Chi aveva già sotterrato il generale Haftar forse sarà costretto a ricredersi. Nei giorni scorsi, analisi tanto frettolose quanto superficiali hanno disegnato in Libia lo scenario della vittoria di Sarraj, quindi della Turchia e dei Fratelli Musulmani, sull’uomo forte della Cirenaica. Qualcuno si è anche spinto oltre e ha definito Haftar addirittura “l’ex uomo forte della Cirenaica”.
Il piano dell’Egitto
Sono passate poche ore e lo scenario in Libia è mutato ancora una volta. L’Egitto ha presentato un piano per il cessate il fuoco, che non è certamente comparso dal nulla. L’accordo è stato sottoscritto dal generale Haftar che, nel frattempo, nel giro di 24 ore ha ritirato le truppe da Tripoli dimostrando, lui sì, di controllare un esercito fedele, e dalla Camera dei rappresentanti libica (il Parlamento di Tobruk). Sarraj, con l’appoggio della Turchia, per il momento ha rifiutato l’accordo. Ma Sarraj, il capo del governo di unità nazionale voluto dall’Onu, è bene ricordarlo, non possiede un esercito vero e proprio. Al suo fianco combattono miliziani di ogni risma, tra i quali mercenari e jihadisti portati in Libia da Erdogan. Il “potere” di Sarraj deriva in parte dall’appoggio (o pseudo tale) della comunità internazionale e soprattutto da Ankara e quindi dai Fratelli Musulmani.
La “strategia” di Haftar e le pressioni Usa
La ritirata di Haftar, vista da molti come una sconfitta, è invece strategica e fortemente voluta a livello internazionale. Secondo fonti autorevoli inserite nel contesto libico, la retromarcia di Haftar è arrivata dopo le fortissime pressione da parte degli Stati Uniti, tornati (o forse mai partiti) in Libia. La questione è divenuta più chiara quando il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca ha espresso la speranza che l’iniziativa egiziana sulla crisi libica porti a un cessate il fuoco.
“Non c’è petrolio con le pistole”
E, nel contempo, Aguila Saleh, il presidente della Camera dei rappresentanti libica, ha chiaramente detto che il rifiuto da parte di Tripoli del piano egiziano porterà ancora guerra e scontri nel Paese, indicando inoltre come la presenza turca abbia notevolmente peggiorato la situazione. Ma non solo. Saleh ha anche posto l’accento sul petrolio (una delle vere motivazioni del conflitto tra le parti in Libia), spiegando che “la ripresa della produzione di petrolio è direttamente collegata al cessate il fuoco”. Quindi, ha aggiunto, “non c’è petrolio con le pistole”.
Al Sisi è pronto ad entrare in Cirenaica
Un messaggio chiaro per Sarraj e il presidente turco Erdogan che adesso dovranno decidere cosa fare, visto che anche la Russia ha accolto con favore il piano dell’Egitto che, oltre al cessate il fuoco che sarebbe dovuto entrare in vigore alle 6 dell’8 giugno 2020, prevede anche lo smantellamento delle milizie, la riconsegna delle armi all’esercito nazionale libico e soprattutto l’espulsione dei mercenari stranieri dal paese. Al momento, però, in Libia si continua a combattere e Sarraj vuole prendere Sirte. Per questo il presidente egiziano ha lasciato intendere che un’eventuale avvicinamento al confine tra Egitto e Libia delle forze che combattono per Sarraj potrebbe innescare scenari peggiori. E per non lasciare nulla al caso, ancora prima dell’accordo siglato con Haftar a Il Cairo, nell’area della base militare a sud di Sidi el Barrani, sono stati segnalati movimenti importanti. Tradotto: Al Sisi sarebbe pronto ad entrare in Cirenaica.
L’Italia non ha una strategia chiara
L’Italia, dal canto suo, dovrà decidere con chi schierarsi. Avendo presente, però, che la Francia non lascerà la Libia, e gli interessi economici che essa rappresenta, a favore della Turchia. Mentre la Germania di Angela Merkel pensa, con preoccupazione, alla possibilità che una presa di posizione dell’Ue troppo sbilanciata a favore di Haftar possa compromettere ulteriormente gli accordi con Ankara per il blocco dei migranti sulla rotta Balcanica. Roma temporeggia e cerca di trattare per fermare i barconi laddove sarà possibile senza, però, una chiara strategia.