L’obiettivo della Turchia sarebbe quello di inviare 6.000 mercenari siriani in Libia. Al momento sarebbero circa 2.700 quelli inviati fino ad oggi per sostenere il Governo di Fayez al Sarraj. Sussistono forti dubbi sulla loro provenienza poiché vi è la possibilità più che realistica che i “volontari” altri non siano che jihadisti dello Stato islamico costretti ad accettare l’arruolamento in cambio della libertà. Secondo l’osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr) di Londra, ulteriori 1800 miliziani sarebbero stati reclutati ad Afrin, nella zona nord ovest della Siria sotto il controllo delle unità di combattenti filo-turchi e sarebbero attualmente in fase di addestramento per il loro successivo invio in Libia. Mentre gli altri sarebbero già arrivati da Idlib.
Il fine ultimo della Turchia parrebbe essere quello di mobilitare un totale di 6000 unità allo scopo di sostenere lo sforzo bellico del Gna procedendo al loro invio nel Paese nordafricano, sotto il diretto controllo di consiglieri militari turchi, già operanti nei territori teatro del conflitto in corso. A Tripoli, al Sarraj non ha smentito l’apporto di volontari schierati con le sue truppe ed ha rivendicato il diritto del Governo di accordo nazionale di stringere ulteriori alleanze con altri Paesi schierati politicamente al suo fianco.
Nel frattempo, la tregua stabilita il 12 gennaio scorso sembra non reggere. Scontri sono stati segnalati nella zona sud di Tripoli già sotto il controllo del Gna ma sotto la costante pressione dei militari di Khalifa Haftar. Il portavoce dell’Lna, Ahmed al Mismari ha dichiarato ieri che gli aeroporti di Tripoli e Misurata rimarranno interdetti al volo di qualsiasi apparecchio, militare o civile ed ogni violazione verrà considerata una minaccia soggetta all’abbattimento. La decisione di istituire una sorta di no-fly zone da parte di Haftar (che oggi è stata ignorata dal governo di Sarraj che ha annunciato la riapertura dello scalo aereo di Mitiga), fa seguito al reiterarsi dell’arrivo di trasporti di uomini e mezzi provenienti dalla Turchia che vanno ad integrare quello che rimane dell’esercito di al Sarraj. Voli di vettori privi di insegne atte al riconoscimento, quale ultima, probabile carta di Erdogan in favore di una battaglia perduta. Ma al Mismari, durante il suo precedente intervento del 17 gennaio, aveva anche sottolineato che tra i miliziani giunti dalla Siria, erano oltre 40 i jihadisti ex Isis che avevano lasciato le coste di Tripoli diretti verso l’Italia con l’aiuto delle milizie di Misurata che controllano il traffico di esseri umani verso l’Europa. Una notizia che non sorprende, considerando che il prepotente avvento della Fratellanza musulmana sotto la spinta di Erdogan e al Sarraj potrebbe condurre a costituire roccaforti dell’estremismo islamista nei territori libici fuori controllo e ad una decisa ripresa dell’offensiva terroristica quale sua logica, tragica, evoluzione.