“Erdogan non ha alcun interesse a restare in Libia: sostiene al Sarraj solo per tutelare l’accordo sulla Zona economica esclusiva stipulato lo scorso 27 novembre”. È quanto afferma Michela Mercuri, docente del “Corso in Terrorismo e le sue mutazioni geopolitiche” alla Società italiana per le organizzazioni internazionali di Roma (SIOI), nonché noto ed apprezzato analista delle vicende libiche. Il commento della professoressa Mercuri arriva poche ore prima del vertice di Berlino cui prendono parte 11 paesi e rappresentanze diplomatiche di Ue, Onu, Unione africana e Lega araba. Gli “ospiti” principali, il maresciallo Khalifa Haftar e il Primo Ministro del governo di accordo nazionale Fayez al-Sarraj, giunti Berlino già la sera del 18 gennaio e che hanno incontrato Angela Merkel prima ancora dell’inizio dei lavori. Al di là delle esigenze di protocollo, l’incontro “a parte” con la Cancelliera denota quella frammentazione europea evidenziata, al termine dei colloqui, da al-Sarraj: “L’UE è arrivata tardi”. Tardi perché altri attori si muovono, con maestria, sul palcoscenico di uno dei teatri più caldi del Mediterraneo meridionale…
Professoressa, un passo indietro: qual è il senso del chiudere i pozzi prima del vertice?
“Certamente aumentare la posta in gioco in vista del meeting. Nella bozza di accordi, infatti, si parla di favorire l’economia libica garantendo la gestione del petrolio a NOC (National Oil Corporation, nda) e alla Banca centrale libica* ”.
Cosa che non piace ad Haftar…
“Haftar ha chiuso la maggior parte dei pozzi della Cirenaica sostenendo che i proventi del petrolio della NOC vadano anche alla Turchia per pagare i miliziani. Il messaggio è chiaro: finché ci saranno i turchi in Libia – che si sono sostituiti a Sarraj nella gestione del conflitto – niente produzione, per lo meno nelle zone che Haftar controlla”.
Un messaggio chiaro al rivale, no?
“Ma anche ad Erdogan: niente petrolio finché i turchi non si ritirano. Una delle ‘trovate’ cui il Maresciallo è ricorso per aumentare il suo ‘peso contrattuale’ in vista di Berlino , insieme alla ripresa dell’offensiva e all’aver fatto intendere che i rifornimenti di armi per il suo esercito non si sono interrotte.”
Turchia che però è poco incline ad un dietro-front.
“Istanbul non ha interesse a restare in Libia, né punta alla sua spartizione. Sostiene al Sarraj solo per tutelare l’agreement turco-libico del 27 novembre scorso in merito alla ZEE (che si estende di fronte alle coste di Derna, Tobruk e Bardia, nda), garantendo così diritti esclusivi di esplorazione e di sfruttamento di eventuali risorse. E’ parte di un disegno più ampio, chiamato da alcuni ‘rigurgito di ottomanesimo’, che mira ad estendere influenza della Turchia non solo alla Libia ma a tutto il Mediterraneo orientale. Un piano già palesatosi nel 2011 con il sostegno alle primavere arabe, con il perorare la causa dei Fratelli musulmani libici e con il supporto dato ai Fratelli musulmani di Egitto e Tunisia”.
Marco Petrelli
*The Berlin Summit on Libya, 19 January 2020, CONFERENCE CONCLUSIONS point 37, ECONOMIC AND FINANCIAL REFORM