Medio oriente: Israele sotto accusa e Hamas vittima innocente.
Nelle settimane scorse abbiamo assistito impotenti e allarmati ad un proliferare di dichiarazioni sconcertanti rilasciate da politici italiani di “presunto” alto livello inerenti la crisi mediorientale ed orientate ad accusare Israele di colpire civili inermi durante l’offensiva provocata dalla strage compiuta dai terroristi di Hamas il 7 ottobre scorso.
L’approssimativa conoscenza del Medio Oriente dei nostri politici
A tale proposito, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, durante un’intervista rilasciata a SkyTg24, ha dichiarato:”Ho l’impressione che Israele stia seminando un odio che coinvolgerà figli e nipoti”, “Hamas è una cosa, il popolo palestinese è un’altra. Dovevano discernere tra le due cose e fare una scelta più coraggiosa dal punto di vista democratico”.
Inoltre, sempre Crosetto, aveva aggiunto: ”Siamo convinti che Israele dovesse risolvere il problema con Hamas, ma fin dal primo giorno abbiamo detto che questa cosa andava affrontata diversamente. Tutti gli Stati concordavano sul fatto che Israele dovesse fermarsi a Rafah. Non siamo stati ascoltati e ora guardiamo alla situazione con disperazione”.
Appare semplice confutare le tesi del Ministro. Innanzitutto Israele applica una strategia militare che discerne da sempre i target selezionati per l’eliminazione dalle eventuali vittime civili, o danni collaterali, addirittura rinunciando a determinate operazioni se connesse al rischio di colpire indiscriminatamente innocenti e, tale direttiva, è da sempre stata seguita anche dal Mossad, sulla base di ordini superiori e sulla coscienza religiosa dei praticanti.
In secundis, Crosetto si getta in una disamina geopolitica con un’aspra critica a Gerusalemme accusando il Governo israeliano di non avere approcciato al “problema con Hamas” nella maniera più consona e di guardare con disperazione all’attuale situazione relativa ai civili.
In questo il Ministro, ci dispiace sottolinearlo, potrebbe essere in errore, anche sulla base di una lunga e vergognosa tradizione tutta italiana fatta di anti-militarismo e non- interventismo nelle crisi internazionali a meno che non vi siano le condizioni di un impiego scevro dall’uso delle armi. Una tradizione ridicola e non certo lungimirante per il nostro Paese che, peraltro, pone a rischio le vite dei nostri militari convinti di una loro presunta immunità di fatto non certificata da alcuno.
Inoltre, Israele è un piccolo Stato accerchiato da Paesi, Giordania a parte, non certo “amici”, ed è da sempre schierato sulla difensiva poiché, come la storia racconta in ben tre occasioni, per non citare la quarta del 7 ottobre scorso, è stato attaccato in maniera inusitata proprio dai Paesi confinanti.
Non possiamo certo fare scuola a tale politica militare di Gerusalemme, anche perché il nostro Paese è ritenuto, sulla base di quotidiani riscontri che noi stessi, purtroppo, condividiamo, con una politica di accoglienza indiscriminata e di un assurdo quanto pericoloso laissez faire nei confronti dei predicatori d’odio e dei loro sempre più numerosi seguaci.
In questo è doveroso sottolineare quanto scrisse Samuel P. Huntington nel suo saggio edito nel 1996, titolato “Lo scontro delle civiltà”: “Il processo in indigenizzazione è ulteriormente favorito dal paradosso della democrazia: l’adozione di istituzioni democratiche occidentali da parte delle società non occidentali consente lo sviluppo e finanche l’avvento al potere di movimenti politici antioccidentali”. Parole profetiche risalenti a quasi 20 anni fa che trovano ampia conferma ai quotidiani eventi.
Ma in tutto ciò non possiamo bypassare le dichiarazioni di un altro politico, il ministro degli Esteri Antonio Tajani che, nell’aprile scorso, si è calorosamente lanciato in una rassicurazione non richiesta sull’immunità devoluta ai nostri militari impiegati nelle missioni in Libano (UNIFIL) e nel Mar Rosso (ASPIDES), per assicurare la tutela del confine Libano-Israele nel primo caso ed in quella del traffico commerciale marittimo nel secondo. E a supporto delle dichiarazioni relative alla missione Aspides, peraltro a guida italiana, Tajani aveva dichiarato che la nostra flotta non avrebbe corso alcun rischio poiché da parte degli Houthi “verranno attaccate solo le navi che porteranno armi a Israele”.
L’assurdo in politica è da sempre presente nella storia italiana, ma dichiarazioni del genere possono solamente equivalere alle teorie dei sinistrati, non certo da rappresentanti di una maggioranza di Governo che non dimostra la sua vicinanza ad un Paese duramente colpito dal terrorismo islamista e perennemente sotto assedio.
Peraltro, il noto “Lodo Moro” in vigore dagli anni ’70, pare perdurare nel tempo con la tolleranza dimostrata nei confronti di alcuni rappresentanti delle comunità islamiche (ed islamiste) in Italia e di numerosi sostenitori dell’Islam radicale che operano indisturbati nel nostro Paese con traffici illeciti di vario genere ed entità.
