L’Iran da il via libera a Hezbollah contro Israele. E Hamas si accoda. Il 2022, infatti, rischia di chiudersi con l’apertura di un nuovo esteso fronte di guerra.
In Medio Oriente il clima si fa rovente e non solo per il meteo. Uno dei protagonisti, non certo insoliti, è l’Iran che avrebbe concesso a Hezbollah il via libera per le operazioni contro Israele dal Libano e dalla Siria.
In particolare, Hasan Nasrallah leader dell’organizzazione terroristica, ha affermato che tutti i giacimenti di gas e petrolio israeliani sono nel mirino delle milizia “minacciati”, sia con l’utilizzo di droni, come già avvenuto alcune settimane fa, sia con il lancio di razzi da rampe montate su motoscafi.
Sullo sfondo delle minacce di Nasrallah, l’Idf (Israel defence force) aumenterà ulteriormente le forze a difesa della piattaforma estrattiva Shark rig con l’impiego di più pattugliatori marini e di caccia dell’aviazione dello Stato ebraico.
Negli ultimi mesi, la Marina israeliana, ha condotto esercitazioni su larga scala simulando diversi scenari, tra cui un attacco missilistico di Hezbollah contro obiettivi economici israeliani nel Mar Mediterraneo, mentre l’aviazione israeliana ha acquisito l’aereo spia più avanzato del mondo, l’Oron capace di monitorare un vasto territorio elaborando enormi quantità di informazioni tramite intelligenza artificiale.
Inoltre, il Gabinetto della Difesa di Gerusalemme terrà un’importante riunione domenica per discutere dei possibili scenari che dovessero presentarsi sia dal fronte di Hezbollah sia da quello di Hamas.
Il Ministero della Difesa, di recente, ha anche iniziato la costruzione di un muro lungo la linea di demarcazione nell’area di Jenin, ma i funzionari della sicurezza temono che con l’avanzare dei lavori, che di fatto impedirebbero a molti palestinesi di entrare illegalmente in Israele, la violenza e il terrorismo possano aumentare.
La costruzione era stata ritardata a causa delle pressioni palestinesi-americane sullo sfondo della visita del presidente Joe Biden, ma a fronte di nuovi attacchi perpetrati in Israele da parte di terroristi provenienti proprio da Jenin, è stata data una decisa accelerazione alla costruzione del muro di protezione.
E’ un dato concreto che, comunque, l’Anp stia gradualmente perdendo il controllo della sicurezza nelle città di Jenin e di Nablus, dove dilagano terrorismo e violenza, e teme di doversi confrontare militarmente contro la Jihad islamica e Hamas proprio per lo stato di diffusa anarchia che si sta diffondendo.
Funzionari della sicurezza dell’Anp affermano che nelle ultime settimane si è verificato un forte aumento dell’uso delle armi da fuoco durante eventi di parate, matrimoni e funerali, Ma anche diversi tentativi di omicidio contro sindaci, capi di consigli locali e alcuni avvocati.
A Nablus, in particolare, si segnala un considerevole aumento della potenza di fuoco delle “Brigate Martiri di Al-Aqsa”, che appartiene all’ala militare del movimento Fatah, e collabora con un gruppo armato omonimo di Jenin e con il “Battaglione Jenin” che appartiene all’ala militare della Jihad islamica.
Le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, braccio del movimento Fatah, alcuni giorni fa, hanno rivendicato un attacco effettuato contro una postazione dell’Idf vicino a Nablus.
Una squadra armata di terroristi è arrivata con un veicolo nei pressi di uno dei varchi presidiati della città e ha aperto il fuoco contro i militari posti a vigilanza che hanno risposto. Non ci sono state vittime e le forze dell’Idf sono riuscite a colpire diversi terroristi e ad arrestarne uno, rimasto gravemente ferito e successivamente identificato come membro della “polizia palestinese”.
Nel frattempo Hamas non perde l’occasione fomenta gli animi nella Striscia di Gaza
Mentre sui maggiori social media si chiede la rimozione del presidente dell’Anp Abu Mazen da ogni incarico politico, il braccio militare di Hamas, le Brigate Az ad-Din al-Qassam, ha presentato gli Uav in suo possesso, nel corso di una cerimonia in memoria di uno dei terroristi uccisi durante Wall Guard.
Uno di questi è stato sviluppato dall’ingegnere Muhammad al-Zawari, eliminato in Tunisia, al quale il drone è stato intitolato.
A Gaza, dove il livello di tassazione della popolazione è salito a livelli vertiginosi, non tanto per supportare le infrastrutture e i servizi, ma a beneficio della leadership e dei bellicosi programmi contro Israele, l’Idf ha rivelato, in una dettagliata presentazione il sistema di tunnel terroristici, siti per la produzione di esplosivi e depositi di razzi vicino a edifici pubblici. Ospedali, scuole e moschee fino ad una fabbrica per la produzione di bibite si trovano ad essere posti a rischio da un’incomprensibile strategia di Hamas che, comunque, è presagio di un innalzamento della tensione con Israele.
E la strategia potrebbe concretizzarsi con l’apertura di due fronti, da Gaza con la sancita alleanza tra Hamas e la Jihad islamica e dal nord in collaborazione con Hezbollah e la Siria.
Negli ultimi mesi sono aumentate le pressioni interne all’interno di Hamas per rinnovare i legami con il regime di Bashar al-Assad al fine di rafforzare la lotta comune contro Israele.
Questa linea è stata adottata dal presidente dell’ufficio politico Ismail Haniyeh, e sostenuta da Yahya Sinwar, leader di Hamas nella Striscia di Gaza, e da Muhammad Daf, comandante supremo dell’ala militare di Hamas.
Perseguendo la strategia adottata, Hamas ha bisogno di rinnovare i legami con la Siria perché è interessata anche ai finanziamenti di Damasco e alle forniture di armi provenienti dall’Iran, oltre che ad aprire l’auspicato fronte contro Israele anche dal territorio siriano mentre è già operante dal Libano dove, in collaborazione con gli sciiti di Hezbollah, ha stabilito un’infrastruttura militare nei campi profughi e ha lanciato diversi razzi verso Israele.
Ma la decisione di Hamas non è priva di ostacoli
Di recente, un’alta delegazione della “Fratellanza Musulmana” ha incontrato il leader di Hamas Ismail Haniyeh chiedendogli di astenersi dal rinnovare i rapporti del movimento con il regime di Bashar al-Assad. Haniyeh, impegnato a chiedere finanziamenti e armi proprio a Damasco, ha comunque promesso di portare la questione al tavolo dell’Ufficio Politico di Hamas.
Il movimento dei “Fratelli Musulmani” si oppone alla decisione del movimento di cui è mentore, dopo la rottura delle relazioni a causa della decennale guerra civile siriana.
La decisione di staccarsi dal regime siriano fu presa all’epoca da Khaled Meshaal all’epoca capo dell’ufficio politico del movimento, in seguito alla decisione di spostare la sede del movimento da Damasco a Doha, la capitale del Qatar.
La motivazione principale fu il massacro da parte del presidente Assad di decine di migliaia di musulmani sunniti con l’assistenza iraniana e dei miliziani sciiti di Hezbollah.