Le Ong islamiche e il finanziamento al terrorismo.
L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che, almeno formalmente, raccoglie fondi per la gestione delle scuole per i palestinesi, sta indagando su 10 dei suoi dipendenti dopo il rapporto presentato da UN Watch su insegnanti e presidi scolastici che “lodano Hitler e incitano all’odio antiebraico e al terrorismo sui social media”.
UN Watch è un gruppo di sostegno per il rispetto dei diritti umani con sede a Ginevra che monitora le attività delle Nazioni Unite e il rapporto presentato dall’Onu è stata una prima risposta alle sollecitazioni sostenute dall’ambasciatore israeliano presso gli Stati Uniti e l’Onu, Gilad Erdan, che ha inviato alle Nazioni Unite e alla stessa Unrwa dure lettere di reclamo, chiedendo il licenziamento dei responsabili.
Uno degli episodi che hanno scatenato le reazioni israeliane è stata la rivelazione di alcuni post a firma di Abdul Salam Muhammad Alimat, insegnante di arabo dell’Unrwa nella sua sede giordana, nei quali si chiede un jihad violento contro Israele, in sostegno all’apologia di teorie antisemite propalate da Alimat.
In un post del novembre 2019, l’insegnante aveva promosso azioni antisemite, accusando gli ebrei di opprimere l’intero mondo arabo citando Allah Tulfah, l’ex governatore di Baghdad: “Trovo angosciante vedere 120 milioni di arabi sottomessi da un milione di ebrei vagabondi”. Il post ripeteva anche una citazione da un pamphlet della metà del 19° secolo secondo il quale “Allah non avrebbe mai dovuto creare gli ebrei, equiparandoli alle mosche”….
Nel maggio 2020, il giorno in cui i palestinesi commemorano la creazione dello Stato di Israele come la loro “Nakba”, o catastrofe, Abdul Salam Muhammad Alimat denunciava i colloqui di pace sostenendo in alternativa una linea ancor più violenta nei confronti di Israele. “Non c’è conforto per coloro che siedono ai luridi tavoli della pace – scriveva – C’è una sola via, lo sappiamo, non c’è scelta tra lo spirito e le armi”. Anche questo messaggio è stato pubblicato sui maggiori social network.
L’incitamento all’antisemitismo online, sembra essere diventata l’attività prediletta dei dipendenti dell’Unrwa. Il caso di Muhammad Alimai, infatti, non è che uno dei tanti ad essere sotto esame dall’Onu.
Ma il ruolo dell’Unrwa pare non sia in discussione unicamente per la questione del folle insegnante estremista.
Il ministero per la cooperazione e lo sviluppo del regno del Belgio, infatti, ha presentato un lungo e dettagliato rapporto relativo ai collegamenti tra le Ong e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ed i finanziamenti devoluti a quest’ultimo proprio da Ong “deviate” impegnate, ufficialmente, nella fornitura di aiuti umanitari alle popolazioni bisognose.
Negli Usa, un’istituzione benefica islamica legata al finanziamento del terrorismo ha ricevuto una valutazione a “quattro stelle” per coloro che desiderano donare denaro per aiutare le vittime di incendi boschivi che nelle stagioni estive continuano a colpirre la California.
Islamic Relief Usa (Irusa) compare, infatti, negli elenchi di “Charity Navigator “ affidabile tramite per le donazioni, pur avvertendo che “non si garantisce, comunque, che tutte le somme di denaro raccolte saranno impiegate nella lotta agli incendi boschivi“.
Irusa è la filiale americana di Islamic Relief Worldwide (IRW), che ha la sua sede principale nel Regno Unito.
L’IRW, secondo i rapporti delle agenzie di intelligence, ha numerosi collegamenti documentati relativi al finanziamento del terrorismo, in particolare con Hamas e i Fratelli Musulmani.
Nel 2014 gli Emirati Arabi Uniti hanno incluso l’IRW nelle liste delle entità connesse al terrorismo islamista. Lo stesso anno, il ministro della difesa israeliano ha firmato un decreto che bandisce Islamic Relief Worldwide perché ritenuta “un’altra fonte di finanziamento per Hamas”.