Qui occorre citare Michael Dibdin, autore britannico, che nel suo romanzo Dead Lagoon”, affermò: “Non esistono veri amici senza veri nemici. Se non odiamo ciò che non siamo non possiamo amare ciò che siamo. Sono queste antiche verità che stiamo dolorosamente riscoprendo dopo un secolo e passa di ipocriti sentimentalismi. Chi osa negarle, nega la propria famiglia, la propria tradizione, la propria cultura, il proprio diritto di nascita, la propria stessa persona ! E non sarà perdonato tanto facilmente”.
Parole che si adattano perfettamente all’insensata politica interna ed estera italiana portata avanti da decenni.
Gli autoproclamati imam in Italia tra arroganza e certezza di impunità
L’atteggiamento arrogante e parassitario di alcuni personaggi è ben noto alle cronache ed in questo è appena il caso di citare i sermoni antisemiti propinati dall’imam pakistano Zulfiqar Khan che, durante una Khutba (sermone) declamata presso il centro islamico Iqraa di Bologna affermò: “Se qualcuno dice a me ‘sei estremista islamico’ dico sì perché estremismo vuole dire seguire i fondamenti…” e ancora “Hamas, Hezbollah, Siria, Iran e Yemen, non vogliono uccidere, non vogliono fare male ai civili” e successivamente invocava: “Quel castigo che stiamo aspettando che viene da parte di Allah, con le mani di Hamas e Hezbollah…”.
E, per sottolineare oltremodo quanto da noi sostenuto in merito all’oltraggiosa tolleranza nei confronti dei “soliti noti”, Zulfiqar nel novembre 2023, ammette che: “…In Italia, grazie ad Allah, siamo al sicuro e abbiamo il diritto di parola”. Parole che conclamano l’atteggiamento remissivo da parte degli apparati dediti alla nostra sicurezza, sulla pelle dei cittadini.
Lo scorso 25 maggio, a Nonantola (MO), lo stesso Zulfiqar ha reso, in pubblico, altre dichiarazioni sconcertanti. Le affermazioni dell’autoproclamato imam, infatti, sono giunte a giustificare e sostenere la causa di Hamas, con esternazioni che di seguito vogliamo riportare per esteso: “Questo piccolo guerriero, un gruppo di persone che si chiama Hamas. Loro hanno fatto capire al mondo che questi sono vigliacchi (Israele, sionisti), non possono far niente contro gli uomini, loro possono solo andare contro i bambini, contro le donne, contro i civili”.
“Noi abbiamo visto, tanti fratelli hanno paura di dire che Hamas è un gruppo sincero, mujahidin, perché avevano bombardato su tutti i musulmani d’Europa che per forza devo dire che Hamas è un’organizzazione terrorista. Hanno provato con me anche dal 7 ottobre in poi, sempre abbiamo avuto questa posizione che Hamas non è un’organizzazione terrorista. Loro stanno difendendo il loro territorio”.
“Noi ringraziamo Allah (sws) tramite questi guerrieri mujahedin del Hamas che hanno fatto scoprire questa realtà, questa verità, che questi (israeliani, americani) sono terroristi, sono assassini…” .
Un altro caso è quello relativo all’influencer e portavoce della Moschea Taiba di Torino, Brahim Baya, già segretario nazionale dell’associazione Partecipazione e Spiritualità Musulmana, che in occasione dell’assemblea organizzata dal “Coordinamento Torino per Gaza” il 17 maggio scorso, aveva espresso il proprio pensiero sulla crisi mediorientale affermando: “La Palestina è da sempre mira degli invasori, i palestinesi negli ultimi mesi hanno resistito a questa furia omicida ma sono ancora in piedi e il loro insegnamento arriva a noi, questa loro sofferenza è una forma di jihad nel più alto senso di questo termine come sforzo per difendere i propri diritti, come sforzo per difendere la vita umana, come sforzo per difendere la pace”. “Un jihad che vediamo in Palestina nella sua più importante manifestazione, in cui ognuno contribuisce a questa lotta di liberazione cominciata dal primo momento in cui i sionisti hanno calpestato quella terra benedetta”.
Affermazioni oltraggiose al limite della decenza, espresse di fronte ad un pubblico compiacente di studenti ed attivisti pro-palestina che, presumibilmente, non hanno mai messo piede in quelle Terre e che, oltretutto, accettano di farsi manipolare dalla cosiddetta “Palliwood” palestinese.
Ritornando a quanto affermato dal ministro Crosetto sulle modalità da adottare per un approccio più “democratico” alla crisi provocata da Hamas, è lecito affermare, a titolo esemplificativo, come l’Italia sia così sfacciatamente “democratica” nel consentire ad individui come il palestinese Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione palestinesi in Italia e sostenitore dell’UNRWA e dell’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese, possano esprimersi in pubblico con contenuti che glorificano l’assemblatore di ordigni esplosivi per Hamas nonché mente del terrorismo islamista Yahya Ayyash.
