É assai arduo proporre un’analisi plausibile degli eventi decorsi nella serata di ieri a Magdeburgo, in Germania.
A fronte di un bilancio purtroppo non ancora definito che parla di 5 vittime, tra le quali un bambino, 60 feriti tra i quali 13 in gravi condizioni, è difficile offrire una chiave di lettura incondizionata dal comune senso di repulsione nei confronti dell’autore della strage.
Tuttavia, nella fattispecie, pur configurandosi una dinamica del tutto simile ad altri attacchi, sia per il contesto delle “festività” che per il “modus operandi” dell’autore dell’attacco, a livello analitico occorre una riflessione equilibrata, scevra da condizionamenti relativi a credi religiosi, politici o appartenenze etniche e, soprattutto, che non sia condizionata dall’ondata di sdegno, dell’ovvia vicinanza a vittime e parenti del folle gesto e da ogni sentimentalismo che condizionerebbero un’analisi lucida e proponibile. Ciò posto, l’atto di terrorismo tale rimane, esecrabile, condannabile e anteposto, si spera, ad una più stringente azione, anche repressiva degli apparati di sicurezza, imponendo anche “dinamiche preventive” che in Europa, a differenza del pragmatismo di Israele assai più funzionale, non verrebbe sicuramente accolto positivamente. E ciò a discapito di ognuno di noi.
L’attentato
Sono le 19.04 del 20 dicembre 2024 e una folla gioiosa invade il mercatino di Magdeburgo in Germania quando un Suv nero, condotto da un uomo, prende velocità e, travolgendo volontariamente le persone presenti, percorre per lungo l’isola pedonale allestita con bancarelle natalizie nella Marktplatz della capitale del Land Sassonia-Anhalt.
La vettura nel suo percorso scompare dalle telecamere di sicurezza dopo avere effettuato una rapida svolta a destra Breiter Weg dove, dopo alcune decine di metri, viene fermata da un agente armato.
Il conducente blocca l’auto e scende con le mani alzate sdraiandosi a terra e venendo successivamente tradotto al commissariato di polizia, dove viene sottoposto al test anti-droga risultando positivo. La vettura viene sottoposta a perquisizione e gli agenti rinvengono un pacco sospetto posato sul sedile passeggero. L’immediato arrivo degli artificieri scongiura il rischio della presenza di esplosivi.
Sulla piazza si presenta un panorama spaventoso con circa 80 persone a terra, ed i soccorritori impegnati nell’ardua impresa di prestare la propria opera in base alla gravità delle ferite riportate.
Il fermato
Il conducente dell’auto viene identificato per Al Abdulmohsen Taleb Jawad, nato a Hufuf in Arabia Saudita il 5 novembre 1974, residente a Bernburg, medico specializzato in psichiatria e psicoterapia in una clinica per il recupero dei tossicodipendenti. Nel 2006 si è trasferito in Germania, ottenendo la residenza permanente e successivamente, nel 2016, lo status di rifugiato.
In passato, infatti, Al Abdulmohsen è stato oggetto di richieste di estradizione da parte dell’Arabia Saudita, che lo accusa di terrorismo, traffico di persone e, pare, per stupro. Tuttavia, la Germania ha rifiutato l’estradizione, concedendogli l’asilo politico, citando preoccupazioni per la sua sicurezza e i suoi diritti in caso di ritorno in Arabia Saudita.
Al Abdulmohsen è noto per le sue posizioni critiche nei confronti dell’Islam, dichiarandosi un ex musulmano divenuto ateo. Ha fondato il sito web “wearesaudi.net “, volto ad assistere ex musulmani in fuga dalla regione del Golfo e a fornire informazioni a coloro che cercano un supporto similare. Inoltre, è il fondatore del non noto “Saudi Rights Movement (SaRIM)” ed in quanto tale é stato intervistato nel 2024 dalla BBC in qualità di attivista per i diritti umani e delle donne in particolare.
I precedenti attacchi in Europa
Cercando, per quanto possibile, di semplificare il linguaggio e renderlo meno “tecnico”, possiamo dire che la dinamica dell’accaduto presenta affinità e difformità evidenti dal modus operandi posto in atto in attacchi similari.
