L’Onu ha pubblicato oggi una lista dal sapore ‘nazisteggiante’ relativa a 112 società che svolgono la propria attività nelle colonie israeliane. La black list è contenuta in un rapporto del commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, da sempre ritenuta personaggio molto vicino ai movimenti Bds, boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, impegnati contro gli interessi dello Stato di Israele.
Su questa linea si è espresso il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, che nel commentare la pubblicazione della “lista nera” ha inteso sottolineare come questa rappresenti di fatto una “resa vergognosa” verso i Paesi e le organizzazioni impegnati a ledere gli interessi, se non l’esistenza stessa, dello Stato ebraico. Katz ha comunque sottolineato che, tuttavia, “la maggior parte delle nazioni del mondo” non si è unita “a questa campagna di pressione politica e comunque Israele non accetterà politiche discriminatorie e lavorerà per far sì che queste decisioni non siano attuate”, ha aggiunto.
“La decisione del Commissario di continuare sulla linea anti Israele della Commissione Onu per i diritti umani è una macchia – ha spiegato Katz – sulla Commissione stessa. Il Commissario Bachelet è diventato un ministro e un partner del movimento del boicottaggio, anche se il suo pronunciamento non ha significato legale”.
La vicenda della compilazione della lista risale al 2016 quando l’Ufficio per i diritti umani dell’Onu ricevette delega alla creazione di un database di società ritenute connesse a qualsiasi titolo con attività operanti negli insediamenti, considerati illegali dalla maggioranza della comunità internazionale.
Tra i nomi delle 112 aziende “coinvolte in attività” negli insediamenti israeliani in Cisgiordania, spiccano quelli di Airbnb, Expedia e TripAdvisor.
L’Ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani (Unhcr) ha dichiarato di aver identificato 112 entità commerciali, 94 domiciliate in Israele e 18 in altri sei paesi, in modo da poter evidenziare l’illegalità delle attività con gli insediamenti ebraici. Questi paesi includono Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi, Thailandia e Lussemburgo.
“Sono consapevole che questo argomento è stato e continuerà a essere oggetto di controversie”, ha affermato ancora l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, sottolineando che questo rapporto si “basa sui fatti”. Nella relazione, in ogni caso, si precisa che “il riferimento a tali entità commerciali non è e non pretende di essere un procedimento giudiziario o semi-giudiziario”.
Il ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Riyad al Malki, ha accolto con favore la pubblicazione della lista. “La pubblicazione di questa lista di compagnie e partiti che lavorano negli insediamenti e’ una vittoria per il diritto internazionale”, ha affermato il capo della diplomazia di Ramallah. Maliki ha inoltre esortato gli Stati membri delle Nazioni Unite e il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a “emettere raccomandazioni e istruzioni verso queste aziende affinché concludano immediatamente il loro lavoro con gli insediamenti”. Per i palestinesi la pubblicazione da parte dell’Onu della lista di un centinaio di società legate alle colonie israeliane nei Territori occupati è “una vittoria del diritto internazionale e dei palestinesi”.
Come riferito dal Jerusalem post, Bruno Stagno, vicedirettore esecutivo per la difesa di Human Rights Watch, avrebbe dichiarato: “Il tanto atteso rilascio del database delle imprese di insediamento delle Nazioni Unite dovrebbe mettere in guardia tutte le aziende: fare affari con insediamenti illegali è di aiuto nella commissione di crimini di guerra. Il database segna progressi critici nello sforzo globale per garantire alle aziende la fine della complicità nell’abuso dei diritti e il rispetto del diritto internazionale. Il massimo organo per i diritti delle Nazioni Unite dovrebbe garantire che il database sia regolarmente aggiornato per aiutare le aziende a rispettare i loro obblighi legali internazionali “.
La pubblicazione dell’elenco sarà discussa in occasione della 43a sessione dell’Unhcr che si aprirà il 24 febbraio prossimo.
Dalla capitale israeliana Gerusalemme, non si è fatta attendere la risposta del premier, Benyamin Netanyahu secondo cui “invece di occuparsi dei diritti umani la Commissione cerca solo di denigrare Israele e noi respingiamo questo tentativo in maniera totale e con disgusto. Chi ci boicotta – ha concluso – sarà boicottato”.