Si fa di ora in ora più incandescente il clima tra Israele e l’Iran. Il gabinetto di sicurezza dello Stato ebraico è stato convocato domenica per la prima volta dopo due mesi per affrontare la tematica della minaccia incombente sul Paese rappresentata dal regime di Teheran.
La situazione di sostanziale stallo politico in Israele, seguita all’ultima tornata elettorale, ha provocato una paralisi del governo ed è crescente il timore che Teheran voglia approfittare della situazione creatasi per lanciare attacchi improvvisi contro infrastrutture vitali. A rischio elevato, le raffinerie di Haifa il reattore nucleare di Dimona, il porto di Ashdod, ma anche l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv e le infrastrutture del centro telecomunicazioni di Herzliya.
Un accordo di unità nazionale per fare fronte alle minacce
Il presidente Reuven Rivlin e il premier Benjamin Netanyahu, negli ultimi giorni, hanno perorato la creazione di un governo di unità nazionale per affrontare le esigenze di sicurezza ritenute cruciali proprio a fronte della crescente minaccia iraniana. Anche Avigdor Liberman, leader del partito Yisrael Beytenu, ha formalizzato la sua richiesta verso Netanyahu e Benny Gantz di formare un governo di unità in vista di probabili minacce alla sicurezza dal nord al sud del Paese e alla compattezza necessaria per affrontarle.
Ma il leader dei “Bianco e blu”, Benny Gantz respinge gli avvertimenti sulla sicurezza lanciati da Netanyahu tacciando il rivale di cinismo nell’utilizzo esasperato della questione sicurezza per meri scopi politici. Inoltre, sulla possibile intesa tra il Likud e i “Bianco e blu”, pesa in modo non indifferente la vicenda delle accuse di corruzione nei confronti del Premier a fronte delle quali Gantz ha chiesto le dimissioni di Netanyahu che aprirebbero le porte ad un suo possibile accordo con i partiti dell’estrema destra e ultra-ortodossi.
In qualità di leader del Likud, Benjamin Netanyahu, ha voluto sottolineare l’importanza di una non-sottovalutazione della minaccia iraniana, anche in considerazione delle bellicose dichiarazioni espresse negli ultimi giorni da numerosi esponenti dell’establishment di Teheran secondo i quali “Israele è destinato a scomparire”.
Il sistema di difesa israeliano
Nella riunione del gabinetto di sicurezza tenutasi domenica, Netanyahu ha proposto un rafforzamento dei sistemi anti missile in dotazione alle forze israeliane proprio in previsione del temuto attacco iraniano.
L’iniziativa del Premier dello Stato ebraico interessa i diversi dispositivi per la difesa terra-aria del territorio israeliano. Nello specifico, l’Iron Dome, (Cupola di Ferro), un sistema di intercettazione di razzi a corto raggio. Il David’s Sling, (Fionda di David), noto anche come Magic Wand (bacchetta magica), studiato e realizzato per l’intercettamento di missili balistici tattici, razzi a medio e lungo raggio e missili da crociera lanciati da distanze entro i 300 chilometri. Infine l’Arrow-3, sistema destinato alla difesa dal lancio di vettori balistici a lungo raggio anche fuori dall’atmosfera.
I fondi per la realizzazione del piano proposto da Netanyahu, del costo di alcuni miliardi di shekel, verranno stanziati tramite tagli agli stanziamenti dell’istituto per la sicurezza o da quelli dedicati ai servizi sociali. Ma la conditio sine qua non è la formazione di un nuovo governo che possa sbloccare l’assegnazione dei fondi necessari da destinare al programma di difesa pensato dal Premier.
Le provocazioni iraniane e i presupposti per un attacco contro Israele
Nell’ottica di un deciso innalzamento delle tensioni tra i due Paesi va valutata, secondo gli analisti israeliani di settore, la mossa iraniana dell’esporre mediaticamente il fallito tentativo di eliminare il capo della “Forza Qods” dei Pasdaran, Qassem Suleimani, che avrebbe il preciso scopo di preparare l’opinione pubblica mondiale alla risposta militare iraniana contro Israele. Il presunto attentato contro Soleimani sarebbe stato sventato nello scorso mese di settembre, quando l’alto ufficiale eta impegnato nella partecipazione ad una cerimonia religiosa nella provincia di Kerman, nel sud dell’Iran. La squadra di attentatori aveva progettato di piazzare una carica composta da circa 500 chili di esplosivo in un tunnel al di sotto del palco dove sarebbe dovuto apparire Suleimani.