I precedenti relativi ad attacchi compiuti con automezzi rendono chiaro il panorama composto da soggetti (mass murderer) determinati ad uccidere il maggior numero di persone con l’utilizzo di un mezzo di trasporto e ben consci dalla volontà di sacrificare la propria vita nel nome della “guerra santa contro i miscredenti” o “Jihad sulla via di Dio” (Al-Jihad Fi-sabilillah).
A tale proposito, citiamo, in sintesi, gli episodi più eclatanti avvenuti in Europa dal 2016 ad oggi.
Sul lungomare di Nizza (Francia), il 14 luglio 2016 Mohamed Lahouaiej-Bouhlel investì con un camion una folla durante le celebrazioni della festa nazionale francese con un bilancio di 86 morti e oltre 450 feriti. Venne eliminato sul posto dalla Polizia accorsa.
A Berlino il 19 dicembre 2016, Anis Amri utilizzò un camion per colpire il mercatino di Natale nella Breitscheidplatz causando la morte di 12 persone ed il ferimento di altre e 56. L’attentatore, fuggito in Italia, venne eliminato dalle Forze di Polizia dopo avere tentato di reagire al fermo.
Sulla Rambla di Barcellona, il 17 agosto 2017 un furgone condotto da Younes Abouyaaqoub si schiantò dopo avere provocando la morte di 16 persone ed il ferimento di altre 150. Il 21 agosto 2017, durante un controllo di polizia, al quale Abouyaaqoub si oppose con violenza, lo stesso venne eliminato dagli agenti. Il 18 agosto successivo alla strage della Rambla, un altro attacco identico fu tentato a Cambrils, con investimenti indiscriminati e accoltellamenti che provocarono la morte di una donna ed altri ferimenti. In questo caso, i cinque terroristi coinvolti, vennero immediatamente eliminati dalle forze dell’ordine.
Come si può ben rilevare, indistintamente, in tutti i casi evidenziati viene palesata, oltre che la volontà omicida, anche la propensione a “sacrificare la propria vita” in nome di uno pseudo credo religioso, ben indotto da reclutatori e indottrinatori responsabili delle locali cellule jihadiste. Inoltre gli identikit degli autori delle stragi erano coincidenti per età, provenienza (Mahghreb), esperienze trascorse e precedenti penali non rilevanti.
Tali specificità mal si conformano alle caratteristiche dell’autore della strage di Magdeburgo. Al Abdulmohsen è un 50enne, psichiatra assunto da una clinica nella periferia della città tedesca, apparentemente islamofobo e asserito sostenitore del partito Afd tedesco, come rilevabile dai numerosi “tweet” apparsi sul suo account, ma rancoroso nei confronti delle autorità tedesche poiché accusate di non avere fornito adeguato supporto a richiedenti asilo, con particolare predilezione verso le donne.
Salta agli occhi quanto twittato (https://x.com/Moraqeb2020/status/1870287560993583464) da una ragazza saudita che nel settembre 2023 avrebbe denunciato alla polizia tedesca segnalando il pericolo rappresentato da un uomo chiamato Talib Abd AlMohsen, che stava progettando “di investire almeno 20 persone con la sua auto”. Una segnalazione asseritamente ignorata dalle Autorità.
Ma non è tutto. Il 14 agosto scorso sul profilo di Al Abdulmohsen, viene postato il contenuto proposto nello screenshot (https://x.com/FAlqosh/status/1870250235240288514), tradotto come segue:
“Forse adesso vi state chiedendo qual è la cosa più terribile di tutto quello che è successo nel caso Dietmar?
La cosa più terribile è la stupidità della Germania.
Primo: questa è un’opposizione politica saudita. C’è qualcuno al mondo che non ha sentito parlare dell’opposizione saudita e delle sue storie? La Germania affronta la questione come se si trattasse di singoli individui. La Germania non tiene conto delle terribili conseguenze che potrebbero verificarsi.
