Un conto è quello che accade, un altro conto è quello che vorremmo accadesse. Sulla Libia del dopo Gheddafi la lettura dei fatti, almeno in Italia, è sempre stata sbilanciata verso quello che vorremmo che fosse piuttosto che su quello che è. Anche questa volta, dunque, si strombazza sul cessate il fuoco annunciato da Fayez al Sarraj.
Il capo del governo di unità nazionale, messo lì dall’Onu, ha sempre contato poco. Persino a casa sua, dicono i bene informati, chi comanda davvero è la moglie Nadia Reffat. Ingegnere, donna forte e risoluta, detta i ritmi della famiglia e (forse) anche della politica. In passato è anche stata la segretaria di un Ministro di Gheddafi. La signora a giugno è volata in Turchia per incontrare la moglie di Erdogan, Emine, anche lei perno della famiglia e non solo. La first lady turca, infatti, nel 2016 balzò agli onori della cronaca per una dichiarazione a dir poco infelice. Secondo Emine, gli harem di epoca ottomana erano “istituzioni educative che preparavano le donne alla vita”.
Le due first ladies pare siano molto vicine e affiatate, al punto da aver deciso di fare affari insieme. Che tipo di affari, al momento, non è chiaro. Sicuramente, però, le due donne hanno trovato un punto di incontro. E così, mentre i rispettivi mariti ‘giocano’ a fare la guerra, le mogli pianificano un futuro economicamente sicuro quando arriverà per i due coniugi il momento di abbandonare la politica.
Sì perché per Sarraj la faccenda si mette male. Il retroscena che ha portato alla dichiarazione sul cessate il fuoco è un tantino più complicato rispetto a quello che è emerso. La decisione sarebbe maturata in un contesto di incertezze e “tradimenti” interni, da cui Sarraj ha tentato di smarcarsi. All’interno del suo governo, infatti, da tempo c’è chi trama per fargli le scarpe. Uno di questi sarebbe il ministro dell’Interno, Fathi Bashaga, che non ha mai nascosto le velleità di prendere il suo posto o quanto meno di ritagliarsi un ruolo più importante nella vicenda libica. E così, nonostante l’appoggio della Turchia, il povero Fayez deve guardarsi le spalle dai suoi stessi compagni di governo. Da circa 10 giorni si lavorava, con la partecipazione della comunità internazionale, alla dichiarazione, spinta anche del risveglio dei sempre più influenti gheddafiani che intercettano il malcontento della popolazione.
Le condizioni di vita in Libia non sono certo ottimali. La corrente elettrica, tanto per fare un esempio, è presente solo per poche ora al giorno. E solo chi possiede un generatore può sperare di sopravvivere dignitosamente. Spesso manca il necessario e in generale le speranze di un futuro per i giovani sono ridotte al lumicino. La popolazione è allo stremo e per questo motivo la figura di Saif Gheddafi, il figlio prediletto del Rais, raccoglie consensi tra coloro che vorrebbero vederlo a capo della Libia. Ma Saif, al momento, tace. In pochi sanno realmente dove si trovi e alcuni dicono stia preparando il ritorno. Quanto sia realistica questa possibilità è difficile dirlo ma i gheddafiani, forti del sostegno della popolazione generato da un diffuso malcontento, sperano di costruire un consenso ampio che spinga verso questa soluzione.
Anche il generale Haftar al momento tace. Secondo alcuni sarebbe stato messo a cuccia dalla comunità internazionale. Ma ambienti vicini all’uomo forte della Cirenaica ritengono, invece, che il silenzio faccia parte della strategia. Magari accanto a Saif.
****Nella foto da sinistra Nadia Reffat (moglie di Sarraj) e Emine Erdogan