La prossima elezione presidenziale Usa sarà una delle più importanti dalla fine della seconda guerra mondiale per gli indirizzi strategici che andranno presi. In particolare riteniamo che il Brexit determinerà una spinta a favore di Trump. A livello economico nessun presidente Usa può pensare di confermare il proprio partito alla Casa Bianca in presenza di una crisi o di un crollo di borsa.
La strategia di Obama, sofisticatissima, era quella di sostenere l’economia a 6 mesi dalle elezioni attraverso la continuazione dei Qes, il supporto dei buybacks aziendali e nessun aumento dei tassi, la cui salita viene man mano spostata dopo novembre prossimo. In aggiunta era stato ingegnerizzato un crollo del petrolio con successiva forte salita pre-elettorale in modo da dare spinta ai listini. Parimenti si attendeva una discesa del dollaro che avrebbe innescato un puntuale rinvigorimento degli esportatori a stelle e strisce. Come dicevo, nel breve termine un piano eccellente, ma non nel medio termine (il prossimo anno si attende un crollo azionario).
Il Brexit ha demolito il piano: il conseguente crollo di borsa globale ha rinvigorito il dollaro come “valuta rifugio” e soprattutto ha generato l’incertezza che da sempre mina la salute dei mercati. In più il piano Ttip
con l’Ue è fallito, almeno entro la fine del mandato (un’altra promessa che Obama non ha mantenuto). La reazione al Brexit non si è fatta attendere, le banche centrali di mezzo mondo con istituti sistemici al seguito sono intervenute, un po’ per cercare stabilità un po’ per evitare l’elezione di un anti–establishment come Trump. In ogni caso il piano per l’elezione di un Dem alla presidenza Usa è oggi da aggiornare, siamo in territorio inesplorato e l’incertezza certamente peserà sulle intenzioni di voto.
Uniamo al traballante panorama macroeconomico l’aspetto interno. E’ un dato di fatto che la crescita Usa degli ultimi 8 anni è stata incentrata non sul sogno americano ma sulla crescita dei posti di lavoro a basso salario,camerieri, inservienti ecc., con parallelo incremento dei patrimoni dei super ricchi (l’accumulo è contrario alla crescita, basata sulla ridistribuzione ossia sui consumi delle masse, ndr). Oggi come prima del 2008, nonostante le promesse pre-elettorali la segretaria di Warren Buffet continua a pagare aliquote di tassazione superiori a quelle del suo ricchissimo datore di lavoro. In questo contesto il Brexit non può che avere un effetto deleterio addizionale sull’economia Usa.
Ma nel giorno della separazione di Londra la Corte Suprema Usa ha negato la normalizzazione degli immigrati parenti di regolari richiesta da Obama. Proprio questa fu un’esplicita promessa del presidente ai propri elettori ed è nota l’importanza che, ad esempio, hanno gli ispanici nell’elettorato Dem. Il blocco all’iniziativa presidenziale, dunque, avrà molto peso nelle scelte elettorali future, non solo di novembre prossimo, ma anche di quelle a venire, una forma di regolarizzazione avrebbe aumentato strutturalmente il numero di votanti Dem.
Oggi il deep state Usa è nel periodo in cui deve elaborare i propri indirizzi di supporto al prossimo presidente: Brexit e Corte Suprema hanno spostato gli equilibri togliendo chances di vittoria al candidato Dem. Le conseguenze potrebbero ad esempio evidenziarsi in una presa di posizione dell’apparato Usa nell’annosa vicenda delle mail secretate passate su server privati con il probabile scopo di evitare il Freedom of Information Act. In tale caso la spinta a favore di Trump sarebbe sostanziale.