È di ieri la notizia della morte del leader senior dell’organizzazione terroristica della Jihad Islamica, Khader Adnan, deceduto in carcere a seguito dello sciopero della fame dallo stesso intrapreso da 86 giorni. L’annuncio ha scatenato una forte reazione da parte dei terroristi palestinesi che hanno lanciato numerosi razzi dalla Striscia di Gaza e colpi di mortaio che, comunque, non hanno causato danni. Inoltre, un altro terrorista palestinese ha sparato contro alcuni veicoli con targa israeliana ad Avnei Hefets in Samaria provocando il ferimento di una persona.
Le organizzazioni terroristiche islamiche hanno giurato vendetta con un attacco coordinato da più fronti per “distruggere l’entità sionista”.
Israele è ora in allerta elevata per eventuali attacchi con razzi e droni da più parti e attivato tutte le difese aeree. Ma il massimo stato di allerta non è solo in Israele. A Gaza temono l’invasione di terra e per questo la Striscia si prepara a lanciare un attacco preventivo in coordinamento con le forze dei miliziani di Hezbollah dal nord.
A queste tensioni va ad aggiungersi l’incontro che la scorsa settimana il capo della Forza Quds ha tenuto con i leader di Hezbollah, Hamas e Jihad islamica a Beirut, per definire i dettagli di una strategia comune contro Gerusalemme. L’incarico di condurre i piani per il previsto attacco è stato conferito al Comandante della Forza Quds delle guardie rivoluzionarie, il Generale Ismail Qa’ani.
Hezbollah, intanto, ha aumentato la raccolta di informazioni sulle risorse marittime israeliane tra cui navi e piattaforme di gas ed ha assemblato un gruppo d’assalto dotato di missili navali che minacciano le navi da guerra e gli impianti di perforazione dell’IDF, come affermato da un alto funzionario della difesa di Teheran. Negli ultimi giorni, inoltre, sempre Hezbollah ha pubblicato un video in cui minaccia di attaccare la piattaforma di estrazione di gas di Karish.
Secondo fonti dell’intelligence occidentale, l’Iran è determinato a vendicare la morte dei due consiglieri iraniani delle Guardie rivoluzionarie recentemente uccisi in Siria in un attentato attribuito a Israele, con una risposta militare che scoraggi Gerusalemme dal continuare a bombardare obiettivi iraniani nel Paese. A tal proposito, la missione guidata da Ismail Qa’ani starebbe pianificando attacchi di droni contro mercantili di proprietà israeliana nel Mar Rosso e nel Mar Arabico. Negli ultimi due anni, Teheran ha già effettuato nell’area almeno quattro attacchi con droni contro navi commerciali israeliane nel Golfo Persico, l’ultimo nel febbraio di quest’anno.
Nel frattempo, in questi giorni il presidente iraniano Raisi effettuerà una visita ufficiale in Siria, dopo gli incontri di alti funzionari a Damasco, avvenuti la scorsa settimana, serviti per discutere con il presidente siriano nuovi accordi tra i due paesi. Dalle indiscrezioni trapelate da quelle riunioni, è emerso che dal 2011 l’Iran ha fornito aiuti alla Siria per un importo di 50 miliardi di dollari, questo aiuto non include le attuali spese iraniane in Siria. Inoltre Teheran ha concesso alla Siria facilitazioni creditizie per un importo di un miliardo di dollari all’anno. Damasco, però, non è stata mai in grado di soddisfare le richieste di rimborso e per questo motivo sarà costituito un comitato interministeriale tra i due Paesi per coordinare le operazioni. Nel frattempo Damasco fornirà a titolo gratuito, assumendosene i rischi connessi, basi militari all’Iran e alle organizzazioni ad esso connesse.
Il rischio nucleare
La Russia, aggirando in toto le sanzioni, sta importando tecnologie sofisticate dall’Occidente tramite l’itinerario Armenia e Kazakhstan. Lo riporta il New York Times citando i dati che funzionari americani ed europei si sono scambiati in uno dei loro ultimi incontri alla fine di marzo. Tuttavia, l’aspetto militare di quanto emerso non è l’elemento più preoccupante. Ciò che desta inquietudine è il potenziale allargamento della guerra al Medio Oriente, dove l’Iran è ai ferri corti in primis con Israele ma anche con la maggior parte, se non tutti, i suoi vicini del Caucaso e l’Azerbaigian. Il conflitto con l’Ucraina potrebbe quindi espandersi in uno scenario globale che abbraccia più di un teatro e numerosi altri Stati, inclusi gli alleati degli Stati Uniti come Israele o la Turchia.
Altro elemento di preoccupazione è l’Iran, che sta negoziando sia con la Cina che con la Russia per ottenere componenti chimici per il carburante missilistico, sollevando la prospettiva di una nuova, seppur informale, triplice alleanza contro gli Stati Uniti e i suoi alleati dall’Europa al Pacifico, ma incentrata su Medio Oriente e Asia centrale. È quindi un dato reale che la Russia e la Cina favoriscano il programma nucleare iraniano, ora che il JCPOA (Joint Comprehensive Plan Of Action) del 2015 sembra essere irrecuperabile, ed è un fatto estremamente pericoloso sia per la proliferazione in Medio Oriente ed in Asia, che per i rischi che una tale partnership potrebbe portare ad ulteriori conflitti nell’area.
Secondo alcuni funzionari americani, le tecnologie acquisite da Teheran la portano ad essere assai vicino a munirsi di armamento nucleare. Funzionari israeliani, inoltre, hanno avvertito che l’alleanza Iran-Russia potrebbe minacciare la libertà di Israele di colpire in Siria per il suo appoggio alle milizie foraggiate e sostenute da Teheran che per il rafforzamento tra Gerusalemme e l’Ucraina in funzione anti-russa.
Inoltre, l’inaugurazione di altre miniere per l’estrazione dell’Uranio nei pressi della città di Bafq (centro est dell’Iran) e quelle relative a giacimenti di minerale di ferro, hanno fatto sì che la città si sia sviluppata in un centro primario dell’industria estrattiva del minerale di ferro e dell’acciaio.
In totale l’Iran a fine anno disporrà di otto nuove miniere di urano con il potenziale di svilupparne altre 5 nel prossimo anno con il raggiungimento della produzione di 100 tonnellate di “yellow cake”. Le nuove miniere di Uranio sono profonde da 300 a 700 metri mentre altre sono all’aperto e facilmente individuabili.
Un rischio per la sicurezza globale non sottovalutabile, soprattutto per lo Stato di Israele