L’Isis da Gaza torna a minacciare Israele. Il nuovo sedicente Califfo, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi, assorto alle cronache dopo la nomina successiva al decesso di Abu Bakr al Baghdadi, alza la testa a Gaza puntando contro Israele nel tentativo di aizzare i militanti dello Stato islamico, sempre più itinerante.
Lo ha fatto ieri con un messaggio postato sui canali di Telegram dalla “Shura Media Foundation” in cui, rivolgendosi ai sostenitori del Daesh invitandoli a colpire gli ebrei in ogni luogo “iniziando dalla moschea di al Aqsa” situata a Gerusalemme. Il messaggio, accompagnato dal solito collage fotografico, sebbene sussistano dubbi sull’autenticità dell’autore, non si discosta dai temi del passato se non per un particolare di non poco rilievo, il target iniziale.
Israele da sempre nel mirino
Già nel passato, lo Stato islamico, accusato dagli altri gruppi del terrore islamista di trascuratezza in merito alla “causa palestinese” aveva iniziato a postare sui social network alcuni messaggi di richiesta di giuramento di fedeltà al Califfato, minacciando gli abitanti di Gaza di occupazione della Striscia e di distruzione dei beni degli apostati in caso di mancata adesione alla richiesta in parallelo alla distruzione di Israele.
In un successivo video di propaganda, lo Stato islamico aveva intentato una raccolta fondi e di reclutamento di volontari in favore delle sue cellule già presenti nell’area di Gaza.
La “testa di ponte” dell’Isis a Gaza
Le Brigate Al Nasser Salah el Din, note per avere gestito il rapimento del caporale israeliano Gilad Shalit ed aver partecipato a numerose insurrezioni contro le forze dello Stato ebraico, nel 2017 hanno giurato fedeltà all’Isis, mutando anche il nome in Al Wiyah Al Nasser Salahuddin (provincia di Al Nasser Salahuddin).
Composto da fondamentalisti islamici, e particolarmente attivo a Gaza, il gruppo sembra essere il candidato primario per sostenere eventuali mire espansionistiche del Daesh in Terra di Israele.
I suoi miliziani, infatti, sempre più spesso svolgono attività di proselitismo nella Striscia di Gaza in favore dell’Isis, presentandolo come l’unica forza in grado di riconquistare Gerusalemme.
E proprio dal 2017 il Daesh iniziò a propagandare l’apertura di un nuovo fronte a Gaza, rivolgendosi verso lo Stato ebraico.
Infatti, mentre le autorità egiziane annunciavano la riapertura del corridoio umanitario del valico di Rafah per quattro giorni, consentendo il transito di medicinali e viveri dal Sinai verso la Striscia di Gaza, nuove minacce contro Israele erano apparse sui canali Telegram, postate da sostenitori palestinesi dell’Isis.
L’esortazione a liberare Gerusalemme, rivolta ai miliziani del Califfato, era accompagnata da una foto ritraente la Cupola della Roccia e un guerrigliero del Daesh, un’immagine di per sé poco indicativa, ma segno di un inquietante radicalizzazione delle posizioni dei miliziani di Gaza.
Il Sinai ancora nelle mani del Califfato
Da considerare, inoltre, che la penisola del Sinai costituisce un invitto baluardo del Daesh a cavallo tra l’Egitto e Israele, e la città di al Arish rappresenta da anni la roccaforte della Wilayat Sinai del Califfato dalla quale partono gli attacchi che da tempo impegnano le forze di sicurezza egiziane con altissimi costi in vite umane.
E proprio la presenza dei miliziani del Daesh, desiderosi di colpire il nemico di sempre partendo dalla base sicura del Sinai, potrebbe rendere permeabile il confine a ridosso di Rafah, con i possibili tentativi del Daesh di infiltrare suoi uomini tra i civili in transito e raggiungere Gaza, dove poter contare sulla sua “testa di ponte” rappresentata dal già citato gruppo Al Wiyah Al Nasser Salahuddin (o Salah el-Din), un appoggio sicuro per tentare di portare attacchi contro lo Stato ebraico.