Il riscaldamento globale non è una minaccia grave per la sopravvivenza del pianeta anzi, probabilmente, non esiste. Nei lunghi mesi di campagna elettorale che hanno preceduto l’elezione di Donald Trump a 45esimo presidente degli Stati Uniti, il Tycoon non ha esitato a chiarire la sua posizione su ambiente e cambiamenti climatici. Per sintetizzare, a riguardo, la futura linea politica del miliardario del Queens probabilmente basterebbe solo un tweet, datato novembre 2012: “Il riscaldamento globale – scriveva Trump su Twitter – è un concetto inventato dai cinesi per minare la competitività dell’industria americana”. Ma c’è di più.
Le sue prime scelte da neo eletto presidente sembrano confermare i timori di quanti prevedevano un’inversione di rotta rispetto ai progressi in materia ambientale compiuti, seppur a fatica, dall’amministrazione Obama. Nella squadra che gestirà la transizione alla Casa Bianca, in effetti, figura anche Myron Ebell, un lobbista noto per le sue posizioni negazioniste sui cambiamenti climatici, scelto da Trump come responsabile dell’Environmental Protection Agency (EPA), l’ente governativo statunitense responsabile per l’ambiente e il clima che equivale, grossomodo, a nominare un cacciatore di frodo a capo del WWF.
Attualmente Ebell è il direttore della Global Warming and International Environmental Policy presso il Competitive Enterprise Institute (CEI), un think-tank finanziato tra gli altri dal gigante dell’industria petrolifera ExxonMobil e dai fratelli Koch, proprietari di un gruppo privato dedicato alla produzione di energia e alla raffinazione del petrolio, noti per essere dei convinti ecoscettici. Ebell, inoltre, presiede anche la Cooler Heads Coalition, creata nel maggio ’97 al fine di “sfatare il mito del riscaldamento globale – si legge sul sito internet dell’organizzazione – mettendone in evidenza le errate valutazioni economiche, politiche di rischio” compiute nel corso degli anni.
Del resto, anche l’agenda dei primi 100 giorni di governo di Trump sembra non lasciare spazio a dubbi ulteriori. In materia energetica, tra le priorità del Tycoon, figurano il salvataggio dell’industria del carbone, l’estinzione di tutti i pagamenti statunitensi per i programmi Onu contro il riscaldamento globale e la cancellazione dell’accordo di Parigi sul clima, firmato lo scorso settembre tra Stati Uniti e Cina durante il G20 di Hangzhou e ratificato da 195 paesi.
L’intesa era stata definita da Obama come “il momento in cui si è finalmente deciso di salvare il pianeta” e ha rappresentato un segnale forte dal parte dell’amministrazione di Washington che, a riguardo, non aveva mai assunto prima impegni vincolanti a livello internazionale. L’obiettivo dell’accordo di Parigi, che fissa i target per la riduzione delle emissioni dei gas serra, è di far sì che nel 2100 le temperature medie globali siano più alte di quelle dell’epoca pre-industriale di soli due gradi. Ma ancor prima, il trattato, deve cercare di resistere alla presidenza Trump.
Altra questione complessa che evidenzia la netta contrapposizione tra le politiche adottate dall’amministrazione Obama e le posizioni del Tycoon è la costruzione di Keystone XL, l’oleodotto che dovrebbe trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta, in Canada, fino al golfo del Messico. Il progetto era stato bocciato da Washington lo scorso anno in quanto, secondo il segretario di Stato John Kerry “avrebbe minato in modo significativo la capacità degli Usa di continuare a essere una guida nella lotta al cambiamento climatico”. Al neo eletto presidente, invece, il progetto piace ed è pronto a chiedere al Canada di rinnovarne la richiesta di autorizzazione.
Con buona pace (tra gli altri) di Al Gore, ex vicepresidente Usa e premio Nobel per la pace, che prima dell’elezione di Trump aveva allertato l’opinione pubblica: “Se Trump verrà eletto ci condurrà verso una catastrofe climatica”. E dopo la vittoria del Tycoon aveva commentato, in tono più moderato: “Farò tutto quello che è nelle mie possibilità per lavorare a stretto contatto con il nuovo governo e assicurarmi che gli Stati Uniti rimangano leader nella lotta agli effetti dannosi dovuti al riscaldamento climatico”.
Non ci resta che aspettare, dunque, per capire come cambieranno l’America e il mondo sotto la presidenza Trump e per constatare se le politiche (non solo) ambientali annunciate dal miliardario del Queens resteranno promesse da campagna elettorale o diverranno misure concrete.