È allarme rosso ormai, il Libano è al collasso sociale, politico ed economico. Se non si interverrà in tempo la situazione potrebbe esplodere e destabilizzare l’intero quadrante medio orientale.
Dal punto di vista della sicurezza interna si stanno verificando quotidianamente disordini e violenze per le strade, complice l’aumento dello stato di povertà e disagio sociale, oltre che della corruzione dilagante che stanno prendendo piede sempre più nel meraviglioso “Paese dei Cedri”.
E nel frattempo le milizie terroristiche di Hezbollah, forti soprattutto del sostegno logistico e finanziario dell’Iran, fanno valere la loro influenza sul fragile stato libanese, continuando indisturbati nei loro traffici di droga, armi e merci di vario genere, non tralasciando di attaccare direttamente le truppe regolari libanesi.
Francia e Stati Uniti stanno valutando di inviare al più presto una portaerei nelle acque antistanti al paese mediorientale ed eventualmente intervenire quando la situazione lo renderà inevitabile, ovvero per impedire che il Libano finisca una volta per tutte nelle mani di Hezbollah (e Iran) o delle frange jihadiste.
A quasi un anno dalla terribile esplosione del porto di Beirut, la situazione libanese è diventata ormai ingestibile. In varie località del paese le manifestazioni di protesta sono all’ordine del giorno e sfociano inevitabilmente in blocchi stradali che paralizzano la mobilità delle persone e delle merci. I prezzi aumentano costantemente, compresi i beni di prima necessità e comincia ad essere avvilente la ricerca spasmodica di carburante e medicinali. L’energia elettrica è razionata e si assiste frequentemente a lunghi e duraturi black-out che rendono la situazione inaccettabile soprattutto per gli ospedali. Persino la connettività della rete cellulare (4G e Wi-Fi) va a singhiozzo, rendendo per questo difficili tutte le comunicazioni.
Gli analisti internazionali sostengono che il debito pubblico del Libano abbia raggiunto cifre da capogiro, ben oltre i 750.000 miliardi di sterline, e che qualcuno lo avesse già sibillinamente ipotizzato molti anni prima. Secondo alcuni, infatti, questo lento e sfortunato epilogo è dovuto ad una sciagurata operazione finanziaria del governo nel 1994, quando aveva allora autorizzato smisurati prestiti in valuta estera per sostenere il debito pubblico, legando la lira libanese al dollaro americano. Questa manovra finanziaria, al limite della truffa di stato secondo i canoni del cosìdetto “Schema Ponzi”, aveva ricevuto anche l’Ok della Camera dei Rappresentanti, pur sapendo che in caso di aumento della valuta estera i libanesi non sarebbero mai stati in grado di farvi fronte. E così è stato. Uno dopo l’altro, il Libano non è riuscito più a pagare il corrispettivo sempre più ingente di interessi accumulati dalla valuta estera sul suo già mastodontico debito pubblico, con ovvie ricadute sul mercato interno e sulla vita dei propri cittadini.
E la politica è in una fase di stallo imbarazzante
I vari leaders continuano a litigare tra loro e non riescono a trovare un punto di incontro per poi procedere alla formazione di un nuovo governo che permetterebbe di traghettare il paese al 2022, quando saranno indette le nuove elezioni politiche democratiche.
Sa’ad Hariri ad ottobre dello scorso anno, dopo le dimissioni di Mustapha Adib in settembre (che a sua volta aveva preso il posto di Hassan Diab, dopo i fatti di Beirut), fu incaricato dal presidente Michel Aoun di costituire un nuovo governo. Hariri era già stato primo ministro per tre volte, ma aveva lasciato l’incarico a causa delle violente proteste antigovernative esplose nel 2019. La sua nomina arriva in un momento topico per il Libano, sia per la pandemia in corso che per la grave crisi sociale ed economica che si è abbattuta sul paese, ulteriormente aggravata dai fatti collegati all’esplosione di Beirut il 4 agosto dello scorso anno, e la cui inchiesta e le relative responsabilità non sono state ancora completamente svelate alle famiglie delle vittime e all’intera opinione pubblica, mentre le Autorità statali continuano a tergiversare nascondendosi dietro l’immunità parlamentare.
Si dice che Hariri avesse pronta la lista dei nomi dei suoi ministri, ma che per qualche “oscuro motivo” fosse in disaccordo con il Presidente Aoun. Le due cariche dello stato hanno continuato a trovare pretesti per non andare avanti. L’ultimo episodio di attrito qualche giorno fa, quando era previsto un incontro tra i due, che il neo primo ministro ha cancellato in risposta ad un twitter astioso della prima carica dello stato a poche ore dalla riunione.
