Una visita per rassicurare le autorità di Tripoli che il dialogo ripreso dall’Italia con il generale Haftar non pregiudicherà le relazioni tra l’esecutivo italiano e quello tripolino. Ieri Alfano è stato nella capitale africana per incontrare il capo del provvisorio governo di unità nazionale, Fayez al-Sarraj. Non solo rassicurazioni per il presidente libico, ma la missione del ministro degli Esteri prevedeva la messa a punto delle strategie per la stabilizzazione della Libia, il contrasto dei flussi migratori verso il nostro Paese, ma soprattutto le condizioni umanitarie dei disperati che restano nei campi profughi nordafricani. Un viaggio fondamentale quello di Alfano che si è svolto appena due giorni dopo la visita di Haftar a Roma, nella capitale il generale della Cirenaica aveva incontrato i ministri Pinotti e Minniti. La riapertura delle relazioni tra l’Italia e il federmaresciallo aveva causato non pochi malumori a Tripoli che fino ad ora aveva avuto l’esclusiva delle intese con l’esecutivo italiano. Accordi che almeno per adesso il governo di al-Sarraj è riuscito a rispettare con una drastica riduzione dei flussi dei migranti: nel mese di settembre sono sbarcati sulle nostre coste meno di 5mila persone, un dato in netta controtendenza rispetto ai numeri registrati nello stesso periodo dello scorso anno quando gli arrivi erano stati oltre il triplo. Un controllo dei flussi conseguito nonostante in uno dei principali porti di sbarco libici, a Sabratah, nell’ultimo periodo sono avvenuti scontri a fuoco tra diverse milizie che hanno causato diverse uccisioni. Tra le vittime anche gli uomini del discusso clan dei Dabashi, fino a ieri coinvolto nel traffico di esseri umani, ma da mesi schieratosi al fianco delle forze che cercano di impedire le partenze di migranti. Una situazione in continua evoluzione che preoccupa sia Tripoli che Roma.
Nonostante il caos generale, anche ieri la guardia costiera libica è riuscita a recuperare due imbarcazioni cariche di migranti in mare aperto, ad oltre 20 miglia dalle coste tripoline. Il salvataggio è avvenuto mentre l’unità navale della Marina si trovava in zona per effettuare delle verifiche di efficienza in seguito all’intervento dei tecnici italiani che stanno assistendo i guardiacoste locali nella missione bilaterale avviata ormai due mesi fa.
Resta però il dramma dei disperati che, non riuscendo ad arrivare in Italia, quando vengono riportati in Libia sono costretti ad alloggiare in centri di accoglienza simili a dei lager. Infatti tra i principali obiettivi della visita del ministro Alfano a Tripoli, c’è stato soprattutto quello di valutare con Sarraj la possibilità di portare lì le Ong e le associazioni umanitarie interessate ad occuparsi dei campi libici. «Ho personalmente avviato una discussione con le nostre organizzazioni interessate a operare in Libia – ha detto ieri il titolare della Farnesina – perché l’Italia non può accettare che dopo aver salvato mezzo milione di vite umane nel Mediterraneo, ora ci sia il problema del trattamento dei migranti». Si tratta dell’ultimo fondamentale step per il governo italiano: bloccare i flussi massicci verso le nostre coste, ma riuscendo a salvaguardare i diritti umani. Un numero enorme di persone, ma non quantificabile. «Non ci sono dati certi sulle presenze in Libia – ha riconosciuto lo stesso Alfano – dal confine con il Niger i transiti sono passati da 70mila nel 2016 a 4mila quest’anno, ma non sappiamo quante migliaia di persone sono nei campi profughi».
Intanto, sulla gestione italiana del dossier libico, c’è da sottolineare la presa di posizione di Le Monde, non nuovo ad articoli che perorano la difesa degli interessi nazionali transalpini. Per il quotidiano francese la visita di Haftar a Roma ha rappresentato «un elemento di rottura». Proprio per questo la ripresa di rapporti così intensi, avvenuti in contemporanea con le fazioni dell’Est e dell’Ovest libico, sono una necessità per il governo italiano che non ha più intenzione di abdicare alla propria naturale leadership di principale partner europeo del Paese nordafricano. Sullo sfondo, oltre alla questione dei migranti, ci sono anche gli interessi delle società italiane in Libia. Un ruolo cruciale riconosciuto all’Italia anche all’ultimo vertice delle Nazioni Unite a New York, di qui la scelta di fissare gli incontri con Haftar di Pinotti e Minniti e, ieri, la visita di Alfano a Tripoli. Anche se la situazione nel Paese è tutt’altro che fuori pericolo anche dal rischio Isis. «È lecito pensare – ha detto ieri Minniti – possa verificarsi una diaspora di foreign fighter da Siria e Iraq verso la Libia. Per questo controllare la frontiera meridionale è fondamentale per l’Europa, non solo per il traffico di esseri umani».