a cura di Raja
É polemica negli Usa tra la National rifle association e l’American college of Physicians sull’uso delle armi. In un tweet la Nra consigliava all’associazione medica di non prestarsi a strumentalizzazioni in relazione alla libera circolazione nel Paese. Quasi in concomitanza con l’ultima strage perpetrata a Los Angeles lo scorso 8 novembre, ad opera di un ex marine che in un pub ha ucciso 12 studenti, il Centers for Disease Control and Prevention ha divulgato i nuovi dati in relazione ai decessi causati da ferite di armi da fuoco, messe in relazione con l’aumento del possesso armi in tutto il paese. In risposta alla presentazione dei dati, la Nra aveva pubblicato un tweet intimando: “Qualcuno dovrebbe dire ai presuntuosi dottori anti-pistola di rimanere nelle loro corsie”.
I medici hanno lanciato l’hashtag #ThisisOurLane
L’American College of Physicians, che rappresenta oltre 150.000 specialisti di medicina interna, ha diffuso infatti nuove disposizioni per i medici che si occupano di pazienti le cui patologie potrebbero essere a rischio nell’utilizzo di armi da fuoco detenute. Inoltre, ha pubblicato diversi rapporti sulla violenza armata nell’editoriale su Annals of Internal Medicine. Nel testo, il dottor Garen Wintemute del Violence Prevention Research Program presso l’Università della California Davis Medical Center, scrive: “Abbiamo bisogno di consigliare i nostri pazienti detentori di armi da fuoco su comportamenti sicuri sul corretto utilizzo delle armi e di prendere ulteriori provvedimenti quando è presente un rischio imminente”.
Il disaccordo espresso dall’Nra in merito a queste procedure, è stato contestato sui social come nel caso della dottoressa Esther Choo dell’Oregon Health & Science University, specialista in medicina d’emergenza, che ha ribadito: “Non siamo anti-pistola, siamo anti-proiettile nei nostri pazienti”. Sulla stessa linea la dottoressa Judy Melinek, patologa forense con sede a San Francisco: “Hai idea di quanti proiettili tiro fuori dai cadaveri settimanalmente?”. Il medico riferisce di condurre un’autopsia circa una volta alla settimana su vittime per ferite da arma da fuoco. A ogni conferenza medica a cui ha partecipato negli ultimi 10 anni, ha ripetutamente affrontato discussioni riguardo la violenza armata. In difesa dei suoi colleghi, aggiunge: “Siamo noi che dobbiamo affrontare le conseguenze. Noi siamo quelli che devono testimoniare in tribunale sulle ferite. Noi siamo quelli che devono parlare con i membri della famiglia. Mi si spezza il cuore, ed è solo un altro giorno in America”. I medici hanno lanciato l’hashtag #ThisisOurLane in favore della riduzione dell’uso delle armi, avendo sempre lottato per la sensibilizzazione sul tema e per una maggiore libertà di poter effettuare ricerche relative alle conseguenze provocate dalla diffusione delle armi.
Assault Weapons Ban of 2013
La strage del 14 dicembre 2012 presso la Sandy Hook Elementary School in Connecticut, che causò la morte di 27 persone a seguito di una violenta sparatoria, provocò un forte effetto mediatico che portò al lancio di una petizione da parte un cittadino per chiedere alla Casa Bianca di “affrontare immediatamente la questione del controllo delle armi attraverso l’introduzione della legislazione al Congresso”.
L’allora presidente Obama, nel gennaio 2013, annunciò un progetto mirato a ridurre l’uso delle armi con 23 ordini esecutivi. Approvato dal Senato degli Stati Uniti due mesi dopo con il nome Assault Weapons Ban of 2013, prevedeva il ripristino e il rafforzamento del divieto di detenzione di armi da guerra (già in vigore dal Federal Assault Weapons Ban del 1994), il divieto di riviste ad alto impatto, la proibizione della vendita e dell’importazione di 150 armi da fuoco e l’applicazione di un divieto di detenzione di un certo numero di caricatori di munizioni ad alta capacità.
Più armi più suicidi
Gi ultimi dati pubblicati dal Cdc, dimostrano che le morti provocate da armi da fuoco sono aumentate nel 2015-16 dopo essere calate negli anni precedenti. L’incremento è rappresentato sia da reati violenti che da suicidi. L’omicidio è stata la terza principale causa di decesso tra i giovani di età compresa tra 10-19 anni durante il biennio 2015-2016, afferma il Cdc. Inoltre, “tra il 2015 e il 2016, il crimine violento è aumentato del 3,8% per la nazione in generale, del 6,1% nelle città con popolazione di 250.000 e superiore, del 2,2% nelle aree suburbane e dell’1,6% nelle contee non metropolitane”. Nel 2016 il totale dei morti per ferite di armi da fuoco è stato di 33.600, di cui oltre 22.900 suicidi, quasi la metà di tutti quelli avvenuti negli Usa con le medesime modalità. Di fatto, uno studio del 2016 pubblicato sull’American Journal of Public Health ha rilevato una forte correlazione tra i livelli di possesso di armi in uno Stato e i tassi di suicidio più elevati.
Il caso dell’arsenale di Stephen Paddock
Paddock, colui che aprendo il fuoco durante un concerto a Las Vegas perpetrò una strage uccidendo 58 persone e colpendone oltre 500, custodiva nella sua stanza d’albergo delle pistole del valore minimo di $ 200 e fucili in stile Assault da $ 1.500. Oltre alle 23 armi sequestrate in hotel, ne furono recuperate altre 19 all’interno della sua abitazione. Si stima che Paddock possa aver speso più di $ 70.000 nell’acquisto di armi da fuoco e accessori come treppiedi, cannocchiali, munizioni e cartucce.
Il 40% degli americani dichiara di possedere un’arma
Un altro studio del Pew Research Center, istituto di analisi per le politiche sociali, offre inizialmente un quadro generale riguardo alle stime rispetto agli Usa, che detengono uno dei primi posti al mondo per detenzione di armi con circa 270 milioni. Nel contesto europeo sono la Svizzera e la Finlandia i paesi con il maggior numero di armi per persona. Secondo un sondaggio dell’anno scorso, circa il 40% degli americani dichiara di possedere una pistola o di vivere in una famiglia che la detiene. Un terzo degli over 50 afferma di possedere un’arma. L’opinione pubblica statunitense riguardo al divieto della libera circolazione delle armi è cambiata radicalmente negli ultimi 60 anni. Nonostante la considerevole parte rappresentata da coloro che si oppongono al divieto, la maggioranza degli americani si reputa comunque insoddisfatta delle politiche sulle armi, chiedendo una legislazione più severa. In ambito politico si supporta principalmente la limitazione alla vendita a persone con problemi di salute o a coloro che vengono inseriti nelle liste di sorveglianza. Per una soluzione efficace, il team del Cdc spera in un’attento controllo degli organi di polizia, dagli ordini restrittivi ai controlli sul background degli acquirenti di armi.