A supporto della tesi della ricerca di un appiglio per una rappresaglia contro Israele, va valutata la volontà di Teheran di esporre ai media anche i membri del team incaricato dell’omicidio dell’ufficiale, catturati dal controspionaggio iraniano che, secondo il parere del governo persiano, dimostrerebbero il coinvolgimento di Israele della vicenda. Ma l’interesse di israeliano per l’eliminazione del capo della forza Qods, Suleimani, considerato uno dei maggiori pericoli per la sicurezza dello stato ebraico, appare del tutto giustificato.
Qassem Suleimani, una spina nel fianco
Il generale Qassem Suleimani è considerato, infatti, il vero stratega del regime degli ayatollah e, ultimamente, è stato tra i fautori della creazione del nuovo governo filoiraniano in Iraq e della nomina del Primo Ministro Adel Abdel Alhadi, al centro delle violente proteste degli ultimi giorni. Una mossa che potrebbe comunque garantire agli iraniani una comoda via di accesso per l’approvvigionamento di armamenti per le milizie Hezbollah libanesi e per le forze sciite nel sud della Siria. Inoltre, Suleimani disporrebbe della direzione strategica dei ribelli Houthi yemeniti impegnati contro l’Arabia Saudita e si occuperebbe dell’invio degli aiuti finanziari per la fornitura di armamenti in favore di Hamas e della Jihad islamica nella Striscia di Gaza. Una figura, quindi, di primo piano nel vasto panorama composto dai propalatori dei piani di distruzione di Israele e del suo popolo. E nel computo della persistente minaccia iraniana contro Israele, va considerato anche il successo del recente attacco eseguito contro le strutture petrolifere saudite nella regione di Bakik, indicativo delle capacità offensive che gli iraniani hanno appreso e sviluppato nel corso degli ultimi anni.
Le minacce contro Israele
Lunedì scorso, il generale Hossein Salami, a capo delle guardie della rivoluzione islamica, durante la riunione semestrale dei comandanti dell’Irgc tenutasi a Teheran, ha dichiarato che “l’Iran ha tutti i mezzi necessari per spazzare via Israele dalla faccia della terra” aggiungendo che “la distruzione del nemico dell’Iran non è più solo un sogno, ma un obiettivo raggiungibile”. Salami ha concluso l’intervento sottolineando che “ogni nuova guerra porterà alla totale scomparsa di questo regime (quello israeliano ndr) dalla geografia politica del mondo. Israele è ben consapevole che qualsiasi suo piccolo errore sarà l’ultimo”.
In effetti, gli esperti di intelligence che hanno familiarità con i modelli operativi dell’Iran, disegnano un quadro nel quale gli iraniani potrebbero ritenersi incoraggiati ad agire contro Israele anche in forza dell’atteggiamento palesato, a loro dire, dal presidente degli Usa Donald Trump, che in più di un’occasione ha manifestato la volontà di astenersi da qualsiasi intervento militare nell’area del Golfo Persico nel periodo antecedente alle elezioni, anche a fronte di un attacco risposta militare iraniano contro Israele. Una tesi che non troverebbe, comunque, alcun riscontro in considerazione del legame indissolubile che intercorre storicamente tra lo Stato ebraico e gli Usa.
Le Forze armate israeliane impegnate nello studio dei vari scenari
In ogni caso, Israele è si è detto pronto ad affrontare qualsiasi scenario, anche quello delineato dalla capacità iraniana di disporre di cellule terroristiche che potrebbero essere azionate contro obiettivi israeliani dislocati in tutto il Pianeta, comprese le rappresentanze diplomatiche, i templi ed i centri culturali ebraici. Nel contempo, negli Stati maggiori militari israeliani sono in fase di analisi avanzata delle minacce rappresentate dai vari fronti che vanno dal nord, al confine con Libano e Siria, ad est, con lo sguardo rivolto verso l’Iraq ed al sud, dove è costante il livello della tensione e degli scontri con i miliziani palestinesi nella Striscia di Gaza.
Uno scenario in continua evoluzione che dovrebbe risvegliare le menti sopite della comunità internazionale invitandole a porre in essere nuove iniziative contro il regime di Teheran, anche in considerazione dell’importanza rappresentata dal già precario equilibrio geopolitico delle regioni del Medio Oriente e del Golfo Persico, aree geografiche chiave a livello mondiale, ulteriormente messo a dura prova dalle continue provocazioni iraniane.