Nel 2006, Israele ha arrestato il coordinatore del progetto dell’ufficio di Gaza dell’IRW, Iyaz Ali, con l’accusa di avere raccolto e devoluto aiuti economici in favore di Hamas. All’epoca, il Ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato: “Le attività dell’IRW in Giudea, Samaria e nella Striscia di Gaza sono svolte da organizzazioni di assistenza sociale controllate e presidiate da agenti di Hamas. Le attività intensive di queste associazioni sono progettate per promuovere l’ideologia di Hamas tra la popolazione palestinese “.
Ma anche altri governi e istituzioni finanziarie hanno preso provvedimenti per limitare le attività dell’Islamic relief a causa delle connessioni con entità terroriste.
Tra questi, il gigante bancario svizzero UBS, che ha bloccato le donazioni all’organizzazione dai suoi clienti dal 2012, l’HSBC Bank, che ha bloccato le donazioni nel 2016, ma anche la Russia che ha accusato l’organizzazione di sostenere i terroristi in Cecenia sino dal 2005.
Nel 2013, l’Egitto aveva resa pubblica una lista di 30 presunti agenti dei Fratelli Musulmani negli Stati Uniti e, tra questi, cinque alti dirigenti dell’Irusa.
L’Italia, come sempre, non fa certo eccezione, anche se, al contrario dei Paesi ben più evoluti in materia di contrasto al terrorismo, vive e lascia vivere.
Nel 2019, L’evento «più atteso dell’anno» organizzato da Islamic Relief italia, è stata la «Fiera della speranza», andata in scena il 20 e 21 aprile a Milano, in via Mecenate, tra concerti, spettacoli di intrattenimento conferenze, workshop e laboratori.
“Come preannunciato, la presenza di «ospiti internazionali», sapientemente tenuti un po’ nascosti per creare suspence.
Le attese in effetti non sono andate deluse. Chi siano stati i grandi ospiti di Milano lo ha spiegato uno dei massimi esperti di radicalismo islamico, Lorenzo Vidino, direttore del programma di ricerca sull’estremismo della George Washington University.
Il professore Vidino interpellato dal Giornale ha spiegato: «Di uno dei partecipanti, Al Mutawa, si può trovare in rete un video in cui insegna che la moglie non va picchiata con bastoni pesanti, ma con mano leggera, per farle capire chi comanda. Mourou invece – prosegue il super esperto – è il leader spirituale di Al Nahda, sostanzialmente la versione tunisina dei Fratelli Musulmani, e Rajab Zaki è l’imam della moschea di Finsbury Park, considerato l’epicentro dei Fratelli Musulmani inglesi. E il tutto è organizzato da Islamic Relief, associazione controversa, indicata nella black list dell’antiterrorismo negli Emirati Arabi, vietata in Egitto e Israele. Il fondatore (Hany al Banna) sarà presente a Milano, dove Islamic Relief ha un ufficio».
Islamic Relief, ne va dato atto, ha smentito in passato legami coi Fratelli musulmani. Certo, le immagini dell’imam che mostra puntigliosamente i bastoni discettando del comportamento delle donne mettono in imbarazzo non poco. Anche perché gli organizzatori della Fiera della Speranza presentano Jasem Al Mutawa, come «esperto in mediazione familiare ed educazione dei figli». Ma anche gli altri ospiti, a dire il vero, qualche imbarazzo lo creano. Lo stesso Zaki è stato definito un predicatore d’odio e accusato di sostenere i movimenti fondamentalisti contro Israele. «La guerra santa islamica – le sue parole ricordate allora – è un obbligo imprescindibile per tutti i musulmani e le musulmane da espletare in tutti i modi, sacrificando la propria vita o con il denaro, la parola o il cuore».
Un altro dei partecipanti al “congresso”, tale autoproclamato imam, Abdullah Al-Mosleh, ospite della conferenza indetta, ha dichiarato che “non c’è niente di male nel compiere attentati suicidi se causano molti danni ai nemici infedeli. Questa è una buona cosa, se sono fatti in terre non-musulmane”. in ciò, aveva tenuto a sottolineare che la morte suicida finalizzata all’eliminazione dei miscredenti era cosa giusta.