Inoltre Hannoun, dal palco di una manifestazione tenutasi di fronte alla stazione Centrale di Milano, aveva già invitato tutti gli arabi a “cacciare tutte le ambasciate israeliane, chiuderle e trasformarle in centri di resistenza”. Il 10 ottobre 2023 aveva definito “legittima difesa” la strage del 7 ottobre, affermazioni espresse in un’intervista andata in onda su Rai3.
Israele ha sottovalutato segnali chiari e inquietanti
Premesso tutto ciò, è lecito rivolgere le dovute critiche al Governo israeliano sulla gestione degli eventi pre e post 7 ottobre 2023.
Un banale quanto inquietante esempio è fornito nella nota serie televisiva “Fauda”, di produzione israeliana, risalente al 2015, quando nella prima serie già si riscontra un accenno ad “un grande attacco” che Hamas avrebbe compiuto contro Israele, nonché ad un consistente appoggio iraniano alle operazioni dell’organizzazione terroristica palestinese.
I produttori della serie, come riscontrato, sono tutti ex membri dei corpi speciali dello Stato ebraico con esperienze sul campo come “Mista’arvim”(unità antiterrorismo) e di intelligence militare. E’ d’uopo immaginare come il copione seguito durante le riprese non sia unicamente frutto della fantasia degli autori, ma trovi riscontro in fatti concreti se non addirittura frutto di vaghe informazioni ottenute dagli organi della sicurezza israeliana. Ma questo unicamente a titolo esemplificativo di come Israele abbia sottovalutato la potenza di fuoco di Hamas e la sua organizzazione capillare soprattutto nella Striscia di Gaza così come in Libano.
E, a titolo personale, è lecito rilevare come, durante una trasferta nel nord di Israele abbiamo personalmente rilevato le carenze della tutela del confine, soprattutto nella zona di Metulla.
Così come ai confini con la Striscia di Gaza, la sottovalutazione dell’utilizzo delle centinaia di tunnel che dai quartieri di Al Remmal e dalla stessa Gaza conducono nei pressi dei centri urbani israeliani, abbia provocato l’infiltrazione di un considerevole numero di miliziani di Hamas che hanno colpito la popolazione civile violentando, uccidendo, torturando e rapendo centinaia di persone inermi.
Questo non implica certamente un coinvolgimento da parte del Governo di Israele nei noti fatti del 7 ottobre, ma intende sottolineare una certa presunzione dei vertici delle Forze di difesa di Gerusalemme, un dato di fatto che ha successivamente costretto lo Stato ebraico alla conduzione della doverosa controffensiva alla quale stiamo assistendo.
Dal punto di vista operativo, è lecito affermare come la campagna per sradicare Hamas stia richiedendo troppo tempo a causa delle continue pause nell’offensiva che consentono una parziale riorganizzazione di Hamas nella “Striscia”, un fatto concreto ampiamente dimostrato dalla continuità del lancio di razzi contro il territorio israeliano che hanno colpito sino alle porte di Tel Aviv.
Sinwar e Deif, fantasmi ben celati
Un secondo punto critico è relativo al mancato rintraccio o eliminazione di Yahya Sinwar e Mohammed Deif, rispettivamente leader di Hamas nella Striscia di Gaza e capo delle Brigate ‘Izz al-Din al Qassam il braccio armato di Hamas nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e non solo
Ed a tutto ciò, senza presunzione, intendiamo raccomandare ai delegati alla sicurezza israeliana di prestare attenzione all’interno dei confini dello Stato ebraico. Il ripetersi di un nuovo 7 ottobre è una spada di Damocle pendente sulla popolazione civile e sulla base di alcune delazioni, non è da escludere che si verifichi in tempi brevi, anche per ridare lustro ad un’organizzazione terroristica (Hamas) agli occhi dei suoi non pochi seguaci.
La certezza che Sinwar si trovi rintanato in uno dei tunnel della Striscia non ha trovato, almeno sinora, alcun riscontro. L’ipotesi da noi accreditata, anche grazie all’apporto di fonti di settore, è quella che il leader terrorista si trovi in Cisgiordania, così come Deif e che entrambi si muovano continuamente nella zona di Ramallah, Nablus e Jericho cambiando di continuo percorsi e covi sicuri.
Ma queste sono unicamente illazioni giornalistiche, sebbene debitamente supportate, che, comunque sono alla base dei forti dubbi sulla conduzione dell’offensiva militare nella Striscia.
Un’azione che deve assolutamente avere carattere di continuità poiché l’occasione di un totale smembramento di Hamas e della Jihad islamica non si ripresenterà tanto facilmente anche in considerazione delle continue, seppur insensate, pressioni internazionali tese a chiedere più moderazione a Israele. Pressioni provenienti da paesi che, o non sono mai stati colpiti dal terrorismo di matrice palestinese, oppure, come nel caso dell’Italia, che si sono oramai pavidamente arresi all’arroganza dell’islamismo e dell’antisemitismo dilaganti in tutto l’Occidente.