Si inizia a vociferare di un possibile cessate il fuoco tra Israele e Hamas, come riportato dall’emittente televisiva qatariota al-Jazeera; nessuna conferma ufficiale al momento, ma i mediatori egiziani sarebbero già al corrente della disponibilità di entrambe le parti e dunque a lavoro. Alle ore 18 (israeliane), il premier Benjamin Netanyahu si è riunito con il Gabinetto di Sicurezza per discutere della situazione in corso.
Intanto, però, il territorio israeliano a ridosso di Gaza continua ad essere bersaglio dei razzi lanciati da Hamas; nel tardo pomeriggio le sirene hanno suonato a Moshav Netiv Ha-Asara e nei kibbutzim Kerem Shalom, Nir Oz ed Ein Ha-Shlosha.
Israele, dal canto suo, continua con le operazioni nella Striscia dove nel pomeriggio di giovedì ha distrutto una postazione di missili anti-carro a Beit Lahia, la medesima che in mattinata aveva colpito un bus, fortunatamente vuoto, nei pressi di Ashkelon. L’aviazione di Gerusalemme ha poi bombardato una rete di tunnel sempre a Beit Lahia e a Maghazi ed ha anche colpito uomini armati di Hamas a bordo di un veicolo nel nord della Striscia.
Nel frattempo il governo israeliano ha reso noto di aver abbattuto, nella giornata di martedì, un drone armato iraniano in volo sul confine tra Israele e Giordania; il velivolo sarebbe decollato dal sud della Siria.
Tornando all’eventuale cessate il fuoco, anche se i più ottimisti ne ipotizzano un’entrata in vigore già dalla serata di venerdì, è plausibile che le operazioni israeliane su Gaza vadano avanti almeno fino a domenica, in quanto Gerusalemme ha tutte le intenzioni di recare più danno possibile alle infrastrutture di Hamas e alla rete di tunnel.
Se si volesse iniziare a tirare qualche somma sull’esito dello scontro tra Hamas ed Israele, è evidente come gli islamisti ne siano usciti con le “ossa rotte”. L’IDF è infatti riuscita a causare pesantissime perdite a Hamas, arrivando a distruggere circa l’80% delle strutture missilistiche, ad eliminare numerosi esperti del settore e a distruggere centinaia di chilometri di tunnel. Secondo fonti israeliane, sarebbero 135 gli esponenti di Hamas e della Jihad Islamica eliminati dai raid.
Gli islamisti dunque, se da un lato hanno subito perdite pesantissime, dall’altro non sono riusciti ad infliggere danni all’IDF, a parte un militare deceduto nei primi giorni degli scontri. Non a caso Hamas si è detta pronta ad accettare un cessate il fuoco, consapevole dei pesanti danni subiti.
Il seguito è ormai noto a tutti: Hamas ricostruirà i tunnel, riprenderà ad armarsi grazie a Iran e Qatar, e tra un paio di anni o poco più riprenderà con la campagna di fitti lanci contro il territorio israeliano, come del resto succede da dieci anni a questa parte, nel 2012 (risposta israeliana con operazione “Pillar of Defense”), nel 2014 (operazione “Protective Edge”), nel 2018 (operazione “Marches of Return”) e l’attuale (“Guardians of the Wall”).
Andando oltre gli aspetti militari, ci sono alcuni elementi che vanno sottolineati, in primis come Hamas abbia violato le leggi internazionali piazzando le batterie missilistiche in aree abitate per cercare di farsi scudo da eventuali attacchi dell’aviazione e prendendo indiscriminatamente di mira zone civili israeliane.
È inoltre fondamentale tener presente che Hamas è classificata come organizzazione terrorista e inserita nella “black list” da Unione Europea, Stati Uniti e Canada; un’organizzazione non così differente dall’Isis o da al-Qaeda, se non per struttura e obiettivi (l’ideologia è la medesima).
In questi giorni si è combattuta una guerra tra Israele e Hamas, non tra Israele e palestinesi, questo è bene tenerlo a mente, perché altrimenti si rischia di fornire una visione distorta e di legittimare un’organizzazione terrorista come rappresentante di un popolo che ne è invece ostaggio.
È quantomeno strano, se non sinistro, sentire l’Unione Europea che chiede una tregua tra uno Stato sovrano e un’organizzazione terrorista inserita nella propria black list. Sarebbe del resto stato inimmaginabile qualche anno fa sentire Bruxelles auspicare una tregua o un cessate il fuoco tra l’Isis e la Coalizione. Evidentemente in Europa non tutti vedono Hamas allo stesso modo, non tutti sono pronti a prendere posizioni nette nei confronti del terrorismo islamista palestinese e questo è un problema.