Hamid Mohammed Dbeibeh non voleva venire in Italia. È stato difficile portarlo a Roma, spiegano fonti di Palazzo Chigi, perché il Premier libico sapeva perfettamente che sul piatto non avrebbe trovato nulla di quello che aveva chiesto. I retroscena dell’incontro tra Mario Draghi e il suo omologo avvenuto il 31 maggio scorso, emergono a qualche giorno di distanza da quel vertice e gettano ombre sull’azione di pezzi del governo italiano in Libia.
Fonti bene informate riferiscono che la riluttanza dell’imprenditore libico, abituato a chiudere affari in tempi brevi, risiedeva proprio nel fatto che le richieste avanzate per avviare le attività commerciali tra i due Paesi sarebbero ancora al palo. Tante parole ma pochi fatti.
I voli da Roma a Tripoli non decollano e Dbeibeh si stranisce
Tra le tante cose che avrebbero fatto infuriare il Premier libico, c’è la mancata riapertura dei voli tra Roma e Tripoli. Un aspetto a cui Dbeibeh terrebbe molto ma che il Governo italiano non è proprio riuscito a concretizzare in breve tempo. Motivo? Le lungaggini burocratiche aggravate dai tempi decisionali troppo dilatati e che un Paese come la Libia, che ha necessità di ricostruirsi e su cui volteggiano numerosi avvoltoi, proprio non può permettersi. A questo si aggiungono le velleità personali del Premier libico in carica che ha fretta di concludere accordi internazionali per arrivare all’appuntamento elettorale di dicembre come il salvatore della patria.
Un aspetto che Draghi ha ben chiaro, al contrario di alcuni Ministri.
Nel quadro critico della visita in Italia del Premier libico, infatti, un ruolo fondamentale sarebbe stato giocato dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Il titolare della Farnesina pare abbia rassicurato Draghi sul dossier Libia, sottolineando di occuparsene personalmente secondo le linee guida dettate dall’ex governatore della Bce. Ma le cose pare non stiano andando bene. O meglio, non come Draghi si aspetta.
Il Ministro ha organizzato un forum italo-libico alla Farnesina, che si è tenuto qualche ora prima che Draghi incontrasse Dbeibeh. Un incontro tra grandi aziende italiane e esponenti libici arrivati al seguito del Premier. Nonostante i proclami del titolare della Farnesina sulla buona riuscita dell’incontro, le strette di mano e le promesse di rinnovata amicizia tra i due Paesi, i libici non sarebbero rimasti soddisfatti da quanto emerso. Tra le aziende italiane operanti in Libia, solo quelle che non sono mai andate via continuano a lavorare. Tra queste Eni, che ha scelto di gestire la propria sicurezza in autonomia. Troppo rischioso affidarsi ai governi ballerini di Roma, incapaci di decidere velocemente. Per il resto, l’arrivo di nuove realtà è ancora in alto mare. Eppure ci sarebbe da costruire un aeroporto, oltre a strade, autostrade e infrastrutture.
E così, reduce dall’incontro alla Farnesina, il Primo Ministro di Tripoli arriva a Palazzo Chigi parecchio infastidito, raccontano fonti interne.
Draghi, con la sua autorevolezza, tenta di porre rimedio. Ascolta il suo interlocutore e viene a sua volta ascoltato. Come sempre non fa promesse, ma si rende conto che la gestione Di Maio è fallimentare. Il pentastellato avrebbe deciso, dicono fonti della Farnesina, di usare la Libia come sua propaganda politica personale e questo non piace a Super Mario.
In conferenza stampa i due Premier si scambiano le effusioni diplomatiche di rito e Draghi annuncia la volontà di accogliere in Italia bambini libici malati di tumore per offrire le cure adeguate.
Macron copia le iniziative italiane e ci batte sul tempo
L’idea del governo italiano, che in passato ha sempre accolto malati libici, è stata “copiata” al volo da Macron. Il presidente francese, che seguiva in diretta la conferenza stampa, ha immediatamente organizzato l’invio di sanitari specializzati a Tripoli, con tanto di farmaci al seguito, per occuparsi dei bambini malati. Un colpo da maestro, che ancora una volta brucia sul tempo l’Italia, nonostante l’impegno a collaborare proprio sulla Libia raggiunto con Draghi.
Ma la lentezza italiana è deleteria, ne è consapevole anche Super Mario. E Dbeibeh, dunque, pare sia rimasto positivamente colpito dalla pronta azione di Parigi. Di Maio, invece, per gestire la questione libica si illude sia sufficiente conferire all’attuale ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Maria Buccino Grimaldi, il grado di ambasciatore di rango, anche se meritato.
Il nuovo capo del Dis, Elisabetta Belloni, il direttore dell’Aise, il generale Giovanni Caravelli, e Franco Gabrielli, Autorità delegata per la sicurezza, hanno tutte le carte in regola per fare bene in Libia. A patto che riescano a gestire le strampalerie a 5 stelle di certi Ministri.
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