Quanto durerà ancora il governo di Sarraj? Se lo chiedono in tanti, soprattutto a seguito di quanto accaduto negli ultimi giorni. In Libia la situazione è sempre più grave e incerta. Il capo del governo di (presunta) unità nazionale voluto dall’Onu è sempre stato in bilico, dal momento dell’insediamento. Ma adesso la condizione di Fayez al Sarraj è ancora più precaria. La sospensione dall’incarico del potente ministro dell’Interno, Fathi Bashagha, a causa di lotte interne per il potere, ha il sapore del gesto disperato di un condannato a morte. Ma Bashaga venderà cara la pelle (ha già annunciato di voler mandare in diretta la convocazione nell’inchiesta che lo riguarda e che ha portato alla rimozione dal ruolo di ministro), con la possibilità di innescare nuove forti tensioni nel Paese. Circa 300 auto cariche di misuratini si sono presentate a Mitiga per accoglierlo al ritorno dalla Turchia (durante il viaggio è stato sospeso dalla sua carica). Adesso i misuratini sono a Tripoli, pronti a difendere il loro Ministro, sicuramente più carismatico e forte di Sarraj e di altri perché Bashagha, dicono i bene informati, è il simbolo del potere di Misurata. E le accuse mosse nei suoi confronti (avrebbe lasciato campo libero ai manifestanti che protestavano nei giorni scorso contro le condizioni di vita), potrebbero non bastare e magari anche rafforzarlo.
Fayez al Sarraj, come più volte ribadito in queste pagine, si è circondato di miliziani siriani mandati dalla Turchia per aiutarlo a combattere il generale Haftar e per questo, forse, si è montato la testa. Del resto, anche la comunità internazionale si batterà per lui perché rappresenta la possibilità di avere un referente in Libia. Se dovesse cadere e al suo posto i libici riuscissero a piazzare un loro uomo tutti gli accordi sarebbero messi in discussione.
Ora la guerra civile si combatte schierando miliziani, mercenari, gente in odor di terrorismo. E della presenza di questa melassa umana pericolosa e inarrestabile, adesso se ne accorgono anche le cancellerie europee e i media, che hanno ostinatamente per anni appoggiato Sarraj. Salvo poi trovarsi in evidente imbarazzo quando è corso alla corte di Erdogan per fermare Haftar. E le stesse cancellerie e gli stessi media, statene pur certi, saranno pronti a cospargere di bava il prossimo governo libico, fosse pure con a capo uno dei figli di Gheddafi.
La vita di Sarraj, dunque, è appesa a un filo. Potrebbero farlo fuori i miliziani che sono schierati con Bashagha, ma anche quelli che lo appoggiano se la Turchia decidesse di deporre il suo uomo. La “pallottola”, però, potrebbe partire anche dai gheddafiani che al momento stanno cavalcando la protesta del popolo libico, ormai stremato dalle condizioni di vita (argomento che anche in queste pagine avevamo trattato).
Le cancellerie europee non hanno lo stesso pensiero sulle sorti della Libia. Per tale motivo, ognuna procede ufficiosamente per la sua strada anche se Sarraj serve per tutelare gli interessi nel Paese. E i libici questo lo sanno. E potrebbero decidere di fare tutto da soli. In panchina qualcuno forse si sta già scaldando per entrare in campo.
Intanto, l’Italia è costretta a prendersi tutto il flusso di migranti che arriva senza sosta. Poi si vedrà se e dove verranno ricollocati. L’unica speranza per fermarli è il mare in tempesta, solo in quel caso barconi e barchini avranno problemi di partenza.