Tutto lascia supporre che Donald Trump verrà ricordato come uno dei presidenti più amati dagli americani (e più odiati dai suoi nemici).
Or dunque, Trump a breve si appresta a comandare tutti i gangli del potere Usa, a partire dal prossimo anno. Già oggi ha un forte grip su quasi tutto:
– Il controllo della Casa Bianca (ora)
– la maggioranza conservatrice della Corte Suprema – in espansione, per questione di età Trump probabilmente nominerà altri due o tre membri – (ora)
– la maggioranza (in espansione, visti i risultati delle elezioni di sostituzione di deputati e senatori post elezione presidenziale) di Camera e Senato (e a maggior ragione nel 2018),
– la maggioranza dei governatori votanti della Fed ossia della politica monetaria (da febbraio 2018),
– Il controllo di Cia e Fbi per il tramite di suoi delegati diretti (ora),
– oltre ad una maggioranza spropositata in termini di governatori repubblicani nei vari Stati, con un vantaggio che non si ricorda dai tempi della guerra civile americana (ora).
Non si dimentichi poi l’enorme seguito popolare interno che, a dispetto di quanto propinato dai media europei – allineati purtroppo agli interessi tedeschi – gli permette di stare ragionevolmente al sicuro rispetto ad eventuali colpi di coda poco democratici degli avversari politici interni (pensate che in assenza di colpi bassi anche l’avversario Micheal Moore ha dato per scontata la rielezione di Trump nel 2020, ndr). Non ho citato il supporto degli alti ranghi militari, ma ciò è pleonastico.
Si aggiunga il suo personalissimo pragmatismo, da businessman: Trump sa che l’America sta letteralmente annegando nel debito e nei consumi eccessivi, soprattutto di prodotti di importazione. Dunque vuole portare correttivi seri, radicali. E – notate bene – pian piano sta convincendo l’America tutta della correttezza della sua analisi che, attenzione, va a vantaggio del Paese.
La ricetta? Semplice: ridurre il deficit commerciale ossia ridurre le importazioni ed aumentare le esportazioni. Ossia affossare il dollaro. A questo si aggiunga un po’ di inflazione – sempre benvenuta in un paese con 20’000 mld Usd di debito federale, di cui poco meno della metà accumulati da Obama in soli 8 anni – e l’immancabile taglio delle tasse per avvicinarlo per altro al famoso Ronald Reagan, il più amato Presidente della storia recente. Più il solito amenicolo di protezionismo selettivo e spese indirizzate e difesa degli interessi nazionali per via sovranazionale (…), magari anche qualche conflitto mirato fuori porta utile a raggiungere i fini che si è prefissato (e senza gli immigrati tra i piedi, utili solo a spostare i voti dei neocittadini a sinistra, questo era lo scopo Dem che vediamo per altro trasposto anche in Italia, ndr).
Considerando il fatto che gli Usa hanno ancora l’esercito più possente al mondo, la tecnologia più avanzata, sono sostenuti da un paese ricco e grande, hanno le banche sistemiche globali e soprattutto coi loro consumi tengono in piedi praticamente tutti gli esportatori mondiali, beh, mi sento di dire che Trump ce la farà ad evitare il declino americano. E diventerà amatissimo in patria.
Chiaro, chi pensava di spodestare gli Usa odierà Trump e tra questi possiamo annoverare tranquillamente anche e soprattutto i paesi grandi esportatori (Germania e Cina, ndr), che spesso coincidono con i nemici dell’America: ricordo, se gli Usa smettono di consumare sono proprio i grandi esportatori i primi a subirne! Tradotto, Cina e Germania odiano ed odieranno Trump, a loro andava bene Barack Obama che continuando a far consumare gli americani come se non ci fosse un domani (dollaro a 1.04 contro euro) di fatto stava facendo suicidare il dominus globale.
L’ottimismo sta crescendo sul successo trumpiano, almeno in patria, per lo meno con il fine di risollevare economicamente gli Usa. Il motivo sta nel metodo: il Presidente si sta infatti mettendo d’accordo indifferentemente con Dem e Repubblicani per far approvare leggi utili al Paese, ossia l’opposizione politica interna sta diventando funzionale agli interessi del paese ed ai piani del Presidente. È notizia degli scorsi giorni che si è addirittura trovato un accordo coi Dem per far saltare il tetto di spesa governativa. Coi Democratici!
Pragmatismo. Facendo leva sul fatto che nel 2018 ci saranno le elezioni di Midterm dove i Dem si troveranno a difendere 25 seggi al Senato sui 33 in palio, coinvolgendo stati dove Trump ha vinto a mani basse nelle presidenziali. Ossia i repubblicani facilmente avranno una larga maggioranza al Senato.
O meglio, Trump si sta mettendo d’accordo coi senatori Dem in stati dove lui ha vinto per fare un partito del presidente superando lo steccato Rep/Dem, ossia per far passare i provvedimenti che gli interessano con il fine – secondo la ricetta che ha in testa, in veste di Commander in Chief – di far bene al Paese. E credetemi, per questo ha ed avrà un enorme supporto popolare!
Come vorrei che in Italia si facesse lo stesso: una coalizione di persone e partiti per risolvere i veri problemi del Paese.
So bene che ad oggi è impossibile, infatti Trump ci sta riuscendo perché sta puntando ai veri problemi Usa. Se l’Italia dovesse fare lo stesso dovrebbe affrontare il problema italiano principe, l’Ue e l’euro ingegnerizzati per avvantaggiare solo la Germania ed in misura minore la Francia (che però può così mantenere i suoi vizi e privilegi, impunemente, senza batter cassa verso i suoi concittadini). Ovvero la moneta unica che non è nient’altro che uno strumento neocoloniale ideato guarda caso 75 anni fa.
Oggi troppe persone italiane ed in Italia, persone che contano, ritengono ancora di guadagnare personalmente dall’euro, o sono tanto compromesse nella difesa di posizioni a chiaro svantaggio della cittadinanza italica (ed a parallelo vantaggio straniero, dietro compenso) da non volere o potere affrontare i veri problemi nazionali.
Sarà un brutto risveglio, purtroppo.
In questo senso Trump rischia di essere una benedizione per gli americani in generale, ma un incubo per una stretta cerchia di affaristi (ho detto clintoniani?) che ci guadagnavano immensamente dallo status quo precedente.
Resta la domanda finale: vista l’innegabile vicinanza dell’Italia agli States, chi si farà portatore della mission trumpiana in Italia?