Quelli bravi a questo punto parlerebbero di disfatta della Russia in Ucraina. Ma l’impressione vera è che l’esercito di Vladimir Putin stia giocando a ruzzica. Impantanato, fiaccato, avvitato su se stesso. E, anche se l’espressione potrebbe far inorridire i fini strateghi, la sensazione è che lo Zar sia ‘rimasto con una scarpa e una ciavatta’. Anche se, rimanendo nell’ambito dei modi di dire popolari, quei proverbi che sono pur sempre la saggezza dei popoli, ‘è bene non dire gatto finché non ce l’hai nel sacco’.
Ma anche le parole del capo del Cremlino, pronunciate in occasione della parata sulla Piazza Rossa nell’anniversario della vittoria contro il nazismo durante la Seconda guerra mondiale, lasciano perplessi, per usare un eufemismo. Ci si aspettava altro. “Rendiamo onore alle truppe degli eserciti alleati, gli americani, i britannici, i francesi oltre ai soldati della Cina e ai partigiani, a tutti coloro che hanno sconfitto il nazismo”. Così Putin, che distribuisce ‘cameratesche pacche sulle spalle’ a tutti quelli che ora lo sanzionano senza troppi riguardi, ad eccezione della Cina, che mantiene comunque, per evidenti interessi economici, una posizione ambigua. Ma tant’è! E chi si aspettava un Putin ‘celodurista’ in questa ricorrenza è rimasto con un palmo di naso.
Del resto il capo del Cremlino non è riuscito, in oltre due mesi di guerra, a conquistare il Paese e nemmeno ad avanzare verso Kiev. Dall’inizio del conflitto si muove sempre nelle stesse aree e anche Odessa, obiettivo importante, è ormai diventata inespugnabile. Ma non solo. Le perdite di uomini e mezzi sul campo sono ingenti, mentre il controllo del Paese è saldamente nelle mani degli ucraini che accolgono ospiti stranieri come Hollywood durante la notte degli Oscar. I trascorsi cinematografici di Zelensky hanno veramente trasformato l’intero Paese in un set o la calma sta tornando in quella terra dove i soldati russi non riescono a sfondare? Non si era mai visto prima un tale flusso di capi di Stato, di governo e politici vari su un terreno di guerra. Ad esempio, in Siria, Iraq, Afghanistan, solo per citarne alcune delle più recenti e sanguinose guerre, non si è fatto vedere nessuno o quasi. Solo nella giornata dell’8 maggio, in Ucraina sono arrivati: Jill Biden, first lady Usa, Justin Trudeau, primo ministro del Canada, Bono Vox e The Edge che hanno cantato nella stazione della metropolitana Khreschatyk, a Kiev. Per non parlare di Nancy Pelosi, Boris Johnson, Roberta Metsola, Ursula von der Leyen, arrivati da Zelensky nelle scorse settimane. Un parterre di tutto rispetto, per carità, e tutto serve a smuovere la diplomazia sonnecchiante. Ma non c’era la guerra da quelle parti? A Kiev, ormai, manca solo la sagra della porchetta per sbeffeggiare l’esercito russo.
Ma non solo. L’incapacità dei russi di mettere veramente sotto pressione l’Ucraina è talmente evidente che diventa imbarazzante. Al netto della propaganda che arriva dalla Russia, ogni giorno almeno 9 missili su 10 vengono intercettati dalla contraerea ucraina, 12 generali russi sono stati uccisi sul campo e dall’acciaieria di Mariupol, l’esercito di Putin non riesce ancora a stanare definitivamente il battaglione Azov, che ieri si è pure beffato dei russi organizzando una conferenza stampa su zoom.
Dai sotterranei di quello che ormai è diventato il luogo simbolo della resistenza ucraina, con una connessione internet ottimale, il vice comandante di Azov ha anche messo in chiaro che non si arrenderanno mai: “La resa per noi è inaccettabile, non possiamo fare questo regalo così grande al nemico”. E per non lasciare nulla all’interpretazione, ha aggiunto: “Abbiamo l’ordine di difendere Mariupol e lo faremo”. Tutto questo mentre all’esterno dell’acciaieria i soldati russi tentavano l’assedio definitivo con la relativa eliminazione di tutto il battaglione. Al momento, però, Mosca non è riuscita nemmeno a far saltare la connessione di Azov, che magari sarà dotato di potenti satellitari e telefoni iper sicuri donati dagli Stati Uniti. In ogni caso, la conferenza stampa su zoom è stata indetta e si è svolta senza problemi. Oltre il danno anche la beffa, insomma, per l’esercito russo che tenta ormai da giorni di violare l’acciaieria e che non riesce invece neanche a minare la connessione internet degli ucraini asserragliati all’interno.
Per non parlare del mistero degli incendi scoppiati in alcune località russe dall’inizio del mese di aprile. Almeno una dozzina, lungo i confini con l’Ucraina. Autocombustione o mozziconi di sigaretta lanciati incautamente dai finestrini delle auto? Difficile da credere, il dubbio resta. Molti analisti ritengono infatti che dietro a questi roghi ci sia la mano dei servizi segreti occidentali in supporto a Kiev.
Nel frattempo, l’8 maggio Jill Biden ha incontrato la signora Zelensky davanti a una scuola a Uzhhorod, città al confine con la Slovacchia. Una visita a sorpresa quella della first lady Usa, come una sorpresa è stata pure quella del premier canadese e il concerto di Bono Vox. Evidentemente, i servizi segreti russi non sono più quelli dei tempi del Kgb. A quelli, forse, tutte queste visite non sarebbero sfuggite. Il terreno su cui si sono mossi gli ospiti di Zelensky era più sicuro del red carpet, nonostante lo sforzo bellico russo.
A Mosca, dunque, le cose non vanno bene. Tra generali uccisi e perdite di uomini e mezzi (oltre alla nave ammiraglia Moskva affondata dagli ucraini al largo di Odessa, pare che anche un’altra di classe “Serna” sia colata a picco nei pressi dell’isola dei serpenti), il clima è pesante. Gli Stati Uniti e i Paesi Nato stanno rifornendo Kiev di armi e informazioni di intelligence, oltre al supporto sul terreno di delegazioni che, nell’ombra ma non troppo, lavorano sul campo al fianco del governo di Zelensky. E i servizi segreti di Usa e Gran Bretagna soprattutto, si divertono a spifferare ai colleghi ucraini tutto quello che riescono a sapere sulle mosse dell’esercito di Putin. E l’ipocrisia della stampa occidentale che in merito finge di cadere dal pero è imbarazzante. Dove dovrebbero prendere le informazioni gli uomini di Zelensky? Su Google? È la guerra, bellezza! Anche quella che non ti aspetti o che qualcuno finge di non aspettarsi.