Secondo: nel febbraio 2023 ho contattato più volte l’ufficio del ministro degli Interni tedesco Nancy Weiser e ho inviato loro diverse e-mail tramite il loro sito web. Al punto che il ministro o qualcuno del suo ufficio ha sporto denuncia contro di me. Le ho detto francamente: se chiudi tutte le vie pacifiche verso la giustizia, cosa rimane? Invece di aprire vie pacifiche verso la giustizia, scopriamo che quello che è successo è questo: nell’aprile 2023, la chiavetta USB è stata rubata dalla mia casella di posta e l’autore del reato erano sicuramente le autorità tedesche. Giugno 2023 Il primo avvocato mi nasconde il fascicolo di Dietmar. Nel novembre 2023, una lettera viene rubata dalla mia cassetta della posta e il secondo avvocato mi nasconde due fascicoli. Nel febbraio 2024 il secondo avvocato non vuole inviare al tribunale le prove degli atti. Nel giugno 2024, il secondo avvocato mente, sostenendo che avevo accettato di escludere i testimoni dal processo. Queste persone sono pazze? Perché non capiscono??? Ho detto al ministro degli Interni tedesco: se chiudete tutte le vie pacifiche alla giustizia, cosa vi aspettate? Sono solo aumentati nella ribellione e nella criminalità. Nel complesso, guarda i prossimi giorni e goditi ciò che succede 😉”
Questo contenuto risulta esplicitato anche in una serie di tweet successivi a quello principale. In estrema sintesi, quanto diffuso è riferito a presunte violenze perpetrate nei confronti di richiedenti asilo sauditi, documentate con foto e video (https://x.com/drtalebjawad/status/1823443639894466672?s=61) e una dialettica deliberatamente complottista, che comunque suggerisce una riflessione. Infatti, esiste un bellissimo passo del Talmud (studio) che indica, sostanzialmente, una raccolta di commenti e pareri alle norme etiche, giuridiche e rituali del popolo ebraico, che recita: “Stai attento ai tuoi pensieri, perché diventeranno le tue parole. Stai attento alle tue parole, perché diventeranno le tue azioni”.
La personalità di Al Abdulmohsen
Un quadro di una personalità instabile ed apparentemente assai distante dall’islamista tipico. Fondamentalmente, Al Abdulmohsen appare come un individuo dalla personalità bipolare con tratti maniacali, convinto di essere al centro di un complotto che coinvolgeva lo Stato tedesco e potenzialmente i servizi segreti sauditi, legato alla sua attività in favore dei profughi apostati.
Inoltre, in più episodi, aveva espresso il suo disappunto contro lo Stato tedesco poiché ritenuto colpevole di un’islamizzazione forzata del Paese avendo perseguito un’insensata politica di accoglienza in favore di profughi, o sedicenti tali, provenienti da paesi di religione islamica.
La riflessione si impone allorquando un individuo asseritamente islamofobo, divenuto ateo, compia un’azione tipica dell’islamista radicale “votato alla causa”, allorquando cerchi la strage non di infedeli in nome della causa comune della Ummah (la comunità islamica), bensì per ritorsione contro la Germania, rea di indurre l’islamizzazione del Paese conducendo una campagna di accoglienza indiscriminata. una condotta al limite della follia.
Oltre a quanto su esposto, appare evidente come il 50enne saudita non corrisponda per canoni al classico “lupo solitario” poiché la sua posizione professionale, perfettamente integrata nell’ambito della società tedesca e la ben definita posizione sociale, non corrispondono all’identikit del “martire”, solitamente un giovane dedito alla “causa” in quanto vittima di un rifiuto all’accoglienza, del proprio credo e delle sue tradizioni, che con il suo “sacrificio” porterebbe denaro alla famiglia di origine in cambio del suo “martirio” e notorietà alla propria “anima”.
Inoltre,Al Abdulmohsen, al momento dell’arresto, nonostante fosse alla guida dell’auto, ne è sceso e sdraiandosi a terra pur nella condizione di proseguire la marcia verso altri “obiettivi”, fatto che mal si confà ad un “martire” disposto a sacrificare la propria vita, bensì ad un soggetto instabile che, improvvisamente, ritrova un attimo di lucidità concessogli dal comprovato uso di stimolanti artificiali e si arrende al “miscredente”.
