In Mozambico non si ferma l’ondata di violenza jihadista. Il paese è ben lontano dall’essere stabilizzato dai contingenti militari presenti, sebbene rinforzati da quelli giunti dal Ruanda e dalla Forza regionale della comunità di sviluppo dell’Africa australe. Dall’inizio del mese di ottobre, infatti, la provincia di Nampula è diventata l’obiettivo primario degli attacchi di al Shabaab.
Sono quasi un milione i civili sfollati a causa dell’insurrezione estremista islamista nel nord del paese. L’ondata di violenza, durata 5 anni, nella provincia di Cabo Delgado ha ucciso più di 4.000 persone e fatto naufragare investimenti internazionali per miliardi di dollari.
Attualmente sono innumerevoli le famiglie alla ricerca perenne di generi di prima necessità e di luoghi sicuri per ripararsi nella parte meridionale della provincia di Cabo Delgado. Le loro condizioni sono disperate e l’assistenza scarseggia, ma hanno paura di tornare a casa a causa delle continue violenze dei miliziani jihadisti che ora si definiscono “Provincia dello Stato Islamico del Mozambico”, promuovendo la linea della continuità tracciata dal Daesh del defunto al Baghdadi, così come si sta verificando nel Sahel.
Molto più a sud nel paese, i funzionari governativi affermano che l’insurrezione è sotto controllo, così come nel distretto di Palma e invitano gli sfollati a fare rientro nelle loro abitazioni. Il motivo conduttore è la mancanza di manodopera per gli impianti delle compagnie energetiche i cui progetti di gas naturale liquefatto da 60 miliardi di dollari, guidati dalle società francesi TotalEnergies ed ExxonMobil, sono stati sospesi lo scorso anno.
Il ministro dell’Economia di Maputo, Max Tonela, durante una conferenza stampa ha dichiarato che il terrorismo a Cabo Delgado ha esercitato pressioni straordinarie sui conti del Paese, ma ha affermato che “le questioni di difesa nazionale sono questioni di sovranità” ritenute un’assoluta priorità.
Secondo il presidente mozambicano, Filipe Nyusi, “i terroristi sono in fuga permanentemente”, intendendo così rassicurare gli investitori durante il vertice sull’energia e il gas tenutosi a Maputo a settembre. Nuysi ha inoltre esortato i dirigenti delle compagnie internazionali a riprendere i lavori sui loro progetti di estrazione di gas naturale liquefatto attualmente in fase di stallo.
Sul fronte della sicurezza, le notizie non sono per nulla rassicuranti. Nonostante le dichiarazioni del governo mozambicano, gli jihadisti non sono certo stati dissuasi dall’intenzione di occupare militarmente altre porzioni di territorio. Seppur guidati da una miscellanea ideologica tra la politica qaedista e quella dello Stato islamico, i miliziani si trovano accomunati nell’obiettivo della creazione e dell’allargamento di un unico Califfato, la “Wilayat Ifriqiya”.
La pianificazione dell’allargamento del conflitto, infatti, prevede l’attuazione di ulteriori attacchi che consentano la creazione di una sorta di corridoio tra Somalia e Mozambico che conduca al Congo passando per la Tanzania.
Per la realizzazione dell’ambizioso progetto, gli jihadisti necessitano di continui approvvigionamenti e nuove reclute, oltre che di mezzi di trasporto e armi, ma in questo non è esclusa una partecipazione attiva dei soliti “finanziatori occulti” del Golfo Persico.