Continuano le operazioni dell’esercito israeliano contro i terroristi palestinesi della Jihad islamica. Dopo la “tre giorni” di bombardamenti mirati contro obiettivi situati nella Striscia di Gaza che, di fatto, hanno eliminato tutta la leadership dell’organizzazione terroristica, le azioni dello Shin Bet e dello Tsahal sono state rivolte ai membri delle cellule operative nelle zone di Giudea e Samaria.
L’azione di Israele, con l’implementazione delle operazioni, ha lo scopo ben definito di impedire la formazione e lo stanziamento di nuove basi di terroristi nella Samaria settentrionale.
Alcuni giorni fa a Nablus, le forze dell’IDF, dopo aver circondato la casa dove era barricato e dopo uno scontro a fuoco, hanno eliminato Ibrahim al-Nabulsi. I militari israeliani, prima di dare inizio alle operazioni, hanno invitato il terrorista a consegnarsi spontaneamente, ma dopo il rifiuto e i di colpi di AK47, hanno lanciato due missili LAW contro la casa del ricercato neutralizzandolo insieme ad un altro terrorista. Almeno altri trenta, invece, sono rimasti feriti, tra i quali almeno tre in modo grave. Al termine dell’azione sono state rinvenute armi, munizioni ed esplosivi.
Il portavoce di Fatah, Munther al-Hayek, attraverso i social network diffusi nella Striscia di Gaza, ha dichiarato: “Piangiamo i nostri martiri Ibrahim al-Nabulsi, Islam Sabbouh e Hussein Taha, e affermiamo che il crimine codardo dell’assassinio non farà che aumentare la determinazione del nostro popolo a continuare lo scontro per la salvezza dall’occupazione”. Al Nabulsi, responsabile della formazione dei “martiri di Al Aqsa”, braccio armato di Fatah a Nablus, era alle dirette dipendenze di Bassam al-Saadi, l’alto comandante della Jihad palestinese, arrestato circa 10 giorni fa.
Negli ultimi tempi, la Jihad islamica ha spinto l’Autorità Palestinese al di fuori dall’area di Jenin e stabilito una nuova formazione (Battaglione Jenin), che include anche i miliziani delle altre strutture come le “Brigate Martiri di al Aqsa” di Fatah ed alcuni elementi di Hamas. Questa nuova entità si è espansa nelle aree di Nablus e Tulkarm effettuando blitz contro i coloni e le forze di sicurezza di Israele.
Hamas si è astenuto dal prendere parte alle operazioni della Jihad islamica a Gaza, non certo per una mancanza di volontà di ledere gli interessi di Gerusalemme. Piuttosto, in accordo con Hezbollah ed il suo leader Hasan Nasrallah, ha ritenuto più prolifico continuare nelle operazioni di accatastamento di nuove armi e munizioni inviate dall’Iran in Libano per il tramite della Guardia repubblicana stanziata a Damasco e dintorni. L’intento potrebbe essere una strategia idonea a stringere Israele in una morsa con attacchi dal nord, Libano e Siria, dal sud-ovest, Striscia di Gaza, e dall’interno, le enclavi della Cisgiordania.
La Jihad islamica, da parte sua, in sinergia operativa con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, ha preferito utilizzare, con effetti disastrosi, l’uso della forza contro l’esercito dello Stato ebraico. L’azione, repressa con adeguate contromisure da Israele, è stata fomentata e rivendicata dal leader Ziad al Nakhla, attualmente a Teheran, insieme ad Akram El-Ajuri, il capo del braccio militare dell’organizzazione, allo scopo di elaborare i piani di rafforzamento del gruppo e l’approvvigionamento di aiuti economici e militari sotto la guida dei vertici delle “Guardie Rivoluzionarie” iraniane.
Secondo fonti della Jihad islamica, la missione ordinata da Al-Nakhla ai suoi miliziani è quella di iniziare una guerra di logoramento contro Israele in Cisgiordania, perpetrando attacchi contro l’IDF e i coloni con il supporto delle organizzazioni contigue sostenute dall’Iran, loro principale sponsor.