Sembra solo una questione di ore ormai. L’esercito lealista sta fronteggiando l’ultima disperata resistenza del Califfato nel centro di Mosul, con il quadrante occidentale e orientale della città ormai nelle mani della coalizione anti-Isis.
Conquistare una postazione avanzando per ottenere di pochi metri. Un fucile nemico puntato addosso nella migliore delle ipotesi. La popolazione locale che, nonostante ne abbia abbastanza di Daesh, è ancora diffidente. Nemici che provano a resistere con qualsiasi mezzo, cani esplosivi e attacchi suicidi inclusi.
Sono solo alcune delle difficoltà che incontra l’esercito iracheno nel nord del paese per riconquistare la città chiave nella guerra contro lo Stato Islamico. La campagna, annunciata dall’esercito iracheno, è partita il 19 febbraio e sembra proprio che stia avendo successo.
Il quadrante ovest della città irachena è stato preso dalla coalizione anti-Isis, la polizia federale è riuscita inoltre nei giorni scorsi a prendere possesso della totalità dell’aeroporto.
Una conquista, quella dell’aeroporto, che sarebbe stata seguita da altri successi, tali da far riportare solo il 20% del territorio della città in mano jihadista. Le vittorie dell’esercito guidato da Baghdad avrebbero permesso di ottenere una testa di ponte sul Tigri.
I resoconti che arrivano dal campo di battaglia, pur essendo frammentari, riporterebbero l’esercito del Califfato in rotta. Secondo alcune fonti locali, i presunti responsabili del crollo della prima linea occidentale dell’esercito nero del Califfato sarebbero stati messi su una “black list”. Chiunque ritrovi chi è citato in questo elenco, composto da 143 persone, ha l’ordine di portare il disertore davanti ai comandanti di Daesh.
Sembra che il crollo dell’avanguardia a ovest di Mosul sia da attribuire infatti a una fuga in massa dell’esercito jihadista di fronte alla coalizione anti-Isis. Questo almeno raccontano le fonti locali che riportano anche la perdita dell’area a sud-ovest di Mosul, nota per essere la polveriera dell’Isis in quanto zona dalla quale proviene il bombardamento dell’artiglieria jihadista.
Ma pur senza il contrasto dell’artiglieria l’esercito anti-islamista deve fronteggiare il pericolo mine anti-uomo e anti-carro. Anche in questo pare che la coalizione stia facendo passi avanti, utilizzando delle ruspe e dei bulldozer, come già fatto in precedenza dagli israeliani, per scavare percorsi e strade alternative, libere da trappole esplosive per uomini e mezzi.
Altra svolta importante della battaglia è il silenzio della propaganda jihadista in città. Sembrerebbe infatti che Al Bayan, la principale emittente radiofonica dello Stato Islamico, abbia interrotto le trasmissioni in seguito alla fuga generalizzata di miliziani che sembrano impreparati di fronte a un esercito addestrato.
Sebbene l’atteggiamento della coalizione sia trionfalista, non mancano le ombre. Il ministro della Migrazione iracheno, Jassim al Jaaf, parla chiaro: “Il numero dei rifugiati è salito a 235mila persone – afferma precisando – 65mila delle quali hanno già fatto ritorno nelle zone liberate”. Un numero di enorme di persone insomma stanno lasciando la città, ma non è solo sul fronte umanitario che la tragedia incombe.
Molti delle forze sciite presenti, mandate da Teheran in gran numero per aiutare Baghdad, sembra stiano ripagando con la stessa moneta le forze jihadiste, torturandone i prigionieri e aprendo un enorme enigma sulla gestione futura delle eterogeneità religiose dell’area.