In Pakistan cala il sipario sull’ex-premier Imran Khan, che da sabato è stato posto agli arresti domiciliari per ordine del governo di Islamabad. Più di 4.000 i poliziotti che hanno partecipato all’operazione, anche per timore che venissero sobillate intere masse fedeli al partito del presidente, Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI).
L’accusa è grave: finanziamento al partito PTI attraverso fondi esteri, modalità vietata dalle leggi del Pakistan, e appropriazione indebita poiché Khan avrebbe utilizzato le “donazioni” per scopi politici e personali.
Dopo otto anni di lunghe indagini, dunque, alla fine la Commissione Elettorale del Pakistan (ECP) ha ritenuto l’ex-premier, Imran Khan, colpevole per aver usato fondi di socieà straniere per finanziare il PTI – di cui è leader indiscusso – venendo meno ai valori di onestà e integrità morale che la legge impone.
I suoi avversari politici, in particolare il ministro dell’informazione Maryam Aurangzeb, gli hanno sferrato un attacco feroce, definendolo responsabile delle crisi che stanno attanagliando la società pakistana, generate ad hoc per il solo fine di onorare gli impegni presi con le società straniere in cambio dei finanziamenti al suo partito.
Il leader del PTI – continua il ministro dell’informazione – avrebbe avviato un progetto di cospirazione dal 2008 ad oggi, indebolendo il sistema parlamentare e l’ordine democratico del paese, e al contempo muovendo le masse alla disobbedienza civile verso le istituzioni, creando anarchia e instabilità politica. Il suo disegno politico prevedeva di svendere il Kashmir e interrompere i progetti del CPEC (China-Pakistan Economic Corridor), portando il paese al tracollo economico. La disoccupazione giovanile ha avuto il suo picco durante il suo mandato ed i media sono stati messi al bavaglio.
Ma venendo alle accuse mosse dall’ECP, che hanno portato Imran Khan a fare i conti con la giustizia pakistana, durante le indagini condotte in particolare dalla Federal Investigation Agency (FIA), sono emersi i finanziamenti provenienti da Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Australia ed altre 351 società straniere, soldi che venivano convogliati su conti correnti sconosciuti. In aperta violazione della Costituzione pakistana, è venuto alla luce che 13 di questi conti erano intestati ad alti dirigenti del partito PTI, e che gli stessi venivano utilizzati per finanziare il programma politico dell’ex-premier, e quest’ultimo è colpevole di aver occultato tali informazioni alla Commissione elettorale rilasciando una falsa dichiarazione giurata.
Oltre ad Imran Khan sono nei guai anche i leader centrali e provinciali del PTI che rischiano di essere anch’essi arrestati oltre a subire altre azioni legali nei prossimi giorni. I dirigenti del PTI interessati includono: Asad Qaiser, Qasim Suri, Imran Ismail, Shah Farman, Mahmoodur Rasheed, Najeeb Haroon, Samar Ali Khan, Seema Zia, oltre altri quattro dipendenti della segreteria centrale e sei membri del consiglio centrale delle finanze del partito politico.
Ma Imran Khan, consapevole del fatto che la coalizione al potere e l’establishment vogliono la sua disfatta, chiama alla piazza le milioni di persone che ancora lo sostengono nella sua lotta. Ed ha annunciato attraverso l’ex ministro federale Fawad Chaudhry un grande raduno pubblico a Islamabad, dove in quell’occasione il PTI chiederà elezioni generali e lo scioglimento delle assemblee entro un mese.
Quasi per dimostrare la sua enorme popolarità, e che gode ancora di un sostegno da tutto il paese, il capo del PTI ha intenzione di gareggiare nelle elezioni suppletive in programma il mese prossimo in Punjab, KP e Sindh, per tutti e nove i seggi dell’Assemblea Nazionale rimasti vacanti.
Certo è che Imran Khan alla fine dovrà pur rendersi conto che in Pakistan non esistono leggi separate che favoriscono le celebrità, siano esse attori, modelli, sportivi o politici.