Hillary Clinton torna a far parlare (male) di sé. È di questi giorni infatti la pubblicazione di oltre 35 mila messaggi classificati che l’ex first lady ha inviato e ricevuto impropriamente attraverso il proprio indirizzo di posta elettronica privato quando ricopriva l’incarico di segretario di stato. Per portare avanti i suoi giochi pericolosi in Medio Oriente e Nord Africa, non si fidava della sicurezza del server del dipartimento che lei stessa dirigeva durante l’amministrazione Obama. Eccola dunque preferire l’email personale, da cui muovere i fili degli sconvolgimenti che hanno attraversato la regione a partire dal 2011.
“Primavera Araba” l‘hanno chiamata. Le rivolte in Egitto, Libia e Siria avevano dato a molti la speranza, rivelatasi poi un’illusione, di un futuro migliore, più libero, prospero e all’insegna dei diritti umani. I tanti manifestanti erano però ignari delle trame sottostanti e che queste fossero riconducibili alla “tastiera” di Hillary Clinton, decisa come solo lei poteva essere a auto-incoronarsi “regina” di un mondo arabo appaltato al fondamentalismo dei Fratelli Musulmani, con il sostegno del Qatar (la Turchia di Erdogan manteneva un profilo più basso in quel momento, per scelta tattica).
Nulla di nuovo sotto il cielo grigio di questi giorni. Già sapevamo degli intrighi di Hillary a favore dell’islam politico, una predilezione che il PD americano condivide con il suo omologo italiano. Nel 2016, ai tempi della campagna elettorale per la Casa Bianca contro Donald Trump, l’FBI si era rifiutato di aprire un’inchiesta, ma la storia ha già emesso la sua sentenza di condanna.
La pubblicazione dei 35 mila messaggi è avvenuta dopo 4 anni di attesa e altre migliaia saranno presto divulgati. Si tratta di materiale di assoluto valore storiografico, fondamentale per una ricostruzione fattuale degli eventi. Indiscrezioni e “leaks” avevano fornito interessanti anticipazioni, da cui sono emerse chiaramente le responsabilità di Hillary e dello stesso Obama nella tragica uccisione dell’ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens. Sapevamo già inoltre delle relazioni di collaborazione dell’allora segretario di stato con militanti islamisti, dal recente passato nei ranghi di Al Qaeda (si veda, sempre per quanto concerne la Libia, il caso di Abdul Hakman Bel-Haj, oggi “ospite” in Turchia).
di Souad Sbai per La Nuova Bussola Quotidiana