Ed è notizia di poche ore fa che Hariri ha rinunciato definitivamente all’incarico di primo ministro, si dice per continue interferenze del Presidente Michel Aoun che chiedeva aggiustamenti fondamentali sulla sua proposta di governo.
Hezbollah spinge il Libano al collasso
Tracciare un parallelo e delle similitudini tra Hezbollah in Libano ed i Talebani in Afghanistan è un grosso azzardo, ma riscontriamo come, per alcuni versi, entrambi professino di non essere interessati in alcun modo alla conquista del potere politico, ognuno nel proprio paese. Ma quella a cui assistiamo oggi è una realtà dei fatti completamente diversa e piena di contraddizioni in entrambi gli scenari e da parte degli stessi attori.
Di recente è stato pubblicato un report completo da parte del think tank inglese, Chatham House, dove si analizza in profondità la situazione del Libano ed il pericolo che il paese dei cedri correrebbe se Hezbollah conquistasse il potere.
La compagine terrorista di Hezbollah, con a capo Hasan Nasrallah, suo leader indiscusso, ha talmente intriso della propria essenza il tessuto sociale e politico libanese, che in apparenza non avrebbe nemmeno bisogno di accedere al potere tradizionale. È risaputo di quanto operi un “controllo ibrido” su tutte le strutture della politica, pur senza assumersi la piena responsabilità delle sue azioni sia nei confronti dello stato libanese che dei suoi cittadini.
Hezbollah opera indisturbato con traffici illeciti godendo della collaborazione e della copertura di funzionari corrotti della politica e delle istituzioni. Le milizie al confine siriano gli sono fedeli e questo ha consentito di far passare droga e merci e, naturalmente, armi inviate da Teheran. Da alcune indiscrezioni trapelate sembra che spesso l’organizzazione logistica di Hezbollah ottenga documenti falsi rilasciati direttamente dal Ministero dell’Agricoltura per far entrare, attraverso il confine, carichi di droga spacciandoli per sementi e affini. Inoltre, le stesse fonti riferiscono che le milizie sciite abbiano libero accesso, con la compiacenza di direttori generali corrotti, ai fondi ministeriali stanziati anche in favore di ONG affiliate, potendoli quindi utilizzare senza necessità di ulteriori iter autorizzativi da parte dei ministri.
Hezbollah potrebbe senza dubbio prendere con la forza il controllo del paese, ne ha la capacità militare, ma evidentemente attende che il momento sia propizio.
I miliziani sciiti sembrano non accusare la crisi in quanto forti dell’appoggio iraniano e molti libanesi si stanno convincendo sempre più spesso a passare tra le loro fila. Ma il leader Nasrallah sta rischiando. Sa perfettamente che il malcontento popolare gli si potrebbe rivoltare contro, poichè un eventuale controllo del potere da parte sua priverebbe il Libano degli aiuti internazionali su cui fa affidamento.
I governi occidentali, Francia e Stati Uniti in primis, stanno cercando attraverso le sanzioni di contenere quanto più possibile lo strapotere indisturbato di Hezbollah. Ma queste misure sono evidentemente insufficienti finché l’organizzazione politica in Libano rimarrà inalterata. Occorrerà senza dubbio che il cambiamento per il Paese dei cedri parta dal proprio interno adeguatamente sostenuto dalla comunità internazionale.
In che modo i governi occidentali possono aiutare il Libano?
La Francia e gli Usa stanno cercando ogni strada utile per sostenere la disastrata economia del Libano e spingono per un impegno diretto sul campo, finanziario e politico, dell’Arabia Saudita.
Ma Riyadh è per il momento recalcitrante all’idea di sostenere il Libano, un paese – guidato allora proprio da Hariri – con cui hanno rotto i rapporti sin dal 2017. L’Arabia Saudita al momento non ha più interessi economici e tantomeno investimenti attivi in Libano. Al limite, il regno saudita, potrebbe accettare di sostenere settori mirati come la sanità, l’istruzione e l’esercito.
… mentre Israele valuta altre opzioni
Gerusalemme è fortemente convinta che non ci sia una soluzione pronta e disponibile per salvare il Libano. L’unica alternativa è l’interessamento di un Alto Commissario delle Nazioni Unite che prenda le redini del paese in attesa di nuove elezioni, e questo prima che il Libano sprofondi in una crisi umanitaria senza precedenti. L’Alto Commissario potrà disporre di un forte sostegno economico e finanziario da parte della comunità internazionale, e tra i suoi compiti principali ci sarà quello di disarmare tutte le milizie, compreso Hezbollah, ma lo potrà fare solo con il coinvolgimento di una presenza militare internazionale sul territorio.
Occorre però fare presto, il Libano potrebbe non avere più tempo.