In linea con l’escalation che, da quest’estate, vede il governo di Pyongyang impegnato a dimostrare la propria superiorità nelle acque dell’ estremo oriente un nuovo missile è stato lanciato nella notte ed ha sorvolato, di nuovo, i cieli del Giappone. Grazie a questo ordigno che, prima di cadere nel Pacifico giapponese, ha raggiunto, secondo alcune fonti di Tokyo, circa 770 chilometri di altitudine, percorrendo un raggio di oltre 3600 chilometri, la minaccia coreana si fa sempre più inquietante, specialmente per il Sol Levante colpevole, secondo le dichiarazioni governative diffuse dai media vicini al regime comunista “non merita di esistere” e quindi “verrà affondato assieme alle sue isole”.
L’allarme, scattato attorno alla mezzanotte, almeno fino ad ora, non ha destato, specie all’interno dell’amministrazione statunitense, particolari preoccupazioni. Se il premier giapponese Shinzo Abe parla di “grave ed intollerabile provocazione” il Pentagono tende ad escludere che questa prova di forza possa rappresentare una minaccia concreta. Eppure mai un missile nordcoreano aveva finora raggiunto distanze simili se si tiene conto che, quello lanciato durante la notte, avrebbe avuto le potenzialità per colpire l’ormai famigerata base Usa di Guam, più volte oggetto delle ire di Kim e reale obiettivo propagandistico del regime. Insomma, nonostante proprio lo scorso lunedì l’Onu abbia approvato uno dei pacchetti di sanzioni più duri della recente storia del Palazzo di vetro e mentre Tokyo e Seoul, comprensibilmente allarmate dall’attivismo del giovane dittatore, tendono a reagire, almeno a livello dialettico, dalle parti di Washington, viceversa, si insiste per una strategia di basso profilo, che durerà, presumibilmente, fino all’annunciato tour di novembre di Donald Trump in Cina, Giappone e Corea del Sud. Sarà quello, forse, il teatro di una riflessione più ampia sull’eventualità di un conflitto che, per ora, si tende ancora ad escludere a causa dei potenziali effetti devastanti che potrebbero scaturire. L’appuntamento è quindi tra un paio di mesi, sempre che dalle parti di Pyongyang non si rifletta verso una pericolosa accelerazione.