“…e non è certo la prima volta che a Milano si segnala la presenza di personaggi espressione dell’area più oscurantista dell’islam. Alcuni hanno anche assunto incarichi di rilievo, o sono stati protagonisti di episodi clamorosi. Il video di Al Mutawa di cui parla anche Vidino risale al 2013. E in quello stesso anno un’altra «star» di un altro evento importante, in quel caso religioso, fece molto discutere in città. Era la festa di chiusura del Ramadan all’Arena civica e l’ospite d’onore era il «sapiente» Riyad Al Bustanji, imam giordano che – si scoprì proprio in quei giorni – aveva rilasciato un’intervista in cui inneggiava al «martirio» religioso dei bambini.”
Ma l’Islamic relief, a livello globale, non è la prima volta che incorre in divagazioni di ordine jihadista. Da anni, infatti, i suoi accoliti raccolgono fondi per la “causa palestinese” che, sono sempre apparsi più che sospetti alle lenti d’ingrandimento delle forze dell’ordine e degli apparati di intelligence.
È noto che l’organizzazione sia ramificata in Europa e nord America e che molti dei suoi adepti rappresentino un punto di riferimento per l’ideologia antisionista e anti-occidentale.
In questo, un aspetto fondamentale da tenere in considerazione è l’utilizzo occulto dei gruppi terroristici di organizzazioni di facciata apparentemente lecite o centri religiosi per mascherare e riciclare le loro attività finanziarie illegali, cominciando dalle attività di Dawa (propaganda).
L’idea principale della Dawa si basa sulla convinzione fondamentale che investire nell’educazione dei valori islamici e dell’attività sociale possa fornire frutti non indifferenti per ampliare la base del sostegno pubblico al fine di esporre musulmani e pubblico in generale all’ideologia jihadista, fornire supporto logistico internazionale ai terroristi e concedere una risorsa finanziaria legale e legittima a leader e organizzazioni islamiche locali o globali.
In alcuni casi, “l’infrastruttura” della Dawa è stabilita attorno a organizzazioni di beneficenza (che sfruttano i valori islamici della donazione di beneficenza: zakat e sadaqha) che sono rappresentate pubblicamente da società senza scopo di lucro, centri di educazione islamica e hub per eventi di raccolta fondi.
Queste organizzazioni di facciata sono profondamente collegate tra loro a livello politico e rappresentano una delle principali sorgenti di risorse finanziarie per gruppi terroristici, anche rispetto a quanto ottengono da società private e criminalità comune.
L’Unrwa e l’Islamic relief non fanno eccezione.
Nel giugno di quest’anno, numerose polemiche sono state scatenate dagli attivisti pro-Gaza, dopo un bombardamento mirato dell’aviazione israeliana contro una scuola dell’Unrwa , ovviamente effettuato in ore notturne.
In via Kan 11 a Gaza, la “scuola”, in realtà celava un tunnel costruito da Hamas per le infiltrazioni in territorio israeliano.
L’utilizzo di strutture di edifici scolastici o di ospedali come scudi per celare le attività terroristiche di Hamas, non rappresentano certo una novità. Il disprezzo per le esistenze altrui è una caratteristica che rende i miliziani islamisti più pericolosi per i propri correligionari piuttosto che per i nemici.
Ma le colpe di tutto questo vanno addebitate soprattutto a chi finanzia tali attività. Le Ong islamiste ne sono un esempio.
I contributi volontariamente e generosamente versati dai filantropi nelle casse di Unrwa e Islamic Relief, pare abbiano trovato un loro utilizzo proprio per l’infanzia derelitta di Gaza.
Le iscrizioni al campo estivo militare per bambini e adolescenti delle Brigate al-Qassam sono, infatti, continuate per tutto il mese di giugno in stand allestiti in tutta la Striscia di Gaza.
“Se hai tra i 14 e i 17 anni, l’ala militare della Jihad islamica palestinese, Saraya al-Quds, ha aperto le registrazioni domenica per il suo prossimo campo estivo militare”.
Questo il tenore dei manifesti affissi per le strade dai miliziani terroristi per attirare le attenzioni di un’infanzia effettivamente abbandonata a se stessa, non certo dal presunto assedio israeliano, ma da una mentalità distorta che non fornisce loro un futuro normale, ma un’esistenza dedita alla violenza ed al sacrificio supremo in nome di una causa che non ha ragion d’essere.