Si alza la tensione ai confini di Israele. Le milizie Hezbollah, con il fondamentale ausilio della Forza Quds iraniana, avrebbero attivato nuove opzioni offensive contro lo Stato ebraico nel sud del Libano e nella Siria orientale.
Una nuova pista iraniana per droni di attacco
Fonti siriane hanno rivelato che i miliziani delle Guardie rivoluzionarie avrebbero terminato le operazioni di ricondizionamento di un aeroporto utilizzato per aerei agricoli nella Siria orientale per adibirlo a una base per droni di fabbricazione iraniana a lungo raggio d’azione.
La zona selezionata è quella di Abu Kamal, città al confine con l’Iraq, ritenuta ottimale per portare attacchi sia contro le truppe statunitensi stanziate nell’area centrale irachena, ma anche alla portata dei confini israeliani.
Secondo quanto appreso, gli iraniani sono interessati a consolidare una base permanente a Abu Kamal, ritenuto un nodo vitale per le comunicazioni via terra, da utilizzarsi anche per l’approvvigionamento dei miliziani, il trasporto di pezzi di ricambio per le basi siriane dell’ovest e per le operazioni con gli Uav.
L’Iran sostiene, infatti, di avere droni in grado di volare per oltre 7.000 chilometri (4373 miglia), come sostenuto di recente dal generale della Guardia Repubblicana Hossein Salami.
Il nuovo drone “Gaza”
In realtà l’aviogetto di nuova generazione denominato Shahed-149 “Gaza”, presentato a Teheran nella scorsa primavera, si presterebbe solo in parte alle caratteristiche dichiarate dall’ufficiale iraniano.
Apparentemente una copia di un US Reaper o Predator, il drone “Gaza” avrebbe 35 ore di autonomia con una capacità di carico di 13 ordigni esplosivi e 500 kg di apparecchiature elettroniche, con un raggio operativo di 2000 km.
Il drone di nuova generazione è munito di un vano per armi interno in grado di ospitare 13 bombe intelligenti ed è dotato di un motore a turboelica Pratt & Whitney Canada PT6 di fabbricazione canadese.
Un aviogetto comunque dalle caratteristiche inquietanti per il quale i confini di Israele sono nel raggio operativo.
E sull’argomento vi sono stati serrati contatti tra le intelligence di Stati Uniti e Israele per operare congiuntamente contro i droni iraniani con i quali la Repubblica islamica sta armando le milizie sciite e le organizzazioni terroristiche nella regione.
Nel mese di maggio l’Idf ha abbattuto un drone mentre in avvicinamento allo spazio aereo israeliano vicino alla città nord-orientale di Beit She’an, lanciato dalle forze iraniane verso Israele dalla Siria o dall’Iraq.
A seguito dell’incursione, ignoti hanno provocato un’esplosione in uno stabilimento ufficialmente “petrolchimico” a Shahin Shahr, nella provincia iraniana di Isfahan, in realtà una fabbrica di droni dell’IRGC.
Un segnale che il minaccioso apparato offensivo iraniano stanziato in Siria sia ben lontano dall’essere stato individuato e neutralizzato dagli attacchi mirati statunitensi.
Hezbollah mira a infiltrarsi oltre confine
E ulteriore minaccia, questa volta portata via terra da Hezbollah, è quella rappresentata dalla tattica del travestimento adottata negli ultimi tempi dai miliziani sciiti libanesi.
Nello sforzo di creare un’organizzazione mirata all’infiltrazione in territorio israeliano, la Forza Quds iraniana ha provveduto a rifornire i miliziani di Hezbollah di uniformi dell’Idf allo scopo di compiere incursioni nella zona nord di Israele partendo dal Libano meridionale, dove sia a Tiro che a Sidone, sono presenti strutture logistiche del “Partito di Dio” che fruiscono di sovvenzione e approvvigionamenti iraniani.
Non è un caso, quindi, che recentemente un arabo-palestinese con l’uniforme di fanteria israeliana sia stato arrestato dai militari della Brigata Kfir, all’ingresso del villaggio di Binyamin, nei pressi di Haifa, armato con un fucile e un coltello. Non si ritiene possa trattarsi di un caso isolato. Infatti, nella zona del confine nord di Israele, l’Idf ha rilevato e scongiurato alcuni tentativi di infiltrazione da parte di miliziani travestiti da militari dello Stato ebraico.
Chiaro sintomo di una tensione in costante aumento sul fronte nord.
Continuano le operazioni di arricchimento dell’uranio iraniano
Dopo settimane di dovute attenzioni prestate all’irrisolta questione afghana, nel computo delle insidie rappresentate dal regime iraniano, si dovrà tornare a seguire la vicenda dell’arricchimento dell’uranio, nodo tutt’altro che sciolto dalla diplomazia internazionale.
Il punto di non-ritorno è stato quasi raggiunto dal regime degli ayatollah.
L’incontro Bennet-Biden avvenuto nella giornata di ieri, ha recato conforto alla parte israeliana che esamina con sempre maggiore intensità le opzioni di attacco alle infrastrutture di Teheran dedicate all’assemblaggio di testate atomiche su vettori a lungo raggio.
Dalla parte iraniana pare che il messaggio sia giunto a destinazione tanto che allo scopo di intercettare eventuali incursioni aeree sulle infrastrutture di ricerca atomica, Teheran ha presentato il sistema di difesa aerea 9D denominato Khordad-3, in grado di lanciare 8 missili contemporaneamente e il nuovo sistema radar “Quds” con una portata di rilevamento di 500 km.
Ma le capacità offensive di Israele contro il regime iraniano vanno al di là delle campagne di bombardamento non certo inaspettate. Da sempre la guerra “non-ortodossa” ha premiato i fautori di tale strategia di lungo termine che, anche negli ultimi mesi, ha causato danni sensibili all’intero apparato produttivo iraniano, in tema di proliferazione militare, con innumerevoli esplosioni provocate da “semplici agenti esterni”.