Medio Oriente: l’Iran pronto all’attacco, parola d’ordine “Khaybar”.
In Medio Oriente si va sempre più delineando il quadro di una situazione seppur in continua evoluzione.
Mentre si registrano preoccupazioni connesse alle rivelazioni di “una fonte iraniana di alto rango” rese alla CNN secondo le quali Teheran lancerà una risposta ‘definitiva e dolorosa’ all’attacco israeliano della scorsa settimana contro siti militari stanziati nel paese, si riscontra una non certo involontaria concomitanza con le elezioni statunitensi che avranno il loro culmine il 5 novembre prossimo. Tale circostanza lascia trasparire come l’establishment iraniano intenda creare uno stato di destabilizzazione nell’ampia massa dell’elettorato sia repubblicano che democratico, non essendo stata chiarita in maniera netta la posizione dei due candidati alla Casa Bianca in merito alla questione mediorientale, con questo intendendo rendere instabile la posizione che gli USA vorranno adottare a seguito dei risultati elettorali.
Da fonti di settore si è appreso che l’operazione contro il territorio dello Stato ebraico, prestabilita dalle gerarchie militari iraniane, è stata sottoposta al leader supremo Khamenei che avrebbe apposto il suo personale sigillo stabilendo anche il nome di tale offensiva, “Khaybar”.
La denominazione imposta non è casuale. Infatti Khaybar era un’oasi rurale situata a circa 150 chilometri da Medina, nell’odierna Arabia Saudita, abitata prevalentemente da ebrei che nel 628 d.c. venne conquistata e sottomessa dall’esercito guidato da Maometto. I difensori del paese vennero sconfitti anche a causa di alcuni tradimenti perpetrati in danno dei loro stessi correligionari, un fatto storico che in seguito riproporremo in termini di “non casuali connessioni”.
Da quell’episodio storico, sino ai giorni nostri, il grido “Khaybar, Khaybar ya yahud, jaish Muhammad, sawfa Ya’ud” (Khaybar, Khaybar o giudei, l’armata di Muhammad, tornerà) è divenuto una sorta di incitamento utilizzato in pubbliche manifestazioni contro Israele e gli ebrei in generale.
A fronte delle palesi minacce da parte iraniana, lo staff dell’Idf già da giorni monitora i movimenti delle forze di Teheran ed in particolare, secondo rapporti dei Intelligence, in Iran si registra una forsennata movimentazione di rampe per il lancio di missili balistici.
Inoltre, sui canali legati all’IRGC (le Guardie della rivoluzione) è stato annunciato che “le forze di terra dell’IRGC svolgeranno un’esercitazione militare per un periodo indefinito nel sud-est del paese con l’obiettivo di ripulire l’area dai gruppi terroristici”.
Appare, quindi, palese come l’Iran si stia preparando ad attaccare Israele con un massiccio lancio di missili e droni, una notizia di per sé non certo inedita, ma priva di fattori determinanti che hanno permesso di stabilire come lo strike dovrebbe avvenire dal territorio iracheno, anche per supportare il raggio operativo sia degli UAV che dei vettori balistici a media-lunga gittata.
Seppur non sostenuta dal supporto satellitare, la strategia iraniana va delineandosi nei canoni di un bombardamento concentrato su obiettivi già prestabiliti, come riportato da altra fonte iraniana che ha dichiarato: “È stato possibile individuare meglio e in breve tempo gli obiettivi e valutare con precisione i danni”.
L’individuazione degli obiettivi israeliani, escludendo un monitoraggio tramite App largamente utilizzate, è reso possibile e tangibile unicamente con un’individuazione “de visu”, tramite asset al soldo di Teheran.
Proprio a tale proposito giova rilevare come le minacce dirette al Premier Netanyahu, nonché quelle dirette genericamente ad Israele, più volte diffuse attraverso i canali pubblici iraniani, abbiano spinto lo Shin Bet (il servizio di intelligence interno), ad accelerare i tempi di un intervento diretto contro soggetti, con cittadinanza israeliana, già identificati ed operanti sul territorio con compiti di spionaggio a favore di Tehran.
Non a caso, due giorni or sono è stata tratta in arresto una coppia di coniugi azeri stanziati a Lod, a loro volta reclutati da altri 2 connazionali, protesi a missioni di raccolta di informazioni su infrastrutture nazionali, siti di sicurezza e di antenne satellitari in uso alle Forze di difesa di Israele.
Tale coppia è stata individuata grazie alla collazione di analoghe entità già oggetto di arresti effettuati nel mese di settembre ad Haifa e nel nord del Paese ebraico, tutti muniti di passaporto israeliano che, operando sotto la copertura di guide turistiche, avrebbero fotografato il sistema d’intercettazione Iron Dome, basi militari, porti, palazzi governativi, il quartier generale del Mossad, oltre a raccogliere informazioni su un accademico che lavorava presso l’INSS Institute for Security Studies per il quale era stato già stata progettata l’eliminazione fisica.
Tutti i fermati nelle due distinte operazioni, tra i quali risultano un disertore dell’IDF e tre minorenni, risultano essere stati indistintamente reclutati nella regione del Caucaso dal Vevak che provvedeva al finanziamento del network di infiltrati con un budget di circa 300mila dollari l’anno.
Risulta di conseguenza plausibile che l’attacco iraniano possa giovarsi anche di un network pluricellulare operante nei pressi degli obiettivi più sensibili di Israele e che possa essere attivato in funzione di deterrenza contro target della difesa delle Forze armate dello Stato ebraico, concorrendo nell’attacco previsto e rendendo così lampante la denominazione imposta all’attacco da Khamenei, ovvero la citata “Khaybar”, a ricordo dei fatti d’arme che videro coinvolti delatori ebrei a sostegno di un esercito nemico.
É un dato di fatto che l’offensiva anti-israeliana sarà supportata anche dai proxy iraniani quali gli Houthi yemeniti e i terroristi di Hezbollah dal sud del Libano, anche se queste considerazioni appaiono abbastanza futili, ma concorrono all’innalzamento delle tensioni in seno all’Establishment di Gerusalemme.
Per lo Stato maggiore di Israele, appare chiaro che il panorama della situazione renda necessaria un’azione preventiva e persuasiva nei confronti di Teheran che inertizzi anticipatamente l’arsenale missilistico così come le rampe fisse e mobili ma, anche, diretta ad un’opera di convincimento della permeabilità dei sistemi di localizzazione e intercettazione iraniani colpendo questa volta non solo installazioni militari, ma anche e, soprattutto, obiettivi nevralgici che se soggetti ad attacchi mirati, destabilizzerebbero l’intera economia del Paese.