I Beatles dell’Isis potrebbero essere processati negli Usa. All’indomani dell’incauta mossa di rimuovere le forze statunitensi dal fronte turco-siriano, fulminato, per l’appunto, sulla via di Damasco, il presidente Donald Trump ha fieramente annunciato che l’esercito degli Usa ha preso in custodia decine di miliziani dell’Isis detenuti nelle carceri curde, tra questi i componenti della cellula dei “Beatles” dello Stato islamico. Secondo funzionari dell’amministrazione americana, la decisione di spostare i detenuti in mano alle milizie curde è stata presa per impedire la loro fuga o liberazione dai campi in Siria, minacciati dall’incursione della Turchia.
Tra i prigionieri dei curdi oggetto delle attenzioni degli statunitensi, vi sarebbero anche due membri della cellula dell’Isis denominata “Beatles”, capeggiata dal defunto Jihadi John. Si tratta dei cittadini britannici El Shafee Elsheikh e Alexanda Kotey, accusati di avere perpetrato omicidi e rapimenti di cittadini occidentali per conto dello Stato islamico nel teatro bellico siriano.
Con questa operazione gli Usa hanno preso in mano la gestione dei prigionieri del Daesh detenuti in Siria ed Iraq proprio mentre gli strateghi di Washington si affrettano a garantire che le operazioni intraprese dalla Turchia in funzione anti-curda siano limitate nei modi e nei tempi e non permettano, comunque, allo Stato Islamico di rialzare la testa.
Chi sono i Beatles dell’Isis
Catturati dalle forze curde nel gennaio 2018, Alexanda Kotey e El Shafee Elsheikh, insieme a Mohammed Emwazi (meglio noto come Jihadi John) e Aine Davis, costituivano una cellula distintasi per l’efferata spietatezza nei confronti degli ostaggi occidentali in mano all’Isis. Tutti originari dei sobborghi di Londra, e frequentatori della moschea Al Manar nella parte occidentale della capitale britannica, i quattro miliziani avevano seguito un percorso di radicalizzazione che li aveva portati, nel 2013, all’adesione ai principi del Califfato, in procinto di essere creato da Abu Bakr al Baghdadi, ed a recarsi in Siria per combattere nelle fila del neonato Stato Islamico. Erano stati quindi destinati alla vigilanza dei prigionieri dell’Isis distinguendosi per la ferocia in torture, maltrattamenti e decapitazioni. Secondo i Funzionari statunitensi la cellula dei Beatles sarebbe responsabile dell’esecuzione di circa 30 ostaggi e della tortura di innumerevoli altri.
Il percorso verso l’Isis di Jihadi John
Mohammed Emwazi, alias Jihadi John, era stato il protagonista, nel 2014, di numerosi video di propaganda dell’Isis nei quali era solito proferire minacce contro gli Occidentali e supportare le accuse contro i condannati a morte che nelle sequenze successive venivano giustiziati. Kuwaitiano di nascita e trasferitosi in Gran Bretagna all’età di sei anni, Enwazi era laureato come programmatore informatico. Durante il suo soggiorno a Londra era stato segnalato dai servizi di sicurezza britannici e sottoposto a sorveglianza poiché ritenuto colluso a soggetti orbitanti nella vasta galassia del mondo jihadista. E’ stato eliminato con un attacco di droni americani nel novembre del 2015.
Gli Usa hanno chiesto l’estradizione per gli altri componenti della cellula
Aine Davis, alias Hamza, anch’egli cittadino britannico, con i medesimi trascorsi di Jihadi John, è stato arrestato dai turchi nel 2015, quindi processato e condannato alla pena di sette anni per appartenenza a un’organizzazione terroristica, quindi associato al carcere di Ankara.
El Shafee Elsheikh e Alexanda Kotey, entrambi nel medesimo gruppo dei “Beatles”, erano in custodia delle forze curde e nei loro confronti pende una richiesta di estradizione da parte del Dipartimento di stato americano. I pubblici ministeri degli Stati Uniti, infatti, intendono rubricare nei confronti di Kotey ed Elsheikh l’accusa di rapimento di ostaggi con conseguente morte, un capo di imputazione che comporterebbe una potenziale condanna a morte.
Alexanda Kotey è di origini ghanesi e greco-cipriote ed era frequentatore della moschea al Manar di Londra, come gli altri componenti dei Beatles. Per il dipartimento statunitense, Kotey ricopriva l’incarico di reclutatore di foreign fighter per il gruppo. Elsheikh, figlio di rifugiati sudanesi, si è trasferito in Siria nel 2012 unendosi dapprima al fronte qaedista e, successivamente, aderendo allo Stato Islamico.
La richiesta di estradizione verso gli Usa di Elsheikh, ha subito un ritardo per il ricorso opposto al provvedimento, presentato alla Corte suprema britannica da parte della madre, motivato dal rischio di un irrorazione della pena capitale nei confronti del figlio El Shafee, non prevista dalle leggi del Regno Unito.