In tale contesto è presumibile che l’attentatore abbia agito sotto l’effetto del Captagon, una sostanza psicotropa, per lo più prodotta in Siria e Libano, utilizzata dagli jihadisti per commettere attentati terroristici, deinibendo l’anfetamina, sotto il suo effetto, diminuendo sensibilmente il sentimento di paura e provocando un’amnesia al termine del suo effetto.
La pista della premeditazione porta, comunque, a risultati congrui. L’auto presa a noleggio potrebbe essere indicativa di una pianificazione, sempre considerando quale documento abbia presentato per il noleggio della vettura. Inutile la presentazione di un documento artefatto, nel caso di una volontà di “martirio”, ancora meno percorribile nel dettaglio comportamentale di un soggetto teso a commettere un eccidio salvo poi arrendersi, plausibile se l’azione è deliberatamente condotta e, come detto, seguita da una volontaria resa.
Taqyyia o semplice follia?
Vi è comunque un argomento già più volte esposto in queste pagine relativo all’utilizzo delle tattiche di dissimulazione poste in essere dagli jihadisti a tutti i livelli. Un discorso che abbiamo già allargato all’attuale leader siriano Muhammad al Jolani, il sedicente ex jihadista a capo di una fazione a tutt’oggi riconosciuta come terroristica, Hayat Tahrir al Sham, a nostro parere, soggetto che ben incarna un comportamento insito nella “Tawriyyah” (anch’essa, come la Taqyyia, sinonimo di dissimulazione, ma per lo più utilizzata nella sfera diplomatica).
In relazione al responsabile della strage di Magdeburgo, da quanto emerso dalla raccolta di notizie e informazioni sia confidenziali che da fonti aperte, è plausibile che egli abbia applicato la norma della “Taqyyia classica”, la dissimulazione per potersi celare agli occhi del “nemico” per colpire al momento ritenuto più idoneo, sebbene tale concetto, utilizzato dalla galassia jihadista, sia ben lontano dall’esatta interpretazione da quanto realmente predicato che evoca l’utilizzo della pratica per la protezione della fede e della vita, e le cui radici si trovano nel Corano e negli Hadith (detti e azioni del Profeta Muhammad).
In tale chiave, verrebbe supportata la notizia, seppur non confermata da altre fonti, secondo la quale Al Abdulmoshen altri non sia che un capo di una cellula dormiente dell’ISIS-K, portato a compiere personalmente l’operazione come sprone ed esempio per gli altri adepti.
Il mancato “martirio”, porterebbe a pensare ad una volontà di proseguire nella sua attività di reclutatore e indottrinatore anche durane la prossima detenzione carceraria per fornite continuità all’organizzazione sotto la forma di proselitismo clandestino.
Un contagio emulativo plausibile
In questo caso, ci potremmo trovare di fronte a un contagio emulativo che porterebbe a quello che in gergo prende il nome di “swarm attack”, ovvero attacco a sciame, con la ripetitività di attacchi nel suolo europeo.
Da non sottovalutare, in questo caso, le diverse segnalazioni provenienti dall’Arabia saudita in relazione al soggetto, ritenuto un “terrorista pronto a colpire”, ma anche da altre comunicazioni pervenute da altri Paesi arabi che segnalano un particolare attivismo nell’ambito delle cellule europee in contatto con i vertici in Siria, Libano, Iran e Afghanistan.
Al momento, stando alle notizie ed informazioni disponibili, ogni scenario rimane aperto mentre i Governi europei, come loro costume, ricorrono a riunioni di emergenza per stabilire “nuovi” parametri idonei a garantire la sicurezza dei cittadini.
La domanda sorge spontanea: ma una sana opera di prevenzione ed analisi senza soluzione di continuità, in parallelo all’espulsione coatta di tutti i soggetti ritenuti “a rischio”, non parrebbe un’ipotesi più plausibile?