh con la predicazione soprattutto negli anni ’80, la Fratellanza Musulmana perorando la mobilitazione identitaria tra il 1989 e il 2005 e, infine, il Salafismo, diffusosi a livello mondiale in modo esponenziale, anche e soprattutto con l’ausilio dei social network e riuscendo ad affermarsi come la base sulla quale tutti i musulmani devono riferirsi affinchè venga professata e rispettata la vera concezione della pratica religiosa islamica.
L’islamismo serpeggiante in Europa
Per quanto riguarda il fenomeno in Europa, l’autore sottolinea che pur subendo variazioni di tipo sociale, i punti programmatici in comune tra gli islamisti di Francia, Belgio, Germania e Regno Unito, sono quelli indirizzati ad una mirata reislamizzazione dei musulmani che vivono nel Continente e dei loro discendenti.
Il problema dell‘islamismo serpeggiante si riversa anche nel contesto religioso quotidiano, diventando una questione che va affrontata a iniziare dalla difficoltà della comunicazione di un messaggio positivo: “Gli imam della Francia sono deboli, sono molto spesso stranieri, non parlano molto bene il francese, sanno molto poco del pubblico. Specialmente i giovani, non sanno come parlare con loro”, spiega El Karoui. L’autore poi afferma che “più i giovani sono educati, meno sono attratti dal fondamentalismo”. Gli effetti di questa problematica di comunicazione si riscontrano anche sul tipo di linguaggio utilizzato dai giovani delle banlieues, abituati ad esprimersi con un gergo ben distante sia dal francese che dall’arabo, e con i quali le difficoltà di trasmissione di un messaggio “positivo” dell’Islam si scontrano con la triste realtà quotidiana di abbandono sociale che si trovano a vivere.
I princìpi sostenuti dall’islamismo scaturiscono da una volontà di reale confronto conflittuale con il mondo occidentale, ma c’è un tipo di approccio che secondo El Karoui potrebbe funzionare. La soluzione, infatti, potrebbe trovarsi nella ricerca della compatibilità all’interno della società francese con l’Islam francese, creando degli apparati che riescano a offrire correttamente analisi, idee e valori religiosi nella Francia contemporanea. Un esempio è costituito dalle due associazioni Amif (Association musulmane pour un Islam de France) e Fif (Fondation pour l’Islam de France).
Secondo l’autore, è di vitale importanza che i musulmani stessi aderiscano a questa svolta, utilizzando soprattutto i social network e fornendo, così, una risposta diversificata da quella dominante, quella salafita, ai fini di offrire una valida alternativa.
Allo scopo di diffondere una controparte positiva, El Karoui sottolinea: “Chi può farlo? I musulmani. Quelli della Francia e dell’Europa, che devono mobilitarsi. Perché la soluzione verrà da loro”.
Il programma Prevent
El Karoui cita, a titolo di esempio, il sistema “Prevent”, studiato e attuato nel Regno Unito che viene utilizzato per monitorare le reti di comunicazione tra i giovani e che si è rivelato come una delle strategie anti-terrorismo più vincenti del governo britannico, poichè progettato per supportare le persone ritenute più a rischio di “unirsi a gruppi estremisti e svolgere attività terroristiche”. I punti cardine del programma “Prevent” sono quelli di preparare, proteggere e perseguire.
La strategia ha previsto che la polizia e i servizi sociali appositamente delegati costruiscano una rete di relazioni in tutto il Regno Unito, proponendo a leader religiosi, insegnanti, medici e altri soggetti di riferire ogni sospetto sulle persone a un ente locale denominato, per l’appunto, “Prevent” che provvede a una successiva valutazione sulla necessità di ulteriori azioni di prevenzione, protezione o intervento delle Autorità. Questo sistema ha permesso, solo nel 2015, il fermo di 150 persone, tra cui 50 minori, bloccati prima della partenza per le aree siro-irakene.
Proprio la Francia potrebbe rappresentare un trampolino di lancio per un vero progresso di positiva convivenza culturale e sociale, tenendo conto della presenza sul territorio Oltralpe di 20 milioni di musulmani, in continua e costante crescita, con i quali occorre stabilire un modus vivendi che prescinda dall’intoccabilità dell’identità francese e dei valori etici occidentali, che andranno sempre e comunque preservati.