Le dimissioni del primo ministro libanese, Saad al-Hariri, possono aprire nuovi scenari, anche se non del tutto inaspettati, nel travagliato panorama mediorientale. Hariri era volato a Riad venerdì scorso, prima tappa di un tour nei Paesi del Golfo persico. Durante la visita in Arabia Saudita ha incontrato il principe Mohammed bin Salman e altri alti funzionari. Al termine dell’incontro ha annunciato le sue dimissioni da primo ministro del Libano, comunicandole telefonicamente al presidente Michel Aoun.
La coalizione governativa creata lo scorso anno con Hezbollah si è ben presto rivelata troppo fragile, anche per le continue interferenze degli iraniani a cui il partito sciita libanese è completamente assoggettato. Durante una recente intervista televisiva, l’ormai ex premier libanese aveva ripetutamente messo in risalto il pericolo derivante dalle continue forniture di armi da parte di Hezbollah alle milizie sciite libanesi, siriane e yemenite, ponendo il Libano in una posizione estremamente pericolosa nell’ambito della accesa rivalità regionale tra sunniti e sciiti e per le minacce di sanzioni internazionali.
Le minacce di morte
Inoltre, sulle dimissioni di al-Hariri, sembrano pesare le minacce di morte rivelate dallo stesso premier che, riferendo voci interne dei servizi segreti libanesi, ha citato un complotto ordito proprio dagli sciiti legati a Hezbollah che ricalca quello attuato per l’assassinio del padre, Rafik al-Hariri, avvenuto nel febbraio del 2005 a Beirut con un’autobomba che uccise 21 persone, oltre al primo ministro. Proprio l’attentato che costò la vita al padre scosse profondamente il Paese dei cedri e spinse Saad al-Hariri a ricalcarne le orme. Ma l’azione di stabilizzazione della politica libanese di al-Hariri pare non aver soddisfatto le ambizioni della fazione sciita. “Viviamo in un clima simile all’atmosfera precedente all’assassinio del martire Rafik al-Hariri”, ha dichiarato recentemente Hariri, tracciando un panorama del tutto simile a quello che portò alla morte del padre. Per l’attentato costato la vita a Rafik al-Hariri, il Tribunale internazionale dell’Aja ha accusato cinque membri di Hezbollah ma, al processo iniziatosi a gennaio 2014, nessun rappresentante del “partito di Dio” ha voluto presenziare.
I legami di Hezbollah con Iran e Siria
Gli stretti legami tra Hezbollah, l’Iran e il regime di Bashar al Assad, sono risultati destabilizzanti per la politica libanese, così come le continue interferenze dell’Iran che, nel timore di perdere la sua posizione predominante nel panorama politico libanese e, più in generale di quello arabo mediorientale, lavora al rafforzamento della presenza delle sue milizie utilizzate come monito verso i sunniti e giustificandone la presenza in chiave anti-israeliana. Il presidente libanese Michel Aoun, informato con una telefonata delle dimissioni di al-Hariri, non ha ancora voluto commentare l’atto del primo ministro, ma ha messo in guardia il Paese dai rischi derivanti da una deriva estremista, pur rassicurando la popolazione sulla stabilità economica del Libano e sulla continuità della politica riformista iniziata con al-Hariri.
Ripercussioni interne
Le inaspettate dimissioni di Saad al-Hariri, al momento, non hanno provocato alcuna ripercussione sull’economia del Paese, anche considerando il giorno di chiusura dei mercati finanziari. Il ministro dell’economia, Raed Khoury, ha affermato che la situazione finanziaria, economica e del comparto sicurezza, rimarranno stabili grazie anche alla forte guida del presidente Michel Aoun. I settori del commercio e del settore immobiliare del Libano hanno tratto giovamento dalle politiche riformiste del governo di Hariri e hanno goduto di un’ottima stagione turistica estiva, stimata nel passaggio di oltre 2 milioni i turisti in visita nel Paese.
Le reazioni internazionali
Sul fronte dei rapporti internazionali, sono subito giunte le dichiarazioni del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che ha definito le dimissioni del premier libanese Saad Hariri devono suonare come un campanello di allarme per la comunità internazionale che deve agire “contro l’aggressione iraniana” che mette in pericolo non solo Israele ma tutto il Medio Oriente.
Da parte sua l‘Iran ha reagito duramente alle dimissioni del premier libanese Saad Hariri e, per bocca del portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Bahram Qassemi, ha dichiarato che “la decisione e le infondate accuse avanzate dai sionisti, sauditi e americani mirano a creare uno scenario di nuove tensioni nel Libano e nella regione mediorientale”. Il funzionario governativo iraniano ha aggiunto che “i vincitori in questa partita non sono i Paesi arabi e musulmani, ma il regime sionista che per il solo fatto di esistere ha creato tensioni all’interno e tra gli stessi Paesi della regione”.