Operazione “Days of Repentance”: Israele colpisce l’Iran. La prima delle “Mille e una notte” iraniane è terminata dopo 3 successive ondate di raid dell’Aviazione dello stato ebraico su siti militari. É dunque iniziata, nella notte tra il 25 e 26 ottobre, la prima fase degli attacchi di Gerusalemme contro il regime degli ayatollah in risposta al lancio indiscriminato di centinaia di missili, razzi e droni da parte di Iran, IRGC ed Hezbollah contro obiettivi civili in Israele nelle settimane scorse.
Non a caso il nome dell’operazione, “Days of repentance”, giorni del pentimento, è formulata al plurale e, nella fattispecie suona come il detto secondo il quale “è sordo chi non vuol sentire…”, con singolare riferimento alla leadership di Teheran. Ovviamente gli obiettivi presi di mira non erano tra quelli inclusi nelle liste e nei documenti ufficiali oggetto della divulgazione avvenuta nelle settimane scorse, più o meno volutamente dall’NSA statunitense.
Si è trattato della prima operazione rivendicata ufficialmente da Israele anche se, nei giorni scorsi e nella tarda serata di ieri, alcune azioni compiute a Teheran celano la mano delle Agenzie di sicurezza israeliane. L’ultima, la sera del 25 ottobre, ha provocato due esplosioni con conseguente incendio all’interno degli uffici del ministero della Difesa iraniano situato proprio nel centro di Teheran.
L’attacco di questa notte
L’attacco di questa notte è iniziato all’una, ora italiana, ed è stato condotto in tre ondate successive dalla IAF (Israel Air Force). La prima ondata è stata diretta contro le strutture difensive iraniane, ed a Sweida in Siria, per lo più distruggendo sistemi radar e di contraerea, di fatto accecando i sistemi di monitoraggio avanzati stanziati nella varie basi di Teheran, Parchin, Khuzestan e Ilam.
La seconda e terza ondata di attacchi mirati, sono state condotte contro caserme delle Guardie della Rivoluzionarie (IRGC), in particolare quelle di Mashhad, Isfahan, Shiraz, Ghadiri, Falaq e Abolfath, oltre che nei pressi dell’aeroporto internazionale “Imam Khoneini” di Teheran e contro l’aeroporto militare di Dezful.
Le ultime esplosioni sono avvenute a Teheran nelle zone di Narmak e Karaj alle 5.00 di stamani ed ha concluso di fatto le operazioni.
Tutti i jet impegnati negli attacchi hanno fatto rientro alle basi israeliane di appartenenza senza riscontrare alcun danno.
Il portavoce delle Forze di difesa israeliane, Daniel Hagari ha dichiarato: “I targets attaccati consentono ampia libertà per future azioni da parte della IAF sui cieli iraniani avendo colpito e gravemente danneggiato infrastrutture militari del Regime inclusi sistemi di difesa antiaerea e rampe per missili balistici”.
La controffensiva israeliana, in accordo con gli USA, non ha preso di mira gli impianti petroliferi e nucleari iraniani ed è stata condotta con il beneplacito del re Abdullah di Giordania che ha consentito il sorvolo del regno hashemita da parte dei jet israeliani.
In un annuncio della difesa aerea iraniana si legge che “nonostante i precedenti avvertimenti dei funzionari della Repubblica islamica al criminale e illegale regime sionista di evitare qualsiasi azione avventurosa, questo falso regime ha attaccato questa mattina parti dei centri militari nelle province di Teheran, Khuzestan e Ilam un’azione tesa dato che, pur intercettando e affrontando con successo questa azione aggressiva da parte del sistema di difesa aerea integrato del paese, in alcuni luoghi sono stati arrecati danni limitati e le dimensioni di questo incidente sono oggetto di indagine”.
La vulnerabilità iraniana
In sintesi, l’azione condotta questa notte da Israele ha inteso scoperchiare le verità nascoste del regime iraniano, ovvero una vulnerabilità quasi insospettata a fronte di ampie manifestazioni del regime condite da parate militari e propaganda bellica in varie salse. La realtà dei fatti è quella rappresentata da un paese che, sebbene ancora nelle condizioni di colpire Israele con diverse tipologie di missili a media e lunga gittata, senza però fruire di attacchi aerei preventivi o di hackeraggi dei sistemi di individuazione israeliani. Il che equivale a dimostrare una reale impotenza di fronte ad ulteriori reiterati attacchi da parte di Gerusalemme e pone il Regime di fronte al dilemma della continuità di forniture alla Russia di sistemi d’arma (es. i droni Shahed) che iniziano a scarseggiare nei magazzini iraniani. Se è vero che Mosca ha concorso alla designazione delle navi in transito nel Golfo Persico in favore dei ribelli Houthi, sostenuti da Tehran, è anche vero che Putin non avrebbe alcuna intenzione di aprire nuovi fronti di conflitto per una causa non particolarmente cara agli interessi russi.
Da parte sua, Pechino, pur condannando l’attacco israeliano, si guarda bene dal distogliere le sue attenzioni sui fattori strettamente economici legati all’export che guidano l’intero Establishment cinese, oltre che per non distrarre forze ed intelligence dal fronte taiwanese, sempre